Prato

Giuseppe, il cameriere che ora servirà Dio

di Lucia Pecorario«Il mio è stato un percorso un po’ contorto». Giuseppe Lo Porto, nato a Maracaibo, in Venezuela, nel 1966 da una famiglia di origine siciliana, questa domenica (alle 16,30) verrà ordinato diacono in Cattedrale, al termine di un cammino di cinque anni nel seminario diocesano. Giuseppe oggi si dice «gioioso di essere arrivato a questo punto, e pronto a una meta più grande, il sacerdozio», ma tiene ben vivo nella memoria l’inizio della sua esperienza vocazionale. Era il marzo 2001 quando, spinto da un collaboratore di don Guglielmo Pozzi, il suo parroco, si avvicinò all’Istituto del Verbo Incarnato, fino a decidere di entrarvi per intraprendere il cammino di formazione verso il sacerdozio religioso. Allora lasciò il suo lavoro di cameriere alla Paggeria medicea di Artimino, per trasferirsi a Segni, in provincia di Roma. Ci resta tre anni, fino al 2004: allora lascia, «perché non mi sentivo chiamato al sacerdozio religioso, ovvero a quel cammino che porta il presbitero fuori dalla sua comunità, in giro per il mondo». Torna alla Paggeria, ma intanto continua a bussare alle porte di vari rettori seminariali: Pistoia, Fiesole, infine Prato. «Presentai una lettera al vicario, mons. Francioni – racconta Giuseppe – che poi la girò al rettore del seminario, mons. Nedo Mannucci. Fu lui a chiamarmi, a settembre, consigliandomi di intraprendere il percorso di discernimento vocazionale». Per un finesettimana al mese, fino a maggio, Giuseppe si reca alla Villa del Palco, insieme al gruppo Arcobaleno; intanto continua a lavorare. Nel settembre 2005, riceve la risposta: «Venivo accolto nel Seminario». Giuseppe si dimette dal lavoro per intraprendere il cammino per diventare sacerdote diocesano: ovvero, un prete che rimanga all’interno della propria comunità. «Quando ho sentito la chiamata, la seconda volta, è stato come un treno che passava, e io sapevo che dovevo prenderlo. Mi sono reso conto che il lavoro era una dimensione in cui mai mi sono sentito pienamente realizzato. La mia realizzazione – dice – si esprime nel riversare amore agli altri per far loro del bene». Adesso, al termine dei cinque anni in seminario «in cui mi sono rimesso in gioco, ho iniziato di nuovo a studiare dopo vent’anni che avevo finito le superiori, sono ripartito da zero alla scuola di teologia, sebbene avessi già dato alcuni esami al tempo del mio cammino nell’Istituto del Verbo Incarnato», Giuseppe sente di poter dare una mano forte a una comunità, quella della chiesa diocesana, «In cui sempre di più c’è bisogno di forze fresche». Il 2 maggio, durante l’ordinazione, Giuseppe parteciperà della triplice dimensione della missione di Cristo: «La Parola, con la consegna del Vangelo; il Culto, con l’imposizione della stola e della dalmatica; la Carità, con l’abbraccio di pace col Vescovo e gli altri diaconi». In questo modo verrà immesso nella struttura gerarchica della Chiesa. A quel punto, dopo qualche mese a discrezione del Vescovo, potrà essere ordinato sacerdote: «Vorrei operare tra i malati, con gli anziani, anche nel carcere».

(dal numero 16 del 2 maggio 2010)

Un altro dono del Signore alla Diocesidi Daniele Scaccini*Domenica 2 maggio, la nostra Chiesa diocesana e il nostro seminario sono nuovamente in festa. Dopo l’ordinazione presbiterale di Andrea e Alessio avvenuta il 30 gennaio, Giuseppe Antonio Lo Porto, alunno del medesimo seminario verrà consacrato diacono dal Vescovo Mons. Simoni. È il passo che lo avvicina in maniera decisiva all’ordinazione presbiterale. Un altro dono del Signore alla Diocesi, in questo anno sacerdotale, che guarda con trepidazione e speranza al suo futuro. È nella dimensione del «servizio» alla Chiesa e alla comunità cristiana che Giuseppe eserciterà questo grado dell’ordine. In questi anni di seminario si è preparato a viverla all’interno della nostra comunità, nello studio e nella parrocchia di S. Paolo dove è cresciuto e ha svolto il suo servizio pastorale.Preziosissime, per comprendere questa funzione legata all’ordine diaconale, possono essere le parole dell’indimenticabile Papa Giovanni Paolo II, che, in una delle sue innumerevoli catechesi, tracciava i lineamenti della spiritualità e del ministero diaconale. Essa, diceva, «trova la sua sorgente nella grazia sacramentale del diaconato che, com’è indicato dal termine stesso, caratterizza l’intimo sentire e volere di chi riceve il sacramento nello spirito di servizio. Col diaconato si tende a realizzare ciò che Gesù ha dichiarato in merito alla sua missione: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc. 10,45; Mt. 20,28)». Senza dubbio Gesù rivolgeva queste parole ai Dodici, che egli destinava al sacerdozio, per far loro comprendere che, anche se muniti dell’autorità da lui conferita, essi dovevano comportarsi come lui, da servi. Il monito vale, dunque, per tutti i ministri di Cristo; esso, tuttavia, ha un particolare significato per i Diaconi, per i quali, in forza della ordinazione, l’accento è posto espressamente su questo servizio. Essi, che non dispongono dell’autorità pastorale dei Sacerdoti, sono particolarmente destinati a manifestare, nell’espletamento di tutte le loro funzioni, l’intenzione di servire. Se il loro ministero è coerente con questo spirito, essi mettono maggiormente in luce questo tratto qualificante del volto di Cristo. L’essere non solo «servi di Dio», ma anche dei propri fratelli.Con il cuore pieno di gratitudine al Signore per questo nuovo dono, che alimenta e sostiene la nostra speranza e ci incoraggia a intensificare la preghiera per le vocazioni, affido a Maria, in questo mese a Lei dedicato, le primizie del ministero diaconale di Giuseppe, affinché nella dimensione di Cristo Servo, si prepari più profondamente a ricevere il dono del presbiterato.* rettore del Seminario