Italia
Giuliana salvata due volte. E l’Italia scopre un eroe
Una brillante operazione di intelligence finita in tragedia. Quando ormai l’Italia aveva cominciato a festeggiare la liberazione di Giuliana Sgrena, la giornalista del Manifesto rapita all’Università di Baghdad il 4 febbraio, è arrivata la doccia fredda. A poche centinaia di metri dall’aeroporto di Baghdad, dove un aereo era pronto per riportare in Italia la giornalista e i suoi liberatori, una pattuglia americana ha aperto il fuoco, ferendo in modo non grave la giornalista e un agente del Sismi e uccidendo Nicola Calipari, 51 anni, che per i nostri servizi segreti aveva condotto la trattativa. Nicola è stato raggiunto da un solo colpo mortale alla testa mentre con il suo corpo cercava di proteggere Giuliana. Un gesto eroico «suscitato da senso del dovere e da sentimenti di cristiana virtù», come ha scritto il Papa in un telegramma inviato al fratello dell’agente ucciso don Maurizio Calipari.
Sullo stesso tono l’omelia dell’ordinario militare mons. Angelo Bagnasco, durante i solenni funerali di stato, lunedì 7 marzo in Santa Maria degli Angeli, a Roma. «Fare scudo con il proprio corpo a quello dell’ostaggio appena liberato nel tentativo di sottrarlo all’inatteso pericolo, ha detto mons. Bagnasco fa intravedere quello che Nicola ha sempre vissuto e mai ostentato: la grandezza dell’anima. Quella grandezza spirituale e morale che ha appreso nell’educazione in famiglia e che ha coltivato come l’eredità più cara. Questa nobiltà interiore, insieme alla riconosciuta e fruttuosa professionalità, lo ha condotto fino alla vetta del massimo altruismo: il dono di sé, la sua vita per salvarne un’altra».
Rivolgendosi, poi, ai familiari del funzionario del Sismi, mons. Bagnasco ha aggiunto: «Come cristiani, crediamo fermamente che la morte non conclude il peregrinare dell’uomo. Non azzera gli affetti e i legami, perché non è l’ultima parola. In Cristo Gesù si rivela che il destino vero dell’uomo è la vita nella sua pienezza, è la luce senza tramonto, è Dio. In lui, tutto il bene operato, ogni frammento di generosità, trova purificazione e compimento; gli affetti si riconoscono e si ricongiungono per sempre. Nel Signore Gesù, il mistero della morte, le nostre incerte luci sulla vita e sul dolore trovano esito e risposta; si dilatano in una luce più grande, quella della Pasqua».