Cultura & Società
Giubbi, ecco le prove dell’innocenza
Tuttavia il Giubbi rimase coerente con se stesso: il radicato senso dell’autorità lo indusse ad esortare i fedeli alla disciplinata obbedienza allo scoppio del conflitto, così come chiederà obbedienza per il governo Badoglio e più tardi per le autorità anglo-americane e per le autorità democraticamente elette; però altrettanta obbedienza chiese per l’effimera Repubblica Sociale, da lui riconosciuta come autorità pur sempre necessaria, e ciò sicuramente gli alienò le simpatie della gente, non solo perché ormai avverse al fascismo, ma anche perché la sua esortazione indusse alcuni giovani a rispondere alla leva dell’esercito repubblicano, trovandovi poi la morte.
Infine vi furono i fatti del 22 luglio e la calunnia che ne seguì, nonostante i molteplici e documentati interventi del Giubbi per salvare la città e per liberare persone di San Miniato e dintorni destinate alla fucilazione o alla deportazione (un episodio è stato ricordato con commozione al termine dell’esposizione della Scattigno da uno dei protagonisti ancora vivente). Non meno doloroso dell’umiliazione a cui fu sottoposto negli ultimi giorni della sua vita (morì il 23 settembre 1946) fu per lui vedere crollare il progetto del «regno sociale di Cristo», vedere il risorgere dell’anticlericalismo e dell’ateismo che aveva creduto debellati grazie a Mussolini; purtroppo non poté vedere la rinascita dall’Italia dalle rovine della guerra proprio grazie ad un contributo determinante di quei cattolici che nell’Azione Cattolica avevano ricevuto la loro formazione.