Firenze

Giovedì Santo, Betori: sia valorizzata la sofferenza dei credenti che rinunciano all’Eucaristia

“L’Eucaristia – ha spiegato l’arcivescovo di Firenze – è una presenza reale: pane e vino fatti Corpo e Sangue di Cristo per diventare nostro cibo, così che noi diventiamo lui e, uniti a lui e da lui, diventiamo una cosa sola tra noi”. Per questo, ha aggiunto, “vorremmo che fosse più valorizzata la sofferenza che abita in questi giorni il cuore dei credenti, ai quali è difficile comprendere come sia reso difficile, praticamente impossibile, l’accesso all’Eucaristia, ritenuto da alcuni, con troppa disinvoltura, un bene non essenziale della vita. Sarebbe stato apprezzato un tentativo in più per non negare qualcosa di essenziale per i cristiani, fatte salve le doverose precauzioni dettate per l’accesso ai beni primari materiali”.

“Non è questo però il momento del lamento”, ha sottolineato Betori: “da cristiani, riteniamo questo nostro sacrificio come un atto di carità offerto ai più fragili, un atto in cui davvero ci svuotiamo, come Gesù, di noi stessi, perdiamo qualcosa che ci appartiene per identità di fede, cioè l’Eucaristia, e questo lo facciamo per servire i fratelli, come schiavi. Ne siamo convinti e così ci comportiamo”. “Come nulla può andare perduto del Corpo e Sangue di Cristo – ha aggiunto ancora -, così dobbiamo farci carico della cura dei corpi dei nostri fratelli nella sofferenza. Contribuire a questo – direttamente come fanno meritoriamente quanti operano nella sanità, e indirettamente con l’adesione generosa di ciascuno ai limiti imposti nella pandemia–è il volto eucaristico chiesto alla vita di fede oggi.

“Alcuni – ha spiegato ancora – hanno chiesto ai vescovi di disattendere norme concordate tra le autorità religiose e civili per il bene comune. Sono voci che esprimono istanze spirituali che rispetto, ma che esorto a vivere proprio nell’orizzonte comunitario di cui si rivendica la visibilità. Non vorrei però che istanze di questo genere scaturissero da un’errata concezione della dimensione comunitaria dall’azione liturgica, quasi che il fondamento del culto sia l’assemblea e non l’azione di Dio in essa e per essa. Non sono annotazioni marginali, perché ne va della concezione della salvezza, che scaturisce sempre e solo dalla grazia, pur prendendo forma nella vita personale e comunitaria”.

Al termine della celebrazione, l’invito a continuare la preghiera di questo triduo pasquale, anche attraverso i sussidi preparati dall’Ufficio liturgico diocesano per la preghiera in famiglia.