Vita Chiesa

Giovanni Paolo II sorpassa Leone XIII

di Silvano Spaccatrosi Dal 14 marzo 2004 Giovanni Paolo II può aggiungere anche la durata del pontificato ai suoi tanti primati. Che il pontefice sia entrato nella storia del XX secolo da protagonista, lo riconosce a malincuore anche chi non lo ama. Se un odioso regime come quello comunista, che solo 20 anni fa sembrava immortale è imploso miseramente, lo si deve anche alle sue spallate e alla sua caparbia rivendicazione dei diritti fondamentali di ogni essere umano. Così come sarà ricordata la sua guida amorevole, e al tempo stesso ferma, di una Chiesa insidiata anche da altri nemici non meno pericolosi. Come la tendenza a relativizzare ogni valore religioso e morale, a spingere la fede in un cantuccio, a corrodere l’idea stessa di Dio. Rimane il fatto che, anche per lunghezza, il suo pontificato è già ormai il terzo nella storia, con 9.281 giorni, al 14 di marzo, avendo superato anche Leone XIII, fermo a 9.280 giorni. Lo precedono soltanto Pio IX, con 11.559 giorni, e San Pietro. Ma del primo degli apostoli parla soprattutto la tradizione: Papa a partire dalla Pentecoste dell’anno 30 fino al 64 o al 67, con 25 anni trascorsi a Roma.Anche i numeri, a volte, hanno un loro proprio significato. E ci conforta il pensiero che, dopo aver lasciato la sua impronta al secolo ventesimo, Giovanni Paolo II guidi ancora la barca di Pietro nelle tempeste del ventunesimo che non sembrano da meno. A contarli a uno a uno, non è solo un susseguirsi di giorni, di mesi, di anni. Dentro questo tempo che scorreva ci sono state tensioni e attività straordinarie: di un pellegrino che ha percorso le vie del mondo in ogni direzione, per confortare anche le più lontane e le più piccole comunità cristiane; di un maestro che ha insegnato e guidato, con le sue encicliche, le sue lettere, i suoi documenti. Che ha confortato l’umanità, sfidando da pari a pari i grandi e abbracciando i piccoli e i disereda ti. E che anche per questo ha patito nello spirito e nella carne ferite che hanno messo a repentaglio la sua stessa vita.

Dei due Pontefici che lo precedono, nella lista del primato, l’uno – l’apostolo Pietro – fu destinato al martirio, dopo aver dato l’addio alla sua Galilea per una nuova patria, per segnare con il sangue la sua missione a Roma. L’altro, Pio IX, proprio dal Santo Padre elevato agli altari il 3 settembre del 2000, governò per 31 anni la Chiesa nel ristretto dei palazzi apostolici, in una città che gli aveva voltato le spalle.

Appena eletto, Giovanni Paolo II ha voluto subito forzare un altro assedio che tuttora stringe la fede cristiana: quel suo grido “aprite le porte a Cristo” intendeva rompere quel muro di indifferenza, se non di ostilità, che rende impermeabile la coscienza dell’uomo moderno all’annuncio del Vangelo. E ancorandosi fortemente alle radici della missione di Pietro, ha sentito come prima urgenza una nuova evangelizzazione, contro dubbi e perplessità persino domestici.

Con Pietro ha anche in comune le prove del dolore. Perché questo lungo pontificato è stato segnato dalla sofferenza. Per le esperienze vissute dall’uomo Wojtyla fin dalla sua prima giovinezza, in famiglia e durante la guerra mondiale. E sotto un regime che non sopportava l’idea stessa della fede. E poi l’attentato, le malattie. Ma soprattutto le ansie per una pace, sempre vacillante, nel confronto tra Occidente e Oriente, e oggi minacciata dal fondamentalismo e dal terrorismo. E, non ultima, l’insopportabile divisione del mondo tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra chi spreca e chi muore di fame.

Se il Papa non ha mai parlato della sua sofferenza personale, non ha mai taciuto – chiunque fosse l’interlocutore – su quella degli altri: per ammonire, denunciare, ma anche indicare soluzioni. Schierandosi per la pace è ancora punto fermo rassicurante di speranza e di dialogo in questo inizio di millennio. Anche per questo il suo pontificato – veramente “storico” – appare un tempo di grazia.