Vita Chiesa
GIOVANNI PAOLO II: I MEDIA SIANO A SERVIZIO DELA PACE
Prima di recitare, come ogni domenica, la preghiera pasquale del Regina Coeli, con i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II ha voluto ricordare una particolare ricorrenza, la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, che quest’anno aveva per tema: “I mezzi della comunicazione sociale al servizio dell’autentica pace, alla luce della Pacem in terris”.
Questo è stato il suo breve commento. “A quarant’anni dalla pubblicazione della storica Enciclica del beato Papa Giovanni XXIII, è quanto mai importante riflettere sul ruolo dei mass-media nella costruzione di un mondo pacifico, fondato su verità, giustizia, amore e libertà”. Sono i fondamenti che Papa Giovanni metteva espressamente come condizione e requisiti indispensabili per ottenere o conservare la pace. Al primo posto poneva proprio la “verità”.
“In effetti ha proseguito il Santo Padre i mezzi di comunicazione sociale possono dare un valido contributo alla pace, abbattendo le barriere della diffidenza, incoraggiando la comprensione e il rispetto reciproco e, ben oltre, favorendo la riconciliazione e la misericordia”. E’ naturale chiedersi: hanno davvero queste prerogative i media che noi conosciamo: stampa, radio, cinema, internet, televisione e quant’altro? Possiamo fidarci della verità di quanto ci viene comunicato? E i contenuti si propongono veramente di abbattere la diffidenza, di favorire il rispetto reciproco, la riconciliazione e la misericordia?
E’ ben vero che i media sono lo specchio di una realtà che, in se stessa, è rissosa e controversa, molto spesso carica di immoralità e di violenza. Il che non giustifica però la corsa allo scandalistico, nel privilegiare in cronaca più il male che il bene. E’ dunque il Papa stesso a ricordare la responsabilità di quanti si dedicano a questo delicato settore. “In virtù della loro voca zione e della loro professione, gli operatori dei mass-media sono chiamati ad essere anche operatori di pace”.
Definizioni pesanti e nobili allo stesso tempo. Prima “vocazione” e poi “professione”: chiamati, dunque, a “rendere testimonianza alla verità”, prima cercandola e condividendola in se stessi, dopo proponendola agli altri, senza deformarla o strumentalizzarla, come spesso dolorosamente avviene.