Vita Chiesa

GIOVANNI PAOLO II: ESORTAZIONE APOSTOLICA SUI VESCOVI NEL XXV DI PONTIFICATO

“Profeta, testimone e servo della speranza” ma anche “profeta di giustizia” e “difensore dei diritti dell’uomo”: sono alcune delle definizioni di vescovo contenute nell’esortazione apostolica post-sinodale “Pastores Gregis”, firmata oggi da Giovanni Paolo II, giorno del 25° anniversario della sua elezione al soglio pontificio. “Compito d’ogni vescovo è annunziare al mondo la speranza, a partire dalla predicazione del Vangelo di Gesù Cristo”, è l’esordio del nuovo documento papale (188 pagine, divise in sette capitoli), che si apre con la descrizione del ”mistero e ministero episcopale” e si chiude con una riflessione sulle “sfide” più attuali per i sucessori degli apostoli; molto spazio viene dato, tra gli altri, anche al tema della “vita spirituale” del vescovo. Eccone una sintesi.

Dalla parte …dell’uomo. “La guerra dei potenti contro i deboli ha, oggi più che ieri, aperto profonde divisioni tra ricchi e poveri”, scrive il Papa definendo il vescovo “profeta di giustizia” e “difensore dei diritti dell’uomo”, all’interno di “un sistema economico ingiusto” e nel quale “la situazione degli emarginati si aggrava di giorno in giorno”. “Se non v’è speranza per i poveri, non ve ne sarà per nessuno, neppure per i cosiddetti ricchi”, ammonisce il Santo Padre, che invita i vescovi a cercare nella “dottrina sociale della Chiesa” i motivi per denunciare i tanti “drammi collettivi” per cui “s’impone un cambiamento di ordine morale”. “In molte regioni del mondo – osserva il Pontefice – la terra somiglia ad una polveriera, pronta ad esplodere e a rovesciare sulla famiglia umana enormi dolori”. Per questo il dialogo interreligioso “deve essere al servizio della pace tra i popoli”, e i vescovi stessi sono chiamati a “riflettere attentamente sui dissidi e le guerre che lacerano il mondo, così da individuare cammini percorribili per un comune impegno di giustizia,di concordia e di pace”.

“Globalizzazione nella carità” e “questione ecologica”. La vita civile, sociale ed economica è un “banco di prova per l’autenticità della nostra fede cristiana”, e per il Papa è urgente una “globalizzazione nella carità, senza marginalizzazione”, attraverso un “attento discernimento” di quel fenomeno planetario che è la “globalizzazione dell’economia, della finanza e anche della cultura”. Altra “urgenza” è per i vescovi la “questione ecologica”, che comporta “implicazioni morali” come la “mancanza di rispetto per la vita, quale si avverte in molti comportamenti inquinanti” e in un mondo del lavoro in cui “spesso le ragioni della produzione prevalgono sulla dignità del lavoratore e gli interessi economici vengono prima delle singole persone”. Di qui l’esigenza di un’”ecologia umana”, di una “conversione ecologica” che “protegga il bene radicale della vita un tutte le sue manifestazioni e prepari alle generazioni future un ambiente che si avvicini il più possibile al progetto del Creatore”. “Umanizzare la medicina” e il mondo della salute, promuovere un’autentica “cultura della vita” e un maggiore impegno nel campo delle migrazioni, in primo piano oggi grazie ai “movimenti di massa”: queste altre “sfide” additate ai vescovi, che devono superare la “tentazione dello scetticismo e della fiducia” attraverso la “fantasia della carità” e il ”Vangelo della speranza”. Il magistero morale del vescovo, “padre, fratello ed amico” dei suoi sacerdoti e dei fedeli, per il Papa va esercitato in sintesi “per la vita umana, da difendere dal suo concepimento alla sua conclusione con la morte naturale, la libertà delle persone e delle nazioni, la giustizia sociale e le strutture per attuarla”.

“Autorità” e “autorevolezza”. Coniugare “autorità” e “autorevolezza morale”, per essere “quasi l’autoritratto di Cristo” nel “radicalismo della santità” e nello “stile” della vita quotidiana, “sempre più aperto alla collaborazione di tutti” e in cui molto spazio va dato alla preghiera e ”formazione permanente”. E’ il suggerimento del Papa ai vescovi per una “vita semplice, sobria, attiva e generosa”, attenta al “cuore di ciascuno” e alla “vita delle Chiese particolari”, anche nel governo pastorale della propria diocesi, in “spiritualità di comunione” con la Chiesa universale. “Maestro della fede” e “araldo della Parola”, il vescovo deve testimoniare la castità, “una specie di terapia spirituale per l’umanità” in preda all’ “idolatria dell’istinto sessuale”; anche la “cura della salute” è un “atto di amore verso i fedeli” e fa parte del ministero episcopale, in cui fondamentale rimane il mistero di Cristo Crocifisso, “vertice della santità”. L’”evangelizzazione della cultura e l’inculturazione del Vangelo” sono un compito da promuovere anche attraverso “nuovi areopaghi” come i media. Centralità dell’Eucaristia e degli altri sacramenti (in particolare di quello della penitenza); primato della parrocchia, “nucleo fondamentale nella vita quotidiana della diocesi” e degli ambiti pastorali della liturgia e della catechesi (con la centralità del “primo annuncio”, anche per i “lontani”, e dell’iniziazione cristiana); apertura ai fedeli laici (che devono assumere sempre più “responsabilità” nella Chiesa). Queste altre priorità indicate dal Papa ai vescovi, sollecitati tra l’altro a “fare in modo che nella società civile siano sostenuti e difesi i valori del matrimonio attraverso giuste scelte politiche ed economiche” e a “costruire il futuro” insieme con i giovani. M.M.N.Mostra il documento integrale