Toscana

Giovannetti: Una crisi nata sulle disparità

DI SIMONE PITOSSILa «bilancia» tra nord e sud del mondo, tra ricchi e poveri deve essere riequilibrata. Altrimenti le necessità degli ultimi della terra, se troppo a lungo ignorate, «finiscono per manifestarsi anche con forme in sé inaccettabili». È questo il pensiero di monsignor Luciano Giovannetti, vescovo di Fiesole, che non ha dubbi: giustizia e pace devono progredire di pari passo. Tutto ciò è sottolineato – a partire dal titolo stesso «Giustizia e pace si baceranno» – nella lettera che il vescovo ha scritto alla diocesi per l’Avvento. E costituisce lo spunto per parlare dell’attuale situazione di crisi internazionale che investe direttamente anche il dialogo dei cristiani con l’Islam. Dialogo che, avverte Giovannetti, si presenta difficile e non senza incognite.

Abbiamo incontrato il vescovo di Fiesole per farci anticipare e approfondire alcuni dei temi trattati nella Lettera che verrà distribuita a partire da questa domenica. «Quello che stiamo vivendo – attacca monsignor Giovannetti – è un momento drammatico e gravissimo nella storia l’umanità». Attraverso la «barbarie dell’11 settembre scorso – sottolinea il vescovo – è emerso all’attenzione internazionale un conflitto che da tempo si stava preparando e che ha le sue radici nella profonda diseguaglianza sociale ed economica che caratterizza l’attuale situazione dell’umanità».

In primo luogo c’è dunque una domanda di giustizia. «Il fatto che meno di un terzo dell’umanità – si legge nella Lettera – utilizzi circa il 90% delle risorse del pianeta è un’ingiustizia che non può essere tollerata e le cui conseguenze sempre più sfuggono al controllo di coloro che hanno in mano le sorti della politica mondiale».

Insomma, il terrorismo nell’ingiustizia trova un terreno fecondo. Anche se questo da solo non spiega la violenza a cui abbiamo assistito negli attentati terroristici che sono costati la vita a migliaia di persone. Infatti, «la malizia del cuore umano – spiega il vescovo nella Lettera – è spesso tentata più di aggravare e di inasprire i conflitti che di cercare vie, anche coraggiose, per ridimensionarne la gravità e per risolverli».

E così arriviamo all’attuale conflitto in Afghanistan. «Queste operazioni militari – sottolinea monsignor Giovannetti – sono rivolte contro il terrorismo. Ma si tratta comunque di guerra cui anche l’Italia partecipa. E, in definitiva, sono soprattutto gli innocenti che ne pagano il prezzo più alto». Ma è giusto o no ricorrere alla guerra? Il vescovo, affidandosi al magistero degli ultimi pontefici, lancia un monito: «Mai più la guerra per risolvere le crisi internazionali. È necessario cercare vie diverse per risolvere i conflitti. E questo è il compito della politica che deve lavorare prima affinché non si arrivi poi a questo punto».

È necessario non stancarsi di lavorare per la pace. «Ma la costruzione della pace – sottolinea monsignor Giovannetti – non è un compito riservato solo ai potenti della terra e alle istituzioni internazionali. Noi stessi dobbiamo diventare operatori di pace e di giustizia. Dobbiamo costruire la pace giorno per giorno, nei luoghi dove ci troviamo». E come è possibile farlo? Innanzitutto rivedendo il proprio stile di vita che deve essere «sobrio ed essenziale» per vivere «la povertà evangelica richiesta a tutti i battezzati».Il vescovo indica alcuni dei mezzi e degli strumenti per opporsi allo sfruttamento del lavoro dei più poveri: il mercato equo e solidale, la Banca etica, l’economia di comunione, il consumo critico. E poi, a giudizio del vescovo di Fiesole, che è anche segretario della Conferenza episcopale toscana, è importante non smettere di lavorare per la pace «nel momento in cui viene meno la preoccupazione immediata delle guerra e della crisi internazionale che stiamo vivendo».

Ma la comunità cristiana ha anche un altro compito: quello di «guardare al futuro e di coltivare la virtù della speranza, quella speranza di cui ci parlano i profeti e che è testimoniata dai santi». «E in effetti – si legge ancora nella Lettera – un segno non secondario della gravità del momento presente è rappresentato anche da un certo imbarazzo con cui la comunità ecclesiale ha reagito alla situazione attuale, sottraendosi spesso a una parola pubblica e chiara».

L’attuale situazione internazionale ha portato in primo piano anche un altro aspetto di questo conflitto: il dialogo con l’Islam. «Il dialogo che va costruito – spiega il vescovo – non è privo di difficoltà e di incognite perché investe direttamente alcuni diritti fondamentali della persona che non possono essere in nessun modo compromessi anche in nome di particolari convinzioni religiose: la libertà di espressione, di pensiero, di fede religiosa, soprattutto il principio della sana laicità dello stato».

Non solo. Il dialogo deve essere fondato sulla «reciprocità», sottolinea Giovannetti, non come un «ricatto» – del tipo: sì ad una moschea da noi se ci fate costruire una chiesa da voi – ma come «orizzonte culturale».

«Al rispetto che i musulmani chiedono e solitamente ottengono nelle nostre zone – continua – deve infatti corrispondere un analogo rispetto delle conquiste civili e di libertà proprie del mondo occidentale, così come il rispetto delle altre confessioni religiose. Né è giusto, in nome della tolleranza e del dialogo, cancellare i gravissimi atti di intolleranza e di persecuzione che, in varie parti del mondo, i cristiani subiscono da parte dei fratelli musulmani». E il dialogo, poi, non deve «mortificare la nostra identità di cristiani». Anzi, secondo il vescovo, un vero atteggiamento di apertura «deve stimolare la nostra comunità a testimoniare con maggior convinzione la propria appartenza di fede».

Monsignor Giovannetti mette in guardia anche da «un sempre più diffuso sincretismo religioso che tende a cancellare le identità storiche e soprattutto religiose in nome di una mal compresa idea di tolleranza».

Infine un ultimo pensiero del vescovo va alla Terra Santa «investita da vicino dal bisogno di dialogo tra le religioni» e verso la quale la diocesi di Fiesole ha un’attenzione particolare. «Un impegno serio per la pace e la giustizia – conclude il vescovo – deve renderci estremamente generosi verso questa realtà».