Pisa

GIOVANI IN CERCA DI GUIDE

di Caterina Guidi

Dalla scelta del percorso di studio, al lavoro; dalle piccole e grandi decisioni quotidiane alla decisione più profonda, quella che impegna la vita. Il periodo dai 18 ai 35 anni – più o meno – è quello in cui si dà alla propria vita l’impronta definitiva. Si termina la scuola, si ottiene la laurea, si entra nel mondo del lavoro, si pensa a una famiglia… davanti ai giovani si apre un «mondo». Oppure un «vuoto»? Per non restare «al palo» i semplici consigli hanno fatto il loro tempo; ci vuole una guida che abbia occhi, orecchie, testa e cuore.La scuola di formazione «Chi ama educa» – promossa dall’Azione cattolica, dal Centro diocesano per l’evangelizzazione e la catechesi e dalla Scuola di formazione teologica – si avvia verso il terzo appuntamento. Dopo gli incontri di Ernesto Diaco e Giuseppe Savagnone sulla vocazione educativa e sulla vita spirituale, sarà suor Marina Beretti – delle suore Apostoline – a parlare di «Educazione e progetto di vita», giovedì 21 gennaio alle 19.15, nel Seminario diocesano. Impegnata – per carisma proprio delle suore Apostoline – nell’accompagnamento vocazionale dei giovani e nella formazione degli educatori, membro della direzione del Centro nazionale vocazioni, formatrice delle novizie del suo Istituto e collaboratrice nei Seminari di Anagni e Rimini per la formazione dei giovani in cammino verso il sacerdozio, suor Marina affronterà la questione dell’accompagnamento dei giovani nelle scelte di vita. Venerdì 22 l’incontro sarà ripetuto a Pietrasanta. Nessun discorso teorico, nessuna «lezione». A partire dalla lettera di una giovane in ricerca – Simona – i presenti saranno invitati ad ascoltare, a riflettere su alcuni punti e a trovare possibili risposte brevi da inviare…via sms. «Ma quando sarò finalmente pronta a prendere una decisione nella vita? – scrive Simona – È proprio vero che, quando una persona ha trovato finalmente la sua strada può sentirsi libera e felice? – e ancora – Non voglio travisare la voce di Dio; non voglio nemmeno non rispondere alla sua chiamata. Mi sembra tutto più grande di me  e mi sento camminare sul bordo di una scogliera enorme, ho le vertigini, mi manca l’equilibrio». Come può una figura educativa affiancare le tante Simone che ci sono e aiutarle nella loro ricerca? «Ci sono vari passi che devono essere fatti per educare i giovani a scegliere la loro vocazione – spiega suor Marina -. Ma prima di tutto c’è un atteggiamento da far proprio: quello dell’ascolto. Prima ancora di pensare a possibili soluzioni bisogna capire le domande. Il vero educatore non può neppure fermarsi alla prima domanda che gli viene fatta…deve scavare in profondità per comprendere le vere motivazioni e i veri interrogativi di chi ha davanti. All’inizio c’è questo: ascoltare e far emergere le vere domande». Sembra difficile… ma c’è un percorso che l’educatore può fare, sia egli un sacerdote, un religioso, un insegnante, un catechista, un genitore. «Il primo invito da fare a chi intraprende un cammino di discernimento – continua suor Marina – è quello a guardarsi dentro. Non è un luogo comune: fermarsi sulle proprie domande, capire da dove provengono, comprendere e accettare la propria storia presente e passata: questa è la prima pietra da fissare. Il tutto senza mai smettere di guardare in alto: il rapporto con Dio, la vita autenticamente spirituale, la preghiera costante non possono mancare. La via di chi cerca il senso della propria vita comprende sempre l’interiorità come elemento fondamentale. Ed è un’interiorità che si guarda attorno, che non perde mai il contatto con la vita concreta di tutti i giorni».La richiesta di figure-guida non manca: a dispetto dei confessionali vuoti, dell’individualismo del self-made man e della fuga dalle parrocchie, i giovani «impegnati» continuano a bussare a varie porte e a sentire il fascino e la responsabilità davanti alle scelte «forti». «Il bisogno e il desiderio di trovare risposte c’è. Ma spesso le domande cadono nel vuoto. C’è bisogno di adulti capaci di ascoltare, formati per ascoltare». Una cura profonda verso i giovani, sottolineata anche nel Piano pastorale per il quinquennio 2009-2014: è necessario «avvicinarci ai giovani – ha scritto l’Arcivescovo – senza considerarli un “problema”, bensì facendo sentir loro tutta la simpatia e l’affetto di cui hanno bisogno per superare quella solitudine che spesso provano nei confronti del mondo ecclesiale», e ancora: «non bastano solo eventi, ma sono necessari veri e propri percorsi educativi e persone che dedichino se stesse in autentico spirito di servizio e con grande disponibilità d’amore alla formazione dei giovani». Sacerdoti e religiosi non sono numericamente sufficienti, ci vogliono laici preparati. Il ciclo «Chi ama educa» intende creare un’occasione di formazione «alta», che si aggiunge alle altre offerte dalla diocesi. Ma cosa avviene nelle parrocchie? Secondo i dati pervenuti attraverso il questionario diocesano del 2008-2009, oltre la metà delle comunità parrocchiali non prevede cammini specifici per gli adulti. Gli incontri di preghiera sono generalmente diffusi, ma solo in 21 parrocchie funzionano in modo continuativo i Centri di ascolto della Parola. Insomma, chi educa gli educatori? Nella stragrande maggioranza dei casi la catechesi «grava» sul parroco, mentre sono solo 25 le parrocchie in cui vi è un’associazione ad occuparsene.I dati più «preoccupanti» però riguardano proprio l’attenzione locale verso le necessità spirituali dei giovani: alla domanda «negli itinerari formativi per giovani e giovanissimi si affrontano temi vocazionali?» solo 23 parrocchie su 108 rispondono di sì. E anche la semplice possibilità di un accompagnamento spirituale viene prospettata solo in una parrocchia su due.