Vita Chiesa

GIOVANI E SCUOLA: SEMINARIO CEI, «INSEGNANTE RELIGIONE ESPERTO IN UMANITÀ»

Una persona «che non sia solo esperta in umanità ma anche competente nella propria disciplina, capace di ascoltare, di accogliere, di accompagnare, nella reciprocità, il suo interlocutore che detiene anch’egli un patrimonio di esperienza e di vita»: è l’identikit dell’insegnante di religione tratteggiato oggi da mons. Vincenzo Annicchiarico, responsabile del Servizio nazionale Cei per l’insegnamento della religione cattolica (Irc), al termine del seminario di studio sul tema «I giovani domandano senso. L‘insegnamento della religione cattolica risponde», promosso dall’Irc in collaborazione con il Servizio nazionale per la Pastorale giovanile (Snpg) svoltosi a Roma (dal 16 maggio). «La peculiarità dell’Irc – ha affermato – è che si tratta di una disciplina scolastica che si rivolge a tutti, non solo ai membri della comunità ecclesiale che scelgono di avvalersene, ma anche a quelli di altre religioni, agli indifferenti, a chi non professa nessuna fede, perché le domande di senso appartengono all’uomo, alla persona, sono domande umane». A volte, ha aggiunto mons. Annicchiarico, «non sono sempre così precise, spesso sono inespresse. L’Irc, allora, potrebbe essere lo spazio temporale in cui individuarle e confrontarle con le risposte che il cristianesimo offre». Emerge da qui, per mons. Annicchiarico, «la consapevolezza che l’insegnante di religione non deve essere solo esperto in umanità ma anche competente nella disciplina». Ma perché questi due aspetti siano efficaci, ha concluso, «serve la relazione, ovvero la capacità di ascoltare, di accogliere, di accompagnare, nella reciprocità, il suo interlocutore che detiene anch’egli un patrimonio di esperienza e di vita. Senza questa capacità di relazione verrebbe meno anche l’azione di insegnamento». «La pastorale giovanile ha bisogno degli insegnanti di religione cattolica. I giovani che si incontrano a scuola sono un numero assolutamente maggiore di quelli che abitualmente frequentano le nostre parrocchie e associazioni». Ad invocare una «maggiore e stretta sinergia» tra la pastorale giovanile (Pg) e l’insegnamento della religione cattolica (Irc) è mons. Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg) nel corso del seminario di studio promosso dall’Irc. «Purtroppo – ha ravvisato il sacerdote – di questo bisogno non è molto cosciente la comunità ecclesiale: leggo articoli, partecipo ad incontri e convegni e mi accorgo che la parola scuola non è citata. Si parla di giovani, di pastorale, di parrocchia, di famiglia, di sport, ma non di scuola e di comunità scolastica. E questo anche se negli Orientamenti pastorali della Cei, ‘Educare alla vita buona del Vangelo’, vengono citate la famiglia, la scuola e la comunità cristiana come i tre pilastri su cui deve fondarsi l’azione della Chiesa». «Vi chiedo di essere un poco più aggressivi verso la comunità cristiana, siano esse le realtà diocesane, parrocchiali, consigli pastorali» ha detto mons. Anselmi rivolgendosi agli insegnanti presenti. «Aggressivi nel senso di ritagliarvi sempre più spazio nelle chiese per farvi ascoltare, voi che siete tra i giovani ed ascoltate le loro domande di senso». «Dobbiamo camminare insieme molto di più di quanto non si faccia adesso – ha dichiarato il responsabile del Snpg – penso a quanti insegnanti di religione sono presenti nei consigli parrocchiali o in quelli diocesani, ovvero in quelle strutture che dovrebbero definire la comunità educativa. Occorre pensare a qualcosa di nuovo che realizzi una comunione più ampia mettendo al centro la persona». Mons. Anselmi ha parlato quindi di «comunione educativa tra genitori, giovani, insegnanti ed educatori, ineludibile». «Vi invito – ha concluso – a non chiudervi nel vostro mondo, molto impegnativo. La comunità cristiana ha bisogno di voi per poter servire davvero i giovani». (Sir)