«Mentre ti allontani dalla città, ricca e miserabile nella sua quotidianità, t’immergi nell’Africa vera, quella dalla terra rossa come il sangue, quella della gente che cammina senza una mèta, che sbuca ovunque come fosse perennemente in cammino». Paola ha 34 anni, è aretina ed è stata un mese in Tanzania, ad aiutare i bambini disabili in un centro creato e gestito dai Cappuccini aretini. In prima persona raccolta la sua avventura nel sud del mondo. «Alla missione di Mlali ho vissuto un’esperienza unica, vivere a contatto con i bambini africani è l’esperienza più bella che si può fare: all’inizio ti osservano per capire chi sei e come agisci, poi ti amano. Certo non è facile lasciarsi andare di fronte al dolore che vedi, alla sensazione che provi per il loro stato di miseria, vorresti difenderti da tanto dolore schermando il cuore con un sorriso, ma se superi quella porta scopri che il povero ed il misero sei tu, quello che non sa più comunicare con il cuore. Sei tu il povero che ha scambiato i valori dell’amicizia e della compartecipazione con moneta o affari o vestiti firmati. Questa è stata la mia missione». Paola è emozionata mentre ripercorre le tappe del suo viaggio. Come lei, questa estate, nove ragazze sono andate in Africa per un’esperienza nelle varie missioni con cui il Centro Missionario Diocesano è in contatto.Come spiegare questo fenomeno incontenibile dei giovani che ogni anno chiedono di andare in qualche missione? Per amore. Per un misterioso impulso che fa venire al giovane la voglia di «calarsi» nelle situazioni miserabili di tanta altra gente meno fortunata di noi, e vedere cosa si può fare per alleviare queste sofferenze. Certo è difficile, ma viverle almeno dal di dentro per rendersi conto, per sentirsi anche noi parte di questa umanità che anela ad una vita migliore, ad un mondo fatto di amore e condivisione, sostegno reciproco. È la grande scommessa del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret che si è abbassato al livello dei più miserabili facendosi carico personalmente dei loro problemi.Lo abbiamao ascoltato nelle letture del giorno del battesimo di Gesù, la voce dal cielo che afferma la vera identità del Figlio di Dio: il Servo del Signore secondo Isaia, prima lettura del giorno. Gesù che sceglie non le vie della potenza, ma la potenza del suo abbassarsi al livello del più piccolo per portarvi speranza e redenzione. È quello che stanno facendo questi nostri giovani andando in Africa, non tanto per cambiare il mondo, ma per dire «in quel bambino povero e indifeso ci sono anch’io!». C’è la coscienza, tranquilla o colpevole, di tutti noi occidentali che viviamo nelle nostre ricchezze e comodità; ma c’è anche un grido di speranza che viene dalla certezza che un Dio misericordioso si è fatto piccolo e vicino all’uomo, per compiere con l’uomo la risalita. Qualcuno ha definito la scelta dei giovani che hanno trascorso un periodo in missione come «vacanze alternative». In realtà è un tuffo a contatto con i drammi e le speranza di angoli dimenticati del mondo e un ritorno all’essenziale di fronte agli eccessi che imprigionano l’uomo occidentale.Venerdì 19 gennaio ci sarà una riunione presso il Centro Missionario della diocesi, in piazza Duomo 4, ad Arezzo (vicino all’uscita delle scale mobili), con tutti i giovani che sono stati in missione e anche con chi abbia voglia di fare un’esperienza simile. Cominciamo ad organizzarci per la prossima estate. I parroci e catechisti sono chiamati ad informare dell’incontro i loro giovani desiderosi di fare un’esperienza missionaria.