Cultura & Società
Giovani e diversità, più diffidenza che tolleranza
di Stefania Moretti
Cosa pensano i giovani della diversità? Quanto credono sia diffusa la discriminazione in riferimento a condizione sociale, disabilità, etnia, genere, opinioni politiche, orientamento sessuale e religione? Considerano il loro atteggiamento più o meno discriminatorio di quello dei loro genitori? Frequentano persone diverse da loro? Su che base formano la loro opinione sui temi della diversità? Come giudicano il modo in cui questi temi vengono trattati dai media? Quale soggetto credono più influente nella lotta contro l’intolleranza e la discriminazione? Qual è la loro opinione sulla presenza degli stranieri in Italia?
Per rilevare la percezione che i giovani hanno della diversità il Centro studi «Minori e media» ha elaborato un questionario al quale hanno risposto 1.214 studenti di 19 scuole medie superiori di 13 città italiane in 9 regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia).
La ricerca, dal titolo Minori, mass media e diversità. Indagine sulla percezione che i giovani hanno delle discriminazioni nella società attuale, ha coinvolto 571 studenti e 643 studentesse tra i 14 e i 20 anni frequentanti le cinque classi di scuola media superiore. Il 49,6% del campione è iscritto a un istituto tecnico o professionale, il 50,4% a un liceo scientifico, classico, psico-pedagogico o linguistico. Il 96% delle ragazze e dei ragazzi intervistati ha dichiarato di essere cittadino italiano, il 4% di essere cittadino straniero. L’85% ha detto di essere cattolico, il 15% di professare un’altra religione o di non professarne alcuna.
Secondo gli intervistati, nella società attuale le discriminazioni sono molto o abbastanza diffuse in riferimento all’orientamento sessuale e all’etnia (88%), alla condizione sociale (78%) e alla disabilità (67%). Circa il 60% crede che siano molto o abbastanza diffuse le discriminazioni basate sul credo religioso e sulle opinioni politiche. Solo il 37% ritiene che sia molto o abbastanza diffusa la discriminazione basata sul genere. L’idea che il credo religioso sia fonte di discriminazione nella società attuale è più presente tra i ragazzi e le ragazze del nord e del sud, piuttosto che tra quelli del centro.
Alle ragazze e ai ragazzi intervistati è stato anche chiesto se ritenessero il loro atteggiamento più o meno discriminatorio di quello dei loro genitori e nonni. Opinione diffusa è che i giovani siano meno discriminanti degli adulti. Invece, le percentuali della risposta «meno discriminatorio» oscillano tra il 20 e il 32%. Solo un giovane su tre ha nei confronti dell’orientamento sessuale un atteggiamento meno discriminatorio di quello dei suoi parenti adulti. Solo un intervistato su quattro ritiene di distinguere meno le persone in base alle opinioni politiche, l’etnia e il genere. Solo due giovani su dieci ritengono di riservare un trattamento più paritario rispetto ai genitori e ai nonni ai diversamente abili o alle persone con una religione diversa dalla loro.
Circa l’80% del campione ha dichiarato di conoscere almeno una persona appartenente a una condizione sociale, a un’etnia o a una religione diversa dalla sua. Il 53% conosce almeno un disabile. Il 40% ha dichiarato di conoscere almeno un omosessuale. L’80% delle ragazze e dei ragazzi intervistati ha affermato di parlare con gli amici/amiche di argomenti relativi al tema della diversità.
Quasi il 90% del campione ha amici/amiche che mostrano atteggiamenti discriminatori nei confronti degli immigrati e delle persone senza fissa dimora. Il 33% ha amici che non riescono a nascondere sentimenti discriminatori o evitano di frequentare omosessuali. Circa la metà degli intervistati ha invece amici che non fanno differenze in base alla disabilità e alla religione. Il 42% delle ragazze e dei ragazzi intervistati prova sentimenti discriminatori nei confronti delle persone diverse da sé.
Circa un intervistato su tre non affronta il tema della diversità in famiglia. Un intervistato su due invece discute del tema della diversità con i familiari, ma soprattutto quando questo è trattato dai media, cioè in un caso su due la discussione c’è, ma è principalmente indotta dai media.
Alla domanda «Su che base ti sei formato la tua opinione sui temi della diversità?» il 47% dei giovani intervistati ha risposto «sulla base delle mie riflessioni personali», il 23% ha detto «sulla base di quello che leggo, ascolto o vedo sui media», il 14% ha dichiarato «sulla base di quanto si dice in famiglia».
Il 62% del campione ritiene che la presenza degli atleti stranieri nelle squadre italiane non sia un problema. Solo l’8% pensa che le squadre italiane dovrebbero essere composte da tutti giocatori italiani. Il 20% dei giovani intervistati crede che le Paraolimpiadi siano utili per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della disabilità. Il 73% ammira chi è diversamente abile e non rinuncia a fare sport.
Il 28% del campione ha ricevuto su Facebook richieste di iscrizioni a un gruppo contro gli immigrati. Il 24% ha ricevuto richieste di iscrizioni a un gruppo contro gli omosessuali. Il 21% ha ricevuto richieste di iscrizioni a un gruppo contro i diversamente abili. Il 15% ha ricevuto richieste di iscrizioni a un gruppo contro i musulmani. Il 5% ha aderito alla richiesta di iscrizione a gruppi contro gli immigrati. Più del 40% delle ragazze e dei ragazzi intervistati ha visto in internet video che mostravano episodi di intolleranza o violenza nei confronti degli immigrati, dei diversamente abili, delle donne e degli omosessuali. Più del 30% ha visto video che mostravano episodi di intolleranza o violenza nei confronti delle persone senza fissa dimora e di religione diversa dalla sua. Alla visione di video in rete che mostravano episodi di intolleranza o violenza nei confronti di diversamente abili, donne, immigrati, omosessuali, persone senza fissa dimora o persone di religione diversa dalla sua, il 15% del campione ha cambiato schermata, il 42% ci è rimasto male, il 6,5% è rimasto indifferente o si è divertito.
Rispetto alla possibilità di intervenire negli spazi web in cui vengono espresse idee razziste o discriminatorie, solo il 25% ritiene che internet debba rimanere uno luogo libero in cui ognuno può esprimere la sua idea. Un giovane su quattro ritiene che bisognerebbe oscurare i siti internet che fomentano l’odio razziale e la discriminazione e punire gli autori dei contenuti pubblicati.
Il 28% del campione ritiene che in tv e sulla carta stampata trapelano i pregiudizi verso i «diversi». Il 12% afferma che viene dato troppo spazio al tema della diversità o che c’è un eccesso di buonismo.
Agli intervistati è stato chiesto se l’immagine veicolata dai media rispetta le reali caratteristiche dei diversamente abili, delle donne, degli immigrati, degli omosessuali, delle persone di religione diverse dalla loro, di quelle senza fissa dimora e dei poveri. Le percentuali della risposta «L’immagine veicolata dai media è peggiore della realtà» oscillano tra il 15 e il 28%. Le percentuali della risposta «L’immagine veicolata dai media è migliore della realtà» oscillano invece tra il 14 e il 23%. L’immagine veicolata dai media degli immigrati è peggiore della realtà per quasi tre ragazzi su dieci. L’immagine dei poveri è migliore della realtà per circa un ragazzo su quattro. Il 48% del campione ha delle riserve più o meno forti sulla costruzione in Italia di luoghi di culto religioso diverso da quello cattolico. I più favorevoli a che ognuno abbia il proprio luogo di culto sono i giovani del sud; i meno favorevoli sono quelli del centro. I soggetti ritenuti più influenti dai giovani intervistati nella lotta contro l’intolleranza, la discriminazione e il razzismo sono le associazioni di volontariato, la Chiesa e i mass media. L’attore ritenuto meno influente è il governo. Il 95% degli intervistati ha risposto in maniera corretta alla domanda «Sai che cos’è il permesso di soggiorno?». Il 44% del campione non ha mai sentito parlare dei Centri di permanenza temporanea per gli immigrati che arrivano in Italia; il 37% ne ha sentito parlare sui media. Solo il 22% delle ragazze e dei ragazzi intervistati ritiene che la presenza degli stranieri in Italia sia un fatto positivo, il 50% ritiene che sia un fatto negativo. Più degli altri ritengono che la presenza degli stranieri in Italia sia un fatto negativo coloro che vivono al centro, i maschi, coloro che frequentano un istituto tecnico o professionale, quelli che si formano un’opinione sui temi della diversità attraverso i media o la rete.
È stato chiesto alle ragazze e ai ragazzi intervistati di dare un voto di simpatia a un elenco di persone. Asiatici, musulmani, rom e sinti hanno ottenuto un voto medio sotto la sufficienza. I giovani del centro hanno espresso i voti di simpatia più bassi. Hanno dato un voto sotto la sufficienza anche alle persone provenienti dall’est europeo e a quelle senza fissa dimora. Le ragazze hanno dato voti di simpatia più alti dei ragazzi. I ragazzi hanno dato voti sotto la sufficienza alle categorie di persone già elencate ma anche agli omosessuali. I gradi di simpatia più bassi sono stati espressi da coloro che formano la propria opinione sui temi della diversità attraverso i media o parlandone con gli amici e i familiari. I giovani che dichiarano di avere almeno un amico disabile, omosessuale, di etnia, di religione o di condizione sociale diversa dalla loro esprimono gradi di simpatia più alti rispetto a quelli che dichiarano di non averne. Il 59% del campione ritiene che l’ingresso degli stranieri favorisca la criminalità. Il 74% non ritiene che l’eccessiva presenza degli immigrati nelle scuole sia una minaccia per la qualità dell’istruzione. Circa l’80% pensa che gli stranieri facciano lavori che gli italiani non vogliono fare. Il 76% non crede che i matrimoni con stranieri di solito finiscano male. Il 72% è d’accordo con l’affermazione «bisogna ricordarsi che un secolo fa gli immigrati eravamo noi». Il 73% pensa che l’ingresso degli stranieri permetta di venire a contatto con culture diverse.
Circa un giovane su tre non crede che la relazione omosessuale sia una forma d’amore come quella eterosessuale e pensa che negli ultimi anni la società sia diventata troppo tollerante verso gli omosessuali. Circa quattro ragazzi su dieci reputano che lo Stato non debba riconoscere alle coppie omosessuali gli stessi diritti di quelle eterosessuali. Il 36% ritiene che la religione islamica costituisca una minaccia per l’Occidente. Il 45% crede che gli zingari (rom e sinti) siano tutti ladri.
Gli intervistati della Toscana parlano meno del tema della diversità con gli amici (1 ragazzo su cinque non ne parla proprio mai), ma ne parlano di più in famiglia (circa il 70%). In misura maggiore si formano la loro opinione sui temi della diversità sulla base delle loro riflessioni personali (48%) o sulla base di quello che leggono, ascoltano e vedono sui media (27%). Rispetto ai propri amici, questi ragazzi sono più propensi, rispetto alla media nazionale, a discriminare persone diverse da loro (anche se solo 1 ragazzo su 5) e solo il 35% cerca di non fare differenze.
I giovani toscani hanno ricevuto su Facebook più richieste di iscrizioni a gruppi contro i diversamente abili, gli immigrati, i musulmani e gli omosessuali, rispetto ai giovani delle altre regioni, ma hanno visto in rete meno video con episodi di intolleranza o violenza nei confronti di disabili, donne, immigrati, omosessuali e persone di religione diversa. Gli stessi però hanno visto più video che mostravano episodi di intolleranza o violenza nei confronti dei senza tetto. Alla visione di questi video i ragazzi toscani si sono dichiarati indifferenti in maggior numero rispetto alla media nazionale, se non addirittura più divertiti, anche se solo per il 2% degli intervistati. Le ragazze e i ragazzi toscani guardano meno programmi televisivi o leggono meno articoli di giornale sul tema della diversità in merito a condizione sociale, disabilità, etnia, genere e religione, ma guardano più programmi televisivi o leggono più articoli sul tema della differenza legata all’orientamento sessuale.
I toscani, in maggior numero rispetto agli altri intervistati in Italia, credono che l’immagine veicolata dai media dei diversamente abili, delle donne, degli omosessuali e dei poveri sia simile alla realtà, mentre pensano che l’immagine degli immigrati, dei senza tetto e delle persone di religione diversa dalla loro sia invece migliore della realtà. Diversamente dai loro coetanei, come soggetto più influente nella lotta contro l’intolleranza, la discriminazione e il razzismo mettono i mass media (22%); ritengono anche loro però che l’attore meno influente sia il governo (per il 19%). Il 51% del campione toscano ritiene che la presenza degli stranieri in Italia sia un fatto negativo.
Nell’analisi delle proprie simpatie ed antipatie, i giovani toscani hanno attribuito un voto di simpatia sotto la sufficienza, quindi di antipatia, a rom e sinti (più antipatici), musulmani, asiatici, est europei e senza tetto (meno antipatici).
«È più facile avere migliaia di amici virtuali su Facebook che avere amici, a scuola e nel tempo libero, di lingua, cultura o religione diversa. La stessa parola amici spiega ancora Isabella Poli ha assunto per loro un significato mutuato dal mondo virtuale piuttosto che dall’esperienza reale di relazione interpersonale. Contradditori, come spesso sono i giovani, non hanno pregiudizi per i compagni di scuola disabili o per gli atleti stranieri nello sport, ma invece li hanno, eccome, per gli immigrati e, fra questi, soprattutto per asiatici, musulmani e rom che risultano loro particolarmente antipatici».
La maggior parte degli studenti intervistati chiede un controllo di internet per evitare la presenza di siti razzisti, ai quali alcuni di loro peraltro si sono iscritti, «ma, allo stesso tempo, 6 su 10 dichiarano in sintonia con quanto affermato in questi siti internet che l’ingresso degli stranieri favorisce nel nostro Paese la criminalità ed 1 su 2 giudica la loro presenza piuttosto o molto negativa. Netto invece il loro giudizio sui soggetti influenti nella lotta alla discriminazione ed alla xenofobia. Ai primi posti conclude il direttore scientifico del Centro studi Minori e Media non risultano né le istituzioni né le principali agenzie educative quali famiglia e scuola, bensì le associazioni di volontariato, la Chiesa ed i mass media, seguiti a distanza da famiglia e scuola, e, all’ultimo posto, dal Governo».