La Commissione Regionale Toscana per la Dottrina della fede e la Catechesi ha organizzato un Convegno Catechistico Regionale, aperto a tutti i membri degli Uffici Catechistici Diocesani, al Centro Comunitario di Casalguidi (PT), per aprire un dibattito sul nodo pastorale dell’educazione dei preadolescenti e adolescenti alla fede oggi e per proporre una prospettiva pastorale e catechetica adeguata alle comunità parrocchiali del territorio.Il vescovo di Livorno e delegato CET per l’evangelizzazione mons. Simone Giusti ha presentato il Convegno spiegando il titolo provocatorio, ma nodo dei nodi, «giovani a perdere?» scelto per indicare agli educatori come aiutare i ragazzi a capire che la Cresima è un momento di passaggio che va in tutta l’Iniziazione Cristiana verso la solenne Professione di Fede. L’efficacia del post cresima è dovuta a come i ragazzi hanno fatto la preparazione alla Cresima: se uno non vede l’ora di andare via non è colpa sua, ma di come è stato impostato il catechismo, dal rapporto con la comunità. Il rischio che abbiamo nelle nostre comunità è quello di non accogliere i giovani, come invece avviene nelle Associazioni, o di ignorarli: i ragazzi non sono visti come risorsa ma come un problema e per questo bisogna cambiare la mentalità.Una comunità educanteLa comunità deve essere educante, cosa significa? La comunità deve rendere partecipi i giovani, ma quali cambiamenti dovrà attuare? Come deve ripensarsi? I ragazzi sono una ricchezza, come valorizzarli? C’è una scuola di preghiera che li aiuti a incontrare il Signore? Siamo capaci? Questi i quesiti da affrontare. Per contestualizzare la riflessione e indicare le attenzioni pastorali e pedagogiche fondamentali, c’è stato l’intervento di don Salvatore Soreca dell’Ufficio Catechistico.In un primo tempo ha spiegato il significato di mistagogia e le cinque tensioni fondamentali che vi si ritrovano: liturgica, catechetico/educativa, biblica, ecclesiologica, vocazionale/esistenziale; ha affrontato il nodo pastorale, vale a dire, l’importanza della presenza dei giovani in una comunità, il significato ecclesiale della loro presenza e la loro accoglienza in comunità. Ha indicato che, per un’adeguata Iniziazione Cristiana ai ragazzi, le comunità sono chiamate a esprimere la loro responsabilità, a pensare itinerari diversi di IC, a garantire agli adolescenti la possibilità di curare la propria vita spirituale attraverso percorsi mistagogici costruiti su 4 fulcri: l’esperienza, la catechesi essenziale, la liturgia, l’educazione all’affettività responsabile.In un secondo tempo don Salvatore Soreca ha riflettuto sulle attenzioni pastorali e pedagogiche per una Pastorale per/con gli adolescenti che sono: prediligere la categoria dell’appartenenza al gruppo e di riflesso alla comunità, prevedere un ingresso graduale e rispettare i tempi, accompagnare gli adolescenti nell’apprendimento, privilegiare la sinergia tra esperienza e narrazione, coinvolgere le famiglie, fare capire all’adolescente che il cammino iniziato lo guiderà alla realizzazione di un proprio progetto di vita. I punti di forza di un itinerario mistagogico sono: il Nuovo Annuncio, educatori maschio e femmina che fanno un servizio insieme agli animatori giovani e dinamici, il valore pastorale ed educativo del sacramento della Riconciliazione. Don Salvatore Soreca ha concluso citando le quattro attenzioni fondamentali per una mistagogia che sia veramente punto di aggancio ad un cammino di formazione permanente, per “curare e coltivare” l’adolescenza:1. Sinergia tra la continuità con tutto il processo di IC e la necessaria discontinuità.2. Il ruolo chiave dell’appartenenza ad una comunità responsabile3. Annunciare il Vangelo attraverso una lettura evangelica della vita4. Aperture pedagogiche per gli educatori: alla complessità, all’integrazione, alla riflessione, alla spiritualità.Due esperienzeIl Convegno è proseguito con la testimonianza della solenne professione di fede di due diocesi della Toscana: Diocesi di Fiesole e Diocesi di Livorno. A Fiesole l’esperienza c’è da oltre 25 anni ed è una provocazione pastorale sotto quella dell’esortazione apostolica missionaria, per ricercare i giovani che hanno lasciato dopo la Cresima; è un tentativo di ricontattare i giovani, ha un atteggiamento di gratuità e fiducia. Il modo è affidato alle parrocchie che devono individuare qualcuno disposto a fare questa ricerca, spesso i giovani che l’hanno fatta la propongono. L’itinerario volge a porsi delle domande in stile di Gesù nel Vangelo di Giovanni, a presentare il volto di Dio, offrire la possibilità di fare la professione di fede. Questo cammino, a causa della mobilità, è molto calato da 25 anni fa ad oggi. Don Fabio Menicagli, direttore dell’Ufficio Catechistico di Livorno, ha affermato che a Livorno c’è un progetto diocesano in discussione ed elaborazione da almeno 6 anni e che attualmente riflette alcune esperienze, al nord e al sud e in alcune parrocchie della città. Il percorso è in fase di elaborazione e discussione da parte dei preti giovani, in cui c’è attenzione al gruppo e al singolo e che riguarda fasce di età dai preadolescenti, agli adolescenti, per arrivare alla solenne professione di fede a 19 anni. Don Fabio evidenza l’importanza del coinvolgimento della comunità, di un cammino seguito da educatori formati, da presbiteri sempre presenti e dalla famiglia. Nella seconda giornata don Gianni Gualtieri dell’Ufficio Catechistico Regionale ha proposto tre laboratori su: vivibilità, irrinunciabilità, significatività. I presenti al Convegno si sono divisi in tre gruppi ed hanno condiviso le loro esperienze rispondendo a tre domande: quali educatori, quale comunità e quali strumenti. E’ seguito un dibattito e confronto in assemblea dove sono emerse principalmente le carenze, gli obiettivi e le aspettative.Il Convegno è terminato con le conclusioni del vescovo Giusti, il quale ha sottolineato l’esigenza di dare un volto nuovo all’IC per poter compiere una tappa verso la solenne Professione di Fede, l’esigenza di formare giovani cristiani. Come? Il soggetto educante è la comunità che non fa, ma è testimonianza attraverso la liturgia, la carità, la comunione, la capacità di volersi bene, di accettare i limiti dell’altro senza giudicare o criticare. Occorre apertura verso le aggregazioni laicali, annunciare il Vangelo ai giovani e agli adulti, annunciare la fede della Chiesa.I giovani vogliono la VeritàParlare ai giovani delle Verità attraverso un linguaggio adeguato, narrare la fede, puntando al cuore, che è Gesù Cristo, affascinando i ragazzi con la mistica. Bisogna sapere narrare la fede alle categorie di oggi affrontando con la ragione illuminata dalla fede. I ragazzi non vogliono discorsi personali, ma la Verità, vogliono credere con il cuore e con la mente; per questo è necessario formare gli adulti, fare catechesi familiare, avere gruppi da quello dei fidanzati a quello dei catechisti perchè la catechesi non ha una fine. La parrocchia deve dare sostegno alla famiglia, rassicurare i cuori con la grazia di Dio; la comunità deve essere giovanile, condivisione, accoglienza e soprattutto non si possono vivere le grandi comunità se non c’è fraternità. Allora i ragazzi scopriranno in parrocchia una seconda casa, sperimenteranno come è bello stare con il Signore, avranno oratori aperti, ascolteranno, avranno dialogo con i presbiteri giocando con loro, vivranno nel Vangelo, coinvolti nella vita comunitaria, seguiranno la Via della Bellezza che li porta a scegliere l’amore per Gesù Cristo, colpiti dallo stupore per come si vive bene in Cristo, non se ne andranno più.