Pisa

GIOVANE, QUO VADIS?

di Andrea Bernardini

I nostri ragazzi? Bazzicano la chiesa e l’oratorio nella migliore delle ipotesi fino alla cresima. Ma, appena divengono più grandi, abbandonano l’ambiente. Molti di loro vi ritornano, in seguito, per chiedere di sposarsi in chiesa. La conferma arriva da una elaborazione delle risposte del questionario diocesano su «Catechesi, Chiesa e Vangelo», consegnato dall’arcivescovo tra settembre ed ottobre ai preti e ai referenti delle comunità; ed a cui hanno risposto il 93% delle parrocchie e unità pastorali. Lo studio non ha la pretesa di essere una compiuta indagine sociologica. Ma è comunque un concreto strumento per capire quali sono i punti di forza o di debolezza della vita religiosa in diocesi.Presentato dall’arcivescovo in occasione della recente assemblea del clero, e discusso in consiglio presbiterale, sarà approfondito prossimamente anche in sede di consiglio pastorale diocesano.Ma andiamo con ordine, facendoci aiutare dal direttore del centro pastorale per l’evangelizzazione e la catechesi don Piero Dini.

Iniziazione cristiana popolare

Le sale di catechesi sono frequentate da molti dei nostri ragazzi. Non da tutti, però. Dai questionari emerge, infatti, come i bambini ed i ragazzi coinvolti siano 12.282, molti  meno, ad esempio, di quanti si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica. Quanti di meno? Difficile dirlo: confrontare i dati provenienti da scuole e da parrocchie è una operazione complicata; perché gli itinerari di catechesi (come vedremo) iniziano e finiscono ad età diverse tra parrocchia e parrocchia e perché le scuole sono frequentate, ad esempio, anche da ragazzi che abitano nelle diocesi di San Miniato, Volterra, Lucca o Livorno.Lo studio del centro pastorale ipotizza: un bambino battezzato su tre non va a catechismo.

Una questione di età

L’itinerario di catechesi inizia a sei anni in 39 delle parrocchie (od unità pastorali) che hanno risposto al questionario, a sette in 49 ed a otto in 19; l’età della prima confessione è a sette anni in una comunità, ad otto in 49 parrocchie od unità pastorali, a nove anni in 53, infine a dieci anni in 4. L’età della prima comunione è a sette anni in una parrocchia, ad otto in 6, a nove in 79 e a dieci in 21. Infine l’età della cresima è a undici anni in una parrocchia, a dodici in 3, a tredici in 18, a quattordici in 58 e oltre i quattordici (finanche a diciotto anni) in 27 parrocchie od unità pastorali.È un bene o un male tanta disparità di trattamento tra una comunità e l’altra? Il dibattito è aperto da tempo.Ci sono interruzioni nel percorso catechistico? Ottantatré parrocchie od unità pastorali (su 98) hanno risposto «no». «Eppure – osserva il direttore del centro pastorale don Piero Dini – pare che il vero “esodo” dal catechismo, in molti casi, non avviene dopo la cresima, bensì dopo la Messa di prima comunione».

Il coinvolgimento dei genitori

In 92 parrocchie interpellate i genitori parrebbero coinvolti nella catechesi dei fanciulli e dei ragazzi (in 13 non lo sono): grazie ad incontri sporadici (73, solo organizzativi? ci chiediamo noi), in incontri regolari, in percorsi di formazione a fianco dei figli (30). In 13 comunità od unità pastorali le famiglie sono protagoniste della catechesi: esperienze, queste, da valorizzare e da… moltiplicare «perché è la famiglia l’habitat naturale in cui il figlio dovrebbe essere educato alla fede».

Oratorio

Alla catechesi mordi e fuggi quante parrocchie (od unità pastorali) offrono l’alternativa dell’oratorio? Una parrocchia su due – secondo quanto emerso dal questionario – dice di esser dotata di un oratorio. Di uno spazio fisico o di uno spazio animato? Dalle risposte, questo, non emerge. A supporto del lavoro dei catechisti, operano, animatori dell’Acr, scout, focolarini, degli oratori Omg, associazioni locali o del Centro italiano femminile. «Ma in generale – osserva il sacerdote pisano- le associazioni ecclesiali non sembrano avere un ruolo particolarmente significativo nell’impianto catechistico delle nostre parrocchie».

Over ’14

Nell’età più critica, la preadolescenza e l’adolescenza, i giovani … sfuggono (anche se non tutti, per fortuna). E così nelle sale della comunità si incontrano in modo strutturato  appena 978 ragazzi tra i 14 ed i 18 anni, contro i 10.078 che invece si avvalgono dell’ora di religione nelle scuole secondarie di secondo grado. Un dato, quello scolastico, da prendere, più di prima, con prudenza perché quando si parla di studenti (e non più di alunni) è alta la mobilità di non diocesani. Quando il discorso si sposta sui gruppi giovani, ci accorgiamo che gli utenti da pochi si riducono a pochissimi: solo in 380 seguono un percorso formativo in 29 parrocchie. Ciò non significa che un numero così risicato partecipa alla vita delle comunità: ma che per moltissimi un’esperienza di fede in gruppo si conclude… con la maggiore età. O almeno che la parrocchia non è più per loro un punto di riferimento: lo saranno i movimenti ecclesiali o le aggregazioni laicali cattoliche? Capitolo a parte meritano le esperienze diocesane. Secondo il questionario solo da 14 parrocchie i giovani si muovono sempre (o quasi) quando c’è una proposta del servizio diocesano di pastorale giovanile, da 43 partecipano sporadicamente e da 18 raramente (23 le non risposte).

A volte ritornano

Crescono le convivenze, diminuisce il numero dei matrimoni cristiani: se nel 1996 era stato di 1.062, nel 2007 si è scesi a 732 (mentre il numero di battesimi e comunioni non è calato in modo così evidente). 95 parrocchie o unità pastorali su 100 – secondo i dati del questionario – organizzano percorsi per fidanzati e la partecipazione di chi intende sposarsi in chiesa è pressoché plebiscitaria. «In generale, in questi ultimi anni, credo che siano stati fatti molti passi avanti nella preparazione dei fidanzati al matrimonio – osserva il direttore del centro pastorale – per esempio un progressivo passaggio da corsi di breve durata a veri e propri percorsi, tanto è vero che oltre la metà di parrocchie od unità pastorali che hanno risposto organizzano tra i sei ed i dodici incontri a coppia». La provocazione di don Piero Dini: «Forse ancora poco, se si considera che il discernimento del cammino vocazionale di un sacerdote si protrae per sei anni… e quella del matrimonio non è certo una vocazione di serie b». Tra quanti chiedono il matrimonio, meno del 5% (in 31 casi) o comunque del 10% (per 25 parroci che hanno risposto) fanno vita di Chiesa.Che fare con tutti gli altri? Anche accettando l’opzione dell’intervento della Grazia (ne serve tanta) nel sacramento – matrimonio, il percorso finalizzato al matrimonio potrebbe servire per recuperare… il tempo perso ed avviarne uno nuovo. Eppure, alla domanda «la coppia, dopo l’esperienza del percorso prematrimoniale, continua nel suo cammino di fede?» in 62 hanno risposto «sì, ma per poco», in 23 «no», in 14 «sì, con buoni risultati» (in 9 non hanno risposto). E le comunità assicurano una formazione alle giovani famiglie dopo il matrimonio? «No» in 85 casi, «sì» in 25.

Adulti

Il 53% delle parrocchie o unità pastorali non hanno previsto alcun cammino per gli adulti. I centri di ascolto della Parola di Dio esistono in 21 parrocchie. In sessantatré casi, ci sono però incontri con lectio divina. «Delle associazioni che si occupano della catechesi degli adulti, l’Ac rimane al primo posto – osserva don Piero Dini – ma è presente però solo in 14 parrocchie (od unità pastorali) su 98».Gli adulti che partecipano ad itinerari di fede e di catechesi – secondo i dati forniti da chi ha risposto ai questionari – sono in tutto 1.215. I catechisti Per la gestione di 12824 bambini sono impegnati in media ogni anno 1.615 catechisti: 1524 laici e 91 religiose. L’età media dei catechisti: 168 under 18 («non rischiamo di bruciarli se li responsabilizziamo troppo?» si chiede don Piero), 475 dai 18 ai 30 anni, 925 sopra i trent’anni, 47 sopra i settanta. Nei gruppi «giovanissimi» sono coinvolti 341 animatori: sono molti, in pratica c’è un animatore ogni tre ragazzi.Il percorso di preparazione al matrimonio è animato da una équipe di persone (66), soltanto dal sacerdote (25) o da una équipe di «esperti» (6).

I contenuti e gli strumenti

In 92 parrocchie (od unità pastorali) che hanno risposto al questionario, i catechisti seguono i testi di catechesi della Conferenza episcopale italiana, in 14 no. Le linee – guida del «progetto Cresima» diocesano, varato alcuni anni fa, è in realtà seguito in appena 19 parrocchie od unità pastorali (in 81 non lo è, 8 non hanno risposto). «Positivo è il fatto che nei cammini per i giovani ed i giovanissimi si dia molta importanza alla Parola di Dio; però su questo punto – osserva don Dini – spaventa un po’ il dato dei senza risposta (addirittura 31), mentre due parrocchie dicono che si dà “nessuna importanza” alla Parola di Dio per il cammino di fede di un giovane».Negli itinerari formativi per giovani e giovanissimi si affrontano temi vocazionali? «No» in 49 delle risposte, «sì» in 21. «Perché – si chiede il direttore del centro pastorale – il tema della “chiamata” di Dio non è alla base della nostri percorsi educativi? E non mi riferisco soltanto alla chiamata sacerdotale o religiosa, ma ancor prima alla chiamata alla vita e alla fede e al cammino cristiano come risposta ad un dono che viene dall’alto».I temi maggiormente affrontati nei percorsi di preparazione al matrimonio? Conoscenza e dialogo nella coppia, fedeltà, indissolubilità del matrimonio cristiano, affettività, sessualità, fecondità, sacramento e liturgia del matrimonio. «Si parla poco, invece – osserva don Piero Dini – del tema dell’amore, “letto” dal punto di vista biblico o liturgico. È vero che la situazione di vita dei giovani che si presentano a chiedere il matrimonio, ha bisogno di aiuto e di sostegno sul piano umano, ma spesso ha soprattutto bisogno anche del “primo annuncio” della fede cristiana, tanta è la distanza che molti hanno dalla pratica ecclesiale».

La formazione degli educatori

Altro aspetto interessante. Al catechista e all’animatore sono richiesti vita spirituale e formazione biblica e teologica. Per la prima serve la volontà di dotarsi di qualche buona «regola di vita» ed un buon direttore spirituale. Per la seconda la frequenza, ad esempio, della scuola di formazione teologica o dell’istituto superiore di scienze religiose. Scuole che fino ad oggi hanno «sfornato» centinaia di educatori preparati e motivati, ma che attendono ancora molti nuovi catechisti ed animatori.Dai dati sul questionario pare emergere come si navighi un po’ a vista , soprattutto sulle «nuove frontiere» dell’annuncio: la pastorale familiare, ad esempio. «Solo 35 parrocchie, infatti – osserva il direttore del centro pastorale per l’evangelizzazione e la catechesi – hanno organizzato un cammino specifico di formazione per gli animatori di pastorale familiare, mentre 63 non hanno nulla di tutto questo».

Rapporto con la scuola

Non è dei migliori. Anche con gli insegnanti di religione. Secondo l’11% delle risposte gli insegnanti di religione non solo non sono impegnati in parrocchia, ma non si vedono mai in chiesa, e nel 16% dei casi solo alla Messa domenicale. «Che la pastorale scolastica non sia una pastorale facile lo si sapeva, ma dalle risposte questo aspetto è sottolineato: l’84% della parrocchie non ha mai sviluppato tentativi in questo senso».

Sport e tempo libero

È  un terreno di pre-evangelizzazione un tempo assai più considerato di oggi. Dai report risulta comunque che in alcune parrocchie si fa animazione ludica e sportiva, non solo dei giovani, ma anche degli anziani, ma ve ne sono molte altre che non hanno nulla di simile. «Sicuramente – osserva don Piero Dini – anche un gruppo sportivo, se guidato bene, potrebbe essere una bella occasione di incontro e di amicizia e quindi veicolo di quel lavoro previo sul quale si può innestare un più esplicito impegno di evangelizzazione».Anche in questo caso i progetti educativi di alcune associazioni di ispirazione cristiana (dall’Anspi al Csi) possono insegnare molto.