DI SIMONE PITOSSIUna giornata per riflettere e aiutare il Seminario. È quella che viene celebrata nelle parrocchie della Diocesi questa domenica, 22 novembre. Per capire meglio il senso di questa giornata abbiamo rivolto alcune domande al Rettore del Seminario, don Gabriele Bandini.Qual è lo stato di salute del seminario fiesolano?«Per rispondere alla domanda bisogna prima intendersi su come misurare la salute di un seminario. Se come criterio prendiamo il clima interno alla comunità e l’impegno in un cammino formativo nei suoi vari aspetti e il numero dei seminaristi, direi senz’altro buona. Certo vi è sempre la possibilità di migliorare, anche negli aspetti indicati ma le condizioni generali ci permettono un cammino sereno e serio allo stesso tempo, sia a livello personale che comunitario».Quanti seminaristi ci sono quest’anno?«La comunità del seminario è composta da diciassette seminaristi e quattro formatori. Tre seminaristi si stanno preparando per altre diocesi in quanto ci sono stati affidati dai loro Vescovi per la formazione».Quanti i nuovi entrati? Chi sono?«Ad ottobre sono entrati 4 nuovi seminaristi. Due, Roger e Kingsley, sono di origine africana, inviati dalla Diocesi di Civita Castellana, di cui è Vescovo Mons. Romano Rossi di Montevarchi; poi c’è Ireneo della Comunità dei Figli di Dio, fondata da don Divo Barsotti e il quarto è Domenico che proviene dall’esperienza della Casa di Preghiera Gesù Amore che si trova nella nostra diocesi. Sono tutti e quattro persone mature, sopra i trent’anni, ed hanno, come ormai è normale, percorsi vocazionali molto diversificati».Cosa farà il seminario per avvicinare i giovani?«Il rapporto con i giovani è molto importante per il Seminario e stiamo continuando una lunga tradizione che ha sempre cercato di mantenere uno stretto e vivo legame con i giovani della diocesi. Oltre alla partecipazione dei seminaristi ai vari momenti organizzati dalla diocesi (tre giorni, esercizi spirituali e campi scuola) i momenti fondamentali sono quattro: l’itinerario di preghiera, con i suoi cinque incontri annuali in Seminario; il Pellegrinaggio del Buon Pastore nelle parrocchie della diocesi, gli incontri nei gruppi parrocchiali che lo chiedono e lo scambio di visite con alcune classi delle scuole medie superiori: i seminaristi infatti intervengono a scuola durante la lezione di religione e qualche classe ricambia la visita venendo a Fiesole per un incontro in Seminario. Importante è anche per i giovanissimi la visita che molti gruppi di cresimandi fanno al nostro seminario unendo l’incontro col Vescovo ad una visita della nostra Comunità. Da queste occasioni nascono poi rapporti personale che sono mantenuti dai singoli seminaristi come da noi formatori».E come stanno andando queste iniziative?«Siamo molto contenti e direi anche sorpresi. In particolare con riguardo agli incontri di preghiera in seminario: dopo un’ottima e costante partecipazione nello scorso anno, al primo appuntamento di quest’anno sono arrivati circa 150 giovani dai 18 ai 35 anni, da tutti vicariati della diocesi. Tale alta risposta mostra come i giovani abbiano un forte desiderio di spiritualità, la necessità di sentirsi accolti e di vivere un’esperienza di condivisione. Nello stesso tempo sembra anche che il Seminario sia percepito da loro come un luogo significativo di riferimento. Tutto questo ci consola e responsabilizza insieme: in un momento in cui avvicinare i giovani e proporre loro dei cammini di fede resta una sfida per tutta la Chiesa, non possiamo non cogliere con gioia ed impegno, questa grande opportunità per cercare di comunicare loro il Vangelo».Perché un giovane dovrebbe pensare alla vocazione sacerdotale?«Ritengo innanziitutto che sarebbe indispensabile che un giovane pensasse alla sua vita come vocazione, qualunque essa sia, cioè cogliesse la sua vita come dono dell’amore di Dio da ricambiare con altrettanto amore. Se questo manca è difficile compiere la scelta di incamminarsi verso il sacerdozio, se non per altri motivi che renderanno però tale scelta molto debole. In una cultura come la nostra che fa credere di essere padroni della propria vita e fa dell’autodeterminazione il criterio unico di ogni decisione è comprensibile la crisi delle vocazioni. La logica proposta dal Vangelo è all’opposto quella di chi accoglie ed offre la vita come dono, e per farlo si mette in ascolto della Parola, non da solo ma con l’aiuto di qualcuno. Un giovane perciò dovrebbe pensare al Sacerdozio unicamente come riposta d’amore e per amore, consapevole che solo così, se chiamato a questa vocazione, può realizzare pienamente se stesso e la sua vita. Certo questo impegna anche noi sacerdoti a mostrare con la nostra esistenza che essere preti, innamorati di Dio al servizio delle persone, è bello e sensato: anche se all’apparenza il mondo sembra sempre più disinteressato alla fede, in realtà vi è un bisogno profondo di amore e di speranza, che solo Dio può colmare e che il sacerdote col suo ministero può offrire.A questo punto diventa davvero importante la giornata del seminario?«Certamente. Essa infatti oltre ad essere un sostegno spirituale e materiale per il Seminario, dovrebbe essere anche l’occasione per le nostre comunità di rimettere a fuoco la prospettiva vocazionale della vita e di riproporre la vocazione al sacerdozio. Inoltre è una giornata importante perché il Seminario è una realtà diocesana di cui tutti dobbiamo sentirci corresponsabili. Devo dire che percorrendo la diocesi con l’icona del Buon Pastore ho potuto constatare come ciò sia già vero per i tanti segni di affetto ed attenzione che riceviamo dai parroci e da tutti i fedeli».