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Giornata mondiale del malato. Padre Bebber (Aris): “Vogliamo poter curare tutti, senza distinzioni e nel migliore dei modi”
Assolutamente necessario “investire in sanità, ma nell’allocazione delle risorse non va dimenticata, come troppo spesso succede, la sanità privata accreditata”. Parla padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris, commentando il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale del malato. E ora, avverte, in questa pandemia che sembra non avere fine, “dobbiamo ritrovare noi stessi come uomini e donne, ma anche come cristiani e figli di Dio”
Dire “no” alla cultura dello scarto prendendosi cura delle persone più fragili; curare sempre, anche quando non è possibile la guarigione; riconoscere e valorizzare il ruolo della sanità privata accreditata. Sono alcune delle priorità indicate da padre Virginio Bebber, presidente dell’ Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) e amministratore delegato della Fondazione Opera San Camillo, al quale abbiamo chiesto quali sollecitazioni arrivino dal Messaggio di Papa Francesco per la XXIX Giornata mondiale del malato che come di consueto ricorre l’11 febbraio, memoria liturgica della Madonna di Lourdes, sul tema “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. La relazione di fiducia alla base della cura dei malati”. All’Aris aderiscono complessivamente 259 strutture sanitarie e socio-sanitarie, tra cui 26 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) e 17 ospedali classificati. L’Opera San Camillo comprende 15 strutture tra Piemonte, Lombardia e Liguria.
“Nel Messaggio – esordisce p. Bebber – il Papa riprende molti temi trattati nell’enciclica ‘Fratelli tutti’. Centrale il concetto di fratellanza, del prendersi cura, come il buon Samaritano che sente ‘prossimo’ l’uomo aggredito dai briganti e, senza preoccuparsi di chi sia e da dove venga, si ferma e lo soccorre. Mi fa venire in mente quanto affermato dalla Cei in un documento di alcuni anni fa, sulla necessità che le comunità cristiane si prendano cura dei sofferenti e dei malati diventando ‘comunità sananti’. Ed è la parrocchia ad avere, in questo senso, un ruolo del tutto particolare esprimendo la propria vocazione cristiana attraverso una testimonianza di servizio ai più fragili. Un prendersi cura che è un passo avanti rispetto al curare puro e semplice: è un guardare negli occhi chi ho davanti e dirgli ‘non sei solo, ti prendo per mano’”.
Il Papa sottolinea inoltre l’importanza di investire risorse nella cura e nell’assistenza. I fondi destinati nel Recovery Plan alla sanità – quasi 20 miliardi – potrebbero aprire un nuovo spiraglio?
“Non solo è importante investire in sanità, direi che è assolutamente necessario. Soprattutto alla luce dei tagli sconsiderati di un passato recente, una delle cause principali delle difficoltà incontrate in questa tragica occasione. Sarebbe però un errore se nell’allocazione di queste risorse venisse dimenticata, come troppo spesso accade, la sanità privata accreditata, privilegiando soltanto il pubblico.Io parlo in particolare delle nostre strutture associate, istituti gestiti da enti e congregazioni religiosi “no profit”, alle cui basi non ci sono dividendi di ricavi ma espressioni della Chiesa in sanità. In questi ultimi mesi abbiamo dato testimonianza dei nostri carismi mettendoci umilmente a disposizione. Non abbiamo ricevuto ringraziamenti, anzi siamo stati praticamente dimenticati anche nella questione “ristori”. Siamo comunque fieri del coraggio e dell’umanità dimostrata dai nostri collaboratori medici e paramedici.