Firenze
Giornata Missionaria: domenica nella basilica di San Marco mercatino di prodotti dal Guatemala
Non c’è sito missionario che non parli delle attività, dei progetti, delle realizzazioni portate verso popolazioni, territori e nazioni. Infinite sono le Associazioni che operano in «Missione» come Enti di sostegno caritativo, solidale, amichevole, in fraternità. Se andiamo indietro a quando iniziarono realmente le missioni leggiamo che erano sorte per «salvare» le genti che non conoscevano il Cristo, così erano quasi crociate che avevano come scopo la predicazione, la evangelizzazione e il battesimo cristiano dei popoli di religioni e fedi diverse. Un concetto di missione insomma molto cambiato nel tempo: da una forzata conversione a un inculturazione a un dialogo a una collaborazione tra i popoli.
Anch’io mi occupo di una Associazione che opera per le missioni: «Amici del Guatemala» che se leggete il sito web: www.amiciguatemala.org è impegnata proprio a sostegno di una vasta popolazione del Petén-Guatemala, che è cristiana ma poverissima e necessita di aiuti finanziari non solo per vivere, ma anche per praticare e professare la propria fede. Infatti fame e malattie sollecitano e tentano spesso verso strade «poco cristiane» pur di sfuggire al morso della responsabilità e della disperazione.
E frequentando il popolo del Guatemala mi sono accorto che le cose non stanno proprio come si dicono. La povertà ha una sua voce, ha un suo volto, ha una vita che è missionaria di per sé. Direi che il povero, i poveri sono essi i veri missionari del vangelo, della vita, dei valori dell’esistenza. Azzarderei di più, l’uomo senza Dio è missionario più che il fervente fedele.
Avete mai guardato i poveri negli occhi? Avete perso il tempo a fluttuare negli occhi di bambini denutriti e affamati? Avete lasciato che lo sguardo del disperato vi aprisse una breccia sull’abisso della solitudine e del non senso?
La nudità delle cose è la condizione prima per conoscerle, impossibile conoscere cose coperte. Gli occhi, dice Gesù, sono le porte di ciò che il corpo copre: l’anima! Ma guarda caso l’anima non si vede, ma è lei che ti guarda… gli occhi dei bambini non si vedono, perché sono essi a guardarti. E quando quegli occhietti ti guardano capisci il senso dell’umanità e della vita, perché lì l’umanità è ancora allo stato puro, nuda, e ti rimprovera quello che tu non sei più e di quanto hai perso nei sentieri di una vita distratta ed esteriore.
Arrivi nel villaggio e la gente viene a salutarti e ti guarda e ti osserva. Tu pensi: vedi come sono grati per tutto il bene e i beni che gli portiamo, per la solidarietà e le buone parole? Ma non è così: ti stanno «missionarizzando» perché tu capisci che hai bisogno di loro per essere richiamato a una povertà che non hai più, a una umanità che hai perso, a quella vita che soffochi in te proprio con tutti quei beni che porti a loro. È vero ne hanno bisogno, ma comprendi che non ne sono schiavi.
I bambini ti guardano da dentro pochi stracci, ti guardano da un corpicino fragile e stentato, ma quello che fuoriesce dai loro occhi è la forza dirompente della vita, di quella umanità che esalta la sua vitalità proprio quando vengono a mancare tutte quelle cose che riteniamo necessarie per vivere.
A questo punto il missionario è missionarizzato ed è capace di affrontare sguardi non solo buoni e semplici, ma anche duri e cattivi di coloro che la vita ha ridotto in macerie. È vero, i poveri non sono solo quelli che non hanno soldi, ma anche quelli che non hanno più umanità, speranza, amore. Non c’è niente di più povero che lo sguardo dell’odio, degli occhi che ti disprezzano, del cuore cattivo… ne hai paura, certo! Ma se sai aspettare ne senti il messaggio di fondo: tu che credi nell’amore perché non ami? Tu che credi nel bene, perché non lo pratichi? Tu che possiedi Dio, perché non lo vivi?
Da qui i missionari traggono coscienza, forza, coraggio perché il senzadio ti ha fatto capire che il Dio che possiedi non è tuo, e i beni che hai non sono tuoi ma di tutti quei fratelli con i quali vivi e condividi la fatica di esistere e che hanno dentro l’anelito di un Dio che bramano ma che sfugge loro.
La missione è farsi missionarizzare alla vita, alla fede, alla comunione con gli altri. Tornare dalla missione è come aver ricevuto delle dritte su come vedere il mondo, le gente che hai intorno e frequenti, gli spazi che occupi e usi con un senso nuovo e diverso umanamente più denso e vitale.
La missione o meglio i popoli delle missioni sono quell’umanità che si rapporta al resto del mondo come la Sindone rispetto al fotografo: quando vai a fotografarla ti accorgi che è già una fotografia sebbene per negativo. In quel negativo c’è la vera immagine dell’uomo: povero, sofferente, abbandonato, vessato… questa è l’umanità che rimane quando la vita viene schiacciata dall’odio, dal razzismo, dal potere, dall’egoismo. Ma è da quel torchio che esce il buon vino della futura umanità.
Associazione: «Onlus – Amici del Guatemala», P.za Madre Teresa di Calcutta, 1 – 53100 Siena – Tel. 3284097118 –