Toscana
Giornata disabilità: Andrea, un progetto per superare l’autismo
La storia del ventiseienne di Terranuova Bracciolini (Arezzo) che, dopo la morte dei genitori avvenuta un anno fa, è stato inserito in un percorso di sostegno dove è trattato da protagonista capace di autodeterminazione
Poter essere registi della propria vita, artefici delle proprie scelte, educati a riconoscere i propri desideri e messi nelle condizioni per poterli rendere realtà. Come tutti, nonostante la disabilità, qualsiasi essa sia. È la sfida lanciata dalla Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità nel 2006 e ratificata dall’Italia nel 2009. Un cambio di paradigma nei confronti di chi un tempo riceveva attenzione solo dal punto di vista medico che chiama in causa tutti, dall’assistente sociale alla cassiera del supermercato. Ci parla di questo, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, promossa dall’Onu per oggi, 3 dicembre, la storia di Andrea, ragazzo di 26 anni di Terranuova Bracciolini (provincia di Arezzo) con un disturbo dello spettro autistico e disturbo oppositivo provocatorio.
Era il 9 maggio del 2023. Tornava in macchina con i propri genitori da un centro diurno di Arezzo quando improvvisamente una porsche che viaggiava in direzione opposta perse il controllo e li investì. Il babbo morì poco dopo, la mamma il giorno dopo in ospedale. Andrea rimane illeso. Per lui, dopo qualche giorno in ospedale per far fronte allo stato di shock, si provvide temporaneamente al collocamento in un istituto di Arezzo. Nel frattempo partì il lavoro dell’assistente sociale per chiedere al giudice competente la nomina di un amministratore di sostegno in tempi record, arrivata in pochi giorni. Da questo momento a fare la differenza fu la formazione dell’assistente sociale, che ad Andrea chiese: «Tu cosa vuoi fare? Vuoi vivere in questa struttura?». «Assolutamente no – la risposta -. Voglio tornare a casa». Si riunirono allora amministratore di sostegno, assistente sociale, fondazione «Riconoscersi» e Aps «La tartaruga» per creare un progetto di vita.
«Io e l’assistente sociale di Andrea – ci spiega Angela Maggi, psicologa, presidente de “La tartaruga” e incaricata di supervisionare il progetto di vita di Andrea – siamo molto dentro alla cultura dei diritti delle persone con disabilità. “Riconoscersi”, fondazione di partecipazione al sostegno delle persone con disabilità e dei loro familiari, collabora con i servizi pubblici e il Terzo settore per far conoscere la cultura dei diritti e di una comunità inclusiva, dove ognuno può scegliere per la propria vita con pari opportunità e piena autodeterminazione». È in quel contesto che «entrambe siamo state formate, grazie a una collaborazione tra la Fondazione e il Centro studi per i diritti e la vita indipendente dell’Università di Torino», racconta Maggi. L’associazione «La tartaruga», poi, «è il braccio operativo – spiega la presidente -: fornisce psicologi ed educatori per mandare avanti i progetti di vita».
Così per Andrea vengono trovati due assistenti alla persona, che permettono il suo rientro a casa e, intanto, «lui stesso ha assunto un ruolo di regia sulle scelte da prendere – racconta la psicologa -. Abbiamo sviluppato il progetto di vita attraverso il modello della coprogettazione capacitante, il cui obiettivo primario è far sì che a determinarlo non sia l’operatore, l’amministratore di sostegno o la famiglia, ma Andrea. Secondo la nuova visione i servizi non devono offrire come in un menù ciò che possono dare, ma le persone, lavorando con chi ha una disabilità, conoscono i loro desideri e fanno di tutto per realizzare le condizioni necessarie perché la persona possa realizzare quello che sta chiedendo». «Non è da modificare Andrea – sottolinea Angela Maggi – ma l’ambiente». La vita sua allora è ripresa con la partecipazione a progetti sull’autonomia, alcune giornate in un centro diurno, corsi di nuoto, musica, ginnastica posturale, un laboratorio di ceramica, una prova nel calcio sociale.
Nulla è a caso: «Chiese lui di frequentare un corso di ceramica l’anno scorso, poi ha deciso di interromperlo e adesso non ci va più; con il calcio sociale per ora abbiamo fatto un tentativo, sceglierà poi se continuare o meno», ci dice la psicologa. Fare tante esperienze, come per tutti, «è importante perché così possiamo capire davvero cosa vogliamo. Il processo decisionale è qualcosa che si impara a compiere perché qualcuno piano piano ce lo propone. Spesso accade che sia la famiglia o l’operatore a scegliere per chi ha una disabilità, mentre qualsiasi persona, anche con elevatissimi bisogni di supporto, ha comunque il diritto, che è un diritto umano, di autodeterminarsi», prosegue Maggi. E anche in Andrea i passi avanti piano piano si sono visti: «Prima davanti alla vetrina di un bar poteva stare 40 minuti senza scegliere cosa voleva. Adesso entra e sa dire al barista quello che vuole». E anche l’autonomia cresce: «Si lava da solo, si rade da solo, apparecchia e sparecchia con il solo comando verbale dell’operatore. Prima veniva lavato e assistito in tutto come un bambino».
«In più – spiega Maggi – ci siamo impegnati a formare contesti: al supermercato, in farmacia, nei bar e alle tante persone che a Terranuova conoscono Andrea abbiamo spiegato che devono esigere da lui un comportamento consono al luogo in cui si trova». Anche da qui passa l’educazione della persona. «A volte invece tanto pietismo di fronte alla disabilità non aiuta: per questo ci vuole formazione. Spesso la stessa correzione se arriva dall’operatore non ha la stessa efficacia di quella della cassiera o della farmacista». È così che «una comunità diventa supportiva» afferma.
In un periodo come questo di elaborazione del lutto poi «quello che abbiamo fatto è stato esserci: abbracciarlo nei momenti in cui ci dice che gli mancano la mamma e il babbo, renderci più prevedibili possibile. Un anno prima dell’incidente perse anche uno zio a cui era molto legato. Penso che adesso veda il mondo come un luogo dove da un momento all’altro una persona cara può esserci oppure no – racconta Maggi -. Ultimamente poi è emerso che appena Andrea entra in casa mette in atto una serie di comportamenti disfunzionali, anche in situazioni in cui abbiamo la certezza che è tranquillo». «Mi dici cosa succede?» gli è stato chiesto allora. «Io qui non ci sto più bene» risposta. L’equipe che segue il suo progetto si è messa al lavoro allora per cercare un’altra casa a Terranuova, «perché ha detto lui che voleva fosse lì. E sarà lui a scegliere anche cosa portarci e cosa lasciare, cosa ricomprare e cosa riutilizzare», conclude la psicologa.
«È una casa grande», ci dice Andrea. Lì, tra le varie occupazioni che ama, potrà «giocare con un gioco per il telefono di Herry Potter», ci spiega. Tra ciò che gli piace fare poi c’è anche «andare fuori a mangiare». «Ordino la pizza con il salamino piccante – racconta – e a volte in un altro ristorante le pappardelle al ragù di cinghiale e la bistecca». Per il cibo preferito da mangiare a casa invece si va sul semplice: «La pasta con l’olio». Chissà poi che per Natale non arrivi il tanto atteso «gioco di X-Men», da scartare con le persone a cui vuole bene: «Mario e Luigi, che vivono con me» racconta.