Cultura & Società
Giornata delle comunicazioni sociali, facciamo nostro l’invito di Papa Francesco ad ascoltare
Una scelta che il papa stesso motiva (“Stiamo perdendo la capacità di ascoltare chi abbiamo difronte, sia nella trama normale dei rapporti quotidiani, sia nei dibattiti sui più importanti argomenti del vivere civile”) e che assume un rilievo ulteriore tenuto conto di quanto siamo chiamati a vivere come comunità e come singoli nel percorso sinodale in cui sono impegnate le Chiese del nostro Paese e che ci vede in ascolto di quanto lo Spirito ci dice ma anche dei nostri fratelli.
Quando però ci accingiamo ad ascoltare ci troviamo dinanzi ad un controsenso apparentemente insormontabile.
Il “mettersi in ascolto” sembrerebbe abbastanza semplice in un tempo come l’attuale in cui, attraverso i social, il frastuono delle parole riempie ogni momento della nostra esistenza: ormai basta il più semplice smartphone per proporre in ogni istante “una vita in diretta” con una copertura a 360 gradi, 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno.
E così saremmo portati quasi a credere che non vi sia nullo di nuovo da ascoltare e di inedito da raccontare!
Da comunicatori che nella propria professione hanno come riferimento la Parola (quella con la P maiuscola) l’ascolto a cui siamo chiamati è, però, un qualcosa di profondamente diverso: un atteggiamento che ha come presupposto una relazione personale caratterizzata da un silenzio rispettoso (ma carico di attesa) verso quanto l’altro ha da dire e come conseguenza l’accettare di lasciarsi penetrare e cambiare dalle sue parole, dalla sua storia.
“L’ascoltare – ci dice papa Francesco – è dunque il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare”.
Francesco ci evidenzia il rapporto che deve sempre esserci fra ascoltatore ed ascoltato. Un rapporto dialogico caratterizzato da quello che, in termini giuridici, si definisce “legame sinallagmatico”: perché l’ascolto non si riduca a duologo (un neologismo che il Papa usa per indicare un monologo a due voci) è necessario che questo legame esista “che l’io ed il tu siano entrambi in uscita, protesi, l’uno verso l’altro”.
Il papa ci offre un atteggiamento fondamentale per approcciarsi all’ascolto: “Solo lo stupore permette la conoscenza. Penso alla curiosità del bambino che guarda al mondo circostante con gli occhi sgranati. Ascoltare con questa disposizione d’animo – lo stupore del bambino nella consapevolezza di un adulto – è sempre un arricchimento perché ci sarà sempre una cosa, pur minima, che potrò apprendere dall’altro e metterlo a frutto nella mia vita”.
È un passaggio che può cambiare la nostra prospettiva di come viviamo il giornalismo e la comunicazione: raccontare sapendo che quello che ho ascoltato e che racconterò non mi lascerà indifferente.
Il “lasciarsi penetrare” dalla storia dell’altro non è proprio scontato.
Ce ne rendiamo conto se pensiamo all’indifferenza verso tutti coloro che ogni giorno – anche sui nostri massmedia – trattiamo da “invisibili” ed a cui non siamo capaci di riconoscere nemmeno la dignità del diritto di parola riducendoli ad un’impersonale categorizzazione: gli stranieri, gli immigrati, i poveri, i detenuti…
Tutte persone con cui abbiamo un debito di ascolto considerevole!
Essere uomini di comunicazione significa – ancora di più oggi, in questo tempo di pandemia – esercitare il ministero dell’ascolto facendo emergere sulla carta e sul web le tante storie di quotidiana speranza che hanno come protagonisti gli uomini e le donne che vivono nel nostro territorio perché la loro testimonianza divenga davvero esperienza condivisa e narrazione sinodale.
Se facciamo nostre le parole del Papa – particolarmente “in questo tempo ferito dalla lunga pandemia” ed offeso dalla violenza della guerra – allora davvero potremo donare proficuamente la nostra diakonia informativa a chi chiede di essere ascoltato per donarci la storia della sua vita.
*presidente Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici)