Vita Chiesa
Giorgio La Pira dichiarato Venerabile da Papa Francesco. Il postulatore della causa: «Un mistico prestato alla politica»
Il Postulatore dei Domenicani, padre Gianni Festa, ha seguito negli ultimi anni la Causa di beatificazione di Giorgio La Pira. Per lui la firma del Decreto da parte del Papa significa un passaggio importante, a coronamento di un lungo percorso.
Di Giorgio La Pira è stato detto e scritto molto. Dal lungo lavoro della causa di beatificazione, di cui lei ha seguito l’ultima parte, è possibile sintetizzare in poche parole quale immagine emerge? Quali sono gli aspetti principali che caratterizzano la sua personalità?
«Risulta, naturalmente, assai difficile riassumere in poche righe la ricchezza vitale, spirituale e intellettuale di Giorgio La Pira. Personalmente, l’immagine che mi sembra quasi imporsi da sé a considerazioni di giudizio, dopo un’attenta lettura di tutta la documentazione in mio possesso, raccolta appunto in occasione del processo di beatificazione, è quella di un cristiano dalla fede dirompente, posseduto da una straordinaria speranza in Dio e nella bontà del prossimo e pervaso da una sconfinata carità cristomimetica nei confronti di tutti coloro che ha incontrato lungo il tragitto della sua vita. Mi sono fatto, interiormente, l’immagine del Servo di Dio come quella di un cristiano delle prime generazioni, alla Diogneto.
Don Giuseppe Dossetti, suo grande amico e sodale, prendendo spunto da due versetti della Lettera ai Filippesi: «La nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche come Salvatore il Signore Gesù Cristo, che trasformerà il corpo della nostra miseria rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che Egli ha di sottomettere a sé ogni cosa» (Fil 3,20-21, diceva che La Pira era “un cristiano dalle molte cittadinanze”: da quella dell’Italia della sua gioventù a quella universale della sua maturità. In ciascuna di esse seppe muoversi come un autentico discepolo di Cristo che dimostra la sua identità nel servire e non nell’essere servito (cfr. Mt 20,28); reiterando, dunque, i gesti del Cristo a tutti i livelli, come cittadino di Firenze, d’Italia, d’Europa, dell’area mediterranea e infine del mondo intero. Di tutte queste “cittadinanze” assunse solo «gli oneri, le fatiche, le pene, e il grande dolore universale: e non esercitò nessun diritto, se non quello di annunziare a tutti i livelli che Cristo è risorto, e il suo corpo e il suo spirito — lo si sappia o non lo si sappia, lo si ammetta o lo si neghi — vivifica e attira a sé e perciò costringe, pur nel rispetto della libertà umana, ogni uomo, ogni comunità, ogni nazione, tutti gli stati, il cosmo intero, a comporsi nell’unità».
Egli si senti totalmente realizzato vivendo la vita di Gesù innanzitutto nel suo cuore, vivendo fedelmente in rapporto alla Verità che ci viene data soltanto dal Cristo, e immergendosi nell’azione esterna, collaborava così all’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa come il popolo di Dio: la Pira fu un autentico mistico imprestato alla politica».
Il processo ha visto, nelle varie fasi, l’esame di una mole immensa di scritti e l’audizione di numerosi testimoni. Senza svelare niente che debba restare segreto, ci sono state scoperte che hanno portato in luce tratti meno conosciuti o inaspettati rispetto a quello che già si conosceva?
«È sempre delicato parlare di aspetti inediti o poco conosciuti, perché si rischia di entrare nel sacro ambito della coscienza. Durante le fasi dell’inchiesta diocesana, sono emersi diversi aspetti e caratteristiche, diciamo “privati” della sua personalità, grazie alla testimonianza di persone che lo hanno conosciuto e che sono state chiamate, per questo, a deporre davanti Tribunale. Soprattutto le testimonianze fiorentine. Dalla lettura delle escussioni si può evincere, per esempio, come il Servo di Dio fosse pienamente convinto che l’umanità è guidata dalla Provvidenza, e che in ogni evento, piccolo o grande, epico o umile, cercasse, con spirito di ispirato scrutatore, di discernere sempre i segni della presenza divina. Nella sua vita Dio aveva il primato su tutto perché è solo Lui – era solito dire il Servo di Dio – che gli poteva garantire la piena libertà e che lo aveva provvidenzialmente «condotto ad una ferma detestazione del peccato». La sua identità di “povero cristiano”, un’identità, direi, francescanamente percepita, si manifestava concretamente nella sua povertà effettiva: il Servo di Dio lungo tutta la sua vita è stato sempre lontano dall’attrazione per i beni materiali e mondani. Risulta, infatti, da innumerevoli testimonianze come si limitasse alla gestione di poche cose personali necessarie, e si diceva, addirittura, che “non possedesse praticamente nulla” e facesse di tutto per rinunziare a tutto quanto fosse “superfluo”, in modo da poter avere qualcosa in più da dare ai bisognosi. Vengono in mente le parole di Gesù: “Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano” (Mt 16,9). Inoltre, mi ha colpito tantissimo, scorrendo i testi delle escussioni, lo straordinario spirito di preghiera e di adorazione, vera colonna portante di ogni sua azione, proposta politica, attività sociale, ardore locutorio: gli episodi raccontati dai testimoni a prova di questo sono davvero così numerosi da poter riempire un robusto “eserciziario” di pietà, come dicevano i grandi spirituali del Medioevo».
Il ricordo di La Pira, a quarant’anni dalla morte, è ancora vivo, e sono molti anche i giovani che si avvicinano a questa figura restandone affascinati. Quali sono gli elementi del messaggio lapiriano che continuano ad attrarre le persone?
«Quando penso a La Pira, devo confessare, avverto dentro di me un profondo sconforto. Sconforto e inquietudine perché mi giro attorno e non vedo più, nel panorama attuale, nel nostro Paese e nel mondo, uomini così disinteressatamente dediti al servizio politico, sociale e culturale come lo fu il nostro Servo di Dio. Forse mi sbaglio: ci saranno anche, ma non se ne sente parlare. Al tavolo della Costituente sedettero alcuni grandi intellettuali che erano stati, nella FUCI, discepoli di un grande papa e santo: Paolo VI. Questi discepoli erano La Pira, Fanfani, Dossetti che contribuirono con la loro intelligenza ispirata e con la loro robusta preparazione a scrivere quella che è una delle più belle Carte Costituzionali. La Pira, oggi, credo attiri soprattutto per il suo profilo di autentico cristiano che offre sé stesso per l’edificazione del bene comune e per l’eliminazione di tutto ciò che osteggia o distrugge la pace e la solidarietà. Sono i grandi valori che hanno ispirato il suo pensiero e la sua azione a poter illuminare, ai giorni nostri, questa specie di notte che stiamo attraversando: la pace, la comunione tra i popoli, la costruzione di ponti che possono unire e non barriere che dividono, la predilezione per i piccoli e i poveri, la parresìa nello stanare e denunciare il male, ovunque si annidi, ovunque si nasconda. Questo, credo, oggi attira coloro che desiderano conoscere il Servo di Dio. Ricordava il card. Bassetti in un suo recente intervento una frase che La Pira usava spesso ripetere quando gli si chiedeva di ciò che la gente, il popolo aveva bisogno: “il pane e la grazia.”»
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