Vita Chiesa
Giordania: mons. Shomali accolto come nuovo vicario del Patriarcato latino di Gerusalemme
Alla celebrazione, nella chiesa Maria di Nazareth di Sweifieh, Amman, hanno assistito l’Amministratore Apostolico, monsignor Pierbattista Pizzaballa, il Patriarca emerito di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal e i vescovi monsignor Maroun Lahham, monsignor Salim Sayegh e monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo.
Nel corso dell’omelia, secondo quanto riferito dal Patriarcato latino, davanti a sacerdoti, religiosi e fedeli, mons. Shomali dopo aver ringraziato il suo predecessore, mons. Maroun Lahham, per i cinque ultimi anni come vicario patriarcale per la Giordania, ha sottolineato le «tre missioni» cui sono chiamati i vescovi e i sacerdoti: l’evangelizzazione, la santificazione e la pastorale come servizio di carità e di compassione verso le persone e le famiglie. Il nuovo vicario per la Giordania ha anche rivolto un invito a una più stretta collaborazione e a una comunione sempre più grande con le altre Chiese, ortodosse, armene ed evangeliche, sottolineando la necessità di lavorare insieme, su scala locale. Dal vescovo è giunto anche l’appello a pregare per la pace in Palestina, in Siria, in Iraq oltre che per la prosperità della Giordania.
In un’intervista pubblicata sul sito del Patriarcato, mons. Shomali nei giorni scorsi aveva messo a fuoco alcune delle sfide e delle difficoltà che lo attendono per questo nuovo incarico. «Le difficoltà – ha detto – derivano dalla costruzione e dalla gestione della nuova Università di Madaba. Il Patriarcato ha accumulato dei debiti consistenti, con implicazioni giudiziarie. Ci auguriamo di concludere questa vicenda, nella trasparenza della giustizia e della carità. Questo problema ha creato anche divisioni nel seno del popolo di Dio, divisioni che bisognerà curare. Un altro grosso problema: i due milioni di rifugiati siriani e iracheni arrivati in Giordania che, in gran numero, accogliamo nelle nostre scuole e nelle nostre parrocchie. Bisogna aiutarli a costruire il loro futuro con speranza nonostante il contesto regionale e locale. Al tema dei rifugiati, si aggiunge quello del dialogo ecumenico tra le Chiese e interreligioso tra i popoli, in modo speciale quello della vita insieme ai musulmani. Al momento, la convivenza c’è ma lo stesso non dobbiamo stancarci di farla crescere».