Italia
Gioco d’azzardo, “servono misure più rigide”
Le associazioni sono contro la bozza del governo sul riordino del settore e chiedono restrizioni maggiori

Servono misure più restrittive e maggior prevenzione, non maglie più «larghe» per avvicinare al gioco. È questo il pensiero che tante associazioni toscane esprimono riguardo il contenuto della bozza di decreto legislativo sul riordino del settore del gioco d’azzardo fisico.
A tal proposito, gli enti impegnati nel contrasto alle dipendenze tra cui quella del gioco esprimono diverse critiche su alcun punti della legge come ad esempio la revisione delle distanze di sicurezza dei punti gioco certificati dai luoghi sensibili, la mancata riduzione del numero delle sale da gioco e l’introduzione di fasce orarie differenziate di apertura al pubblico per gli esercizi certificati e quelli non certificati. «Chiaramente questa proposta di legge continua un’azione che questo governo, come anche quelli precedenti, stanno facendo: non creare nessun contrasto alla diffusione dell’azzardo e porre attenzione all’entità degli incassi – commenta don Armando Zappolini, portavoce nazionale di “Mettiamoci in Gioco”, la campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo – Per il 2024 si stima una raccolta dal gioco di circa 160 miliardi di euro, numeri che ci indicano quanto questo fenomeno sia devastante nella popolazione. Alcuni mesi fa in audizione alla Commissione finanze del Senato feci espressamente presente che questi soldi hanno il sangue della gente sopra. Credo quindi si tratti di un’altra occasione persa per dare una svolta e creare una legge quadro che abbia come riferimento prioritario non i soldi ma la tutela delle persone, soprattutto le più fragili. Di fatto chi vive una situazione di precarietà economica e sociale è più sottoposto a ricercare nell’azzardo una possibile soluzione ai suoi problemi. A Ponsacco, la mia parrocchia, nel 2020 si è registrata una raccolta dal gioco di circa 16 milioni di euro, parliamo di un paese di 16mila abitanti, cifra salita a 32 milioni nel 2023. Questo è significativo».
«C’è bisogno di prendere coscienza del problema – dichiara don Andrea Bigalli, referente di Libera Toscana. Quest’idea che tutto sommato per realizzare fondi per l’erario vada bene tutto è estremamente pericolosa. Il gioco è indubbiamente una libertà personale, ma viene da chiedersi se sia etico che lo Stato, in qualche modo, possa accettare di fare soldi in questa maniera tenendo conto che, soprattutto tra i più giovani, può rivelarsi una libertà condizionata da una possibile patologia». Sulla questione Libera Toscana da tempo porta avanti una serie di attività di sensibilizzazione e di formazione presso le scuole, cercando di fornire a studenti e insegnanti i giusti strumenti per aver consapevolezza sul tema. «Come su molte altre questioni, sono i soggetti più poveri che poi rimangono coinvolti – prosegue don Bigalli – Senza poi parlare del mondo fuori controllo delle scommesse online, un settore in cui i giovani diventeranno ancora più fragili dato l’immediato accesso».
A prendere posizione sul tema è anche la Spi Cgil di Firenze che indica come in Italia ogni cittadino in media in un anno spenda 1300 euro per il gioco d’azzardo. «A Calenzano ogni cittadino spende oltre 4mila euro l’anno, raggiungendo la più alta cifra della Provincia di Firenze» commentano dal sindacato, spiegando come le norme del decreto potrebbero produrre «risultati devastanti». Da qui l’appello a tutto il mondo delle associazioni e ai sindaci della Regione, esprimendo alcune specifiche preoccupazioni sulla bozza di legge come sulla distinzione tra punti gioco certificati e non, la possibile eliminazione o riduzione della distanza di tali punti da luoghi sensibili, il superamento delle ordinanze sindacali sulla riduzione degli orari di apertura a tutela della salute pubblica (05-08,30 e 13-15 per gli esercizi certificati; 05-09 e 13-16 per i non certificati) e, infine, «nessun provvedimento sulla pericolosità dei giochi, cosi come non ci sono provvedimenti per quei giochi d’azzardo che risultano più facilmente infiltrabili dalla criminalità organizzata».
Se il quadro è già critico, c’è chi come Acli da tempo porta avanti un’attività di «deslottizzazione». «Sostanzialmente siamo riusciti a togliere le slot dai circoli della Toscana – spiega Sara Pampana, presidente di Acli Toscana – In questo momento siamo a circa il 97 – 98% di locali senza slot, rimane un 2-3% che pian piano stiamo inserendo in questi percorsi. Tra le province già deslottizzate c’è quella di Prato che negli ultimi dati del portale Agorà risultava essere una delle aree con più alta spesa procapite per l’azzardo, quasi 3mila euro». Dall’altra parte se Acli lavora per togliere le macchinette, allo stesso tempo è impegnata nel promuovere attività di “gioco buono”, cioè momenti di condivisione attraverso giochi di ruolo e da tavolo, a cui si aggiungono attività di prevenzione e sensibilizzazione. «È evidente che sul tema c’è una profonda contraddizione di fondo – prosegue Pampana – lo stesso Stato che da una parte ha degli incassi sul gioco, dall’altra deve farsi carico di quelle persone che poi sviluppano delle situazioni patologiche. Se non si regolamenta in maniera più restrittiva, questi costi sanitari si scaricheranno su tutta la comunità a livello anche di “costi sociali”».
Un nodo che evidenzia anche Marzio Gavioli, referente toscano per l’Associazione Papa Giovanni XXIII. «Allargando le maglie delle limitazioni vigenti arriveranno a rendere ancora più semplice la disponibilità del gioco e, di conseguenza, di cadere in possibili dipendenze – commenta – Parlo di giovani, ma l’azzardo è un fenomeno trasversale che colpisce soprattutto quelle famiglie che vi vedono la possibilità di un possibile riscatto economico. Il problema è che, rispetto ad altre dipendenze il gioco d’azzardo è molto più subdolo. Per questo, facendo nostre le dichiarazioni del presidente nazionale Fadda, riteniamo che si debba mantenere alta l’attenzione sul tema attraverso prevenzione e campagne di sensibilizzazione. Forse sarebbe il caso che lo Stato avesse una minore entrata dal gioco che potrebbe significare un impatto sociale minore del fenomeno dell’azzardo e di tutte le spese conseguenti».