Prato

Gianna, l’odissea d’amore dell’assistenza domiciliare

La vita, per Gianna, ha schiacciato il pulsante «pausa» nell’aprile del 2005. È da allora che lei – oggi 58enne – insegnante di scienze al Dagomari è finita in stato vegetativo, dopo un arresto cardiaco che per un lunghissimo quarto d’ora, in una corsa fra il pronto soccorso e la rianimazione, le ha bloccato l’afflusso di sangue al cervello. Danni neurologici gravissimi, paralisi dal tronco in giù.Ma la storia di Gianna è il paradigma di una famiglia che ha scelto una via di assistenza, difficile e impervia: tenerla nella propria casa. Una scelta d’amore che, però, assomiglia sempre più a un’odissea, con troppo poco aiuto per un’assistenza che grava sulle spalle della famiglia con un costo esorbitante che oscilla fra i 3mila e i 3500 euro al mese. E il rischio, da un momento all’altro di non farcela più.Ti accoglie con il sorriso il marito di Gianna, Emilio Belcari nell’appartamento di Prato trasformato – le vedi subito le apparecchiature medicali, i distributori per le flebo, i boccioni dei nutrienti, i siringoni – in un nido dove Gianna è protetta e curata. «Solo un attimo che la mettiamo sulla sedia a rotelle: lo facciamo tutti i pomeriggi, per almeno quattro ore», spiega Emilio, mentre, con l’aiuto di un braccio meccanico, insieme alla figlia e a un’assistente sanitaria di una cooperativa, mandata dalla Asl, solleva Gianna dal letto per accomodarla sulla poltrona dove passerà il resto della serata. Un’operazione faticosa, vista l’immobilità di Gianna. Lo spostamento un po’ la infastidisce: Emilio ha ormai imparato a leggere quei battiti di palpebre in uno sguardo puntato lontano, l’unico modo con cui ormai la moglie comunica con il mondo. Il tempo è scandito come una liturgia: i farmaci, i boccioni, l’igiene personale. Tutto ha i suoi ritmi ormai consolidati.Emilio è con la figlia, Agnese, una trentina d’anni, che vive in famiglia e fa la guida turistica a Firenze. Si accalora, Agnese: «C’è stato tanto clamore per il caso Englaro. E si dice che c’è libertà di assistenza a casa. Purtroppo, però, ci sono tante belle parole e non una mano concreta. Che libertà di scelta è, se la famiglia è lasciata a se stessa, con un malato che cambia completamente la vita, e non solo per il dolore, allucinante, che una situazione del genere comporta?». Agnese e il padre (rappresentante di commercio) hanno dei lavori che consentono loro di organizzare il proprio tempo. Emilio lavora al mattino e il pomeriggio è a casa, a totale disposizione della moglie. «Per un dipendente – spiega la figlia – sarebbe impossibile una situazione del genere. Le alternative? Strutture residenziali di cui abbiamo un’esperienza ignobile». «Dopo un passaggio in una orrenda residenza assistita a Firenze, poco tempo dopo che Gianna si è ammalata,– racconta il marito – l’abbiamo portata a Viareggio, in una bella struttura, dove è stata ristabilizzata in sei mesi. In una residenza, Gianna passerebbe il tempo a letto, con gravi problemi di decubito e di respirazione. A casa si rientra nel proprio ambiente, con gli odori, i rumori. E quel poco che si può muovere si muove». «Allo stesso tempo – riprende la figlia Agnese – si è da soli, in un mondo che non conosciamo».Dal punto di vista sanitario «La Asl – spiega Emilio – fa non poco. Mandandoci quattro volte al giorno del personale della Cooperativa Estate che ci aiuta per l’igiene». Restano, però, molte spese. Lo Stato corrisponde un assegno di accompagnamento di appena 480 euro che non arrivano a coprire spese almeno sei volte superiori. «C’è lo stipendio della badante, medicinali non passati, creme, la corrente per le apparecchiature e per il condizionatore: Gianna, infatti, richiede una temperatura costante sui 23-24 gradi», racconta Emilio. «Perché c’è un assegno di cura per i malati di Sla e niente per chi è in stato vegetativo?», si chiede Agnese.Sono almeno due anni che la famiglia Belcari bussa, rimbalzando da una porta all’altra: Comune, Regione, Società della salute. Con i rimpalli tipici della nostra burocrazia. Ci sono state le visite del Vescovo Simoni, dell’assessore Dante Mondanelli. C’è stato l’ordine del giorno promosso dal consigliere comunale Nicola Oliva, che è diventato amico personale della famiglia, e votato da maggioranza e opposizione, per far pressione sulla Regione e occuparsi di questo e altri casi simili.Per ora niente. La famiglia Belcari attende, con pazienza, forza d’animo e tanta dignità. «Alla fine quella di Gianna non è manco una malattia: è una forma di vita», conclude Emilio. «E allora mi chiedo: tenendola a casa non li facciamo risparmiare noi alla collettività almeno 100 euro al giorno? Possibile che questa collettività a Gianna non renda niente?».