70 anni fa, il 1 settembre del 1939, le forze armate della Germania invasero la Polonia. Ebbe l’inizio la seconda guerra mondiale. Ancora una volta ci rendiamo conto quanto profondamente le esperienze della guerra mondiale hanno penetrato la memoria delle persone e dei popoli. Alcune ferite ancora non si sono emarginate. Di fronte alle generazioni dei superstiti, testimoni oculari di quegli anni, e a quelle di coloro che hanno avuto il coraggio di pronunciare le parole di pentimento e di perdono, che se ne stanno andando, è necessario avere cura affinché le nuove generazioni acquisiscano e conservino una corretta cognizione della seconda guerra mondiale. Non solo abbiamo bisogno di un onesto bilancio delle atrocità del passato ma anche di rinunciare agli stereotipi che rendono più problematica una corretta comprensione di quei tempi e possono minare la fiducia, costruita nonostante le difficoltà, tra polacchi e tedeschi. Con queste parole inizia l’odierna dichiarazione congiunta dei Presidenti delle Conferenze episcopali di Polonia e Germania, mons. Jozef Michalik, e mons. Robert Zollitsch, diffusa in occasione del 70° anniversario dell’inizio della seconda guerra mondiale. Nell’Europa orientale si legge nel testo – quella guerra aveva lo scopo di annientare e di rendere schiavi dei popoli interi. Colpiti da una politica di sterminio cui scopo era la sottomissione dell’intero popolo furono soprattutto i leader della società polacca, gli studiosi, l’intellighenzia, compreso il clero. Oggi ci ricordiamo di milioni di vittime di quella guerra, di coloro che furono perseguitati e trucidati a causa dell’ideologia razzista, della loro provenienza o fede, tra loro ebrei, sinti, rom, disabili mentali e le elite dei popoli dell’Europa Centrale e Orientale. Richiamando le sorti dei rispettivi popoli dopo la guerra, i vescovi ribadiscono la condanna dei crimini di guerra e delle deportazioni forzate. Il ricordo, tuttavia, non deve incatenare al passato. Rivolgendosi alle nuove generazioni la Dichiarazione afferma: anche se i passi verso la riconciliazione compiuti nei decenni passati hanno portato dei buoni frutti, ciò nonostante le esperienze della guerra e degli anni successivi sono ancora attuali nelle relazioni tra i nostri popoli. Alcune tendenze nella società o nella politica svelano addirittura la tentazione di un uso propagandistico delle ferite inferte per riaccendere dei risentimenti risultanti da un’interpretazione faziosa della storia.La Chiesa però in modo incessante e deciso intende pronunciarsi contro un simile allontanamento dalla verità storica invitando ad un dialogo intenso, legato alla capacità di sentire le ragioni dell’altra parte. I tedeschi e i polacchi debbono insieme volgere la loro attenzione verso coloro che ancora soffrono a causa delle traumatiche esperienze della guerra, dell’occupazione del territorio polacco, della perdita dell’eredità e del disprezzo dell’uomo. La pace tra i popoli, basata sulla giustizia e sulla riconciliazione, non ci è stata data una volta per tutte scrivono i presuli – viene costruita giorno dopo giorno e può fiorire solo se tutti siamo pronti a riconoscere le nostre responsabilità. Il dono della pace deve essere vissuto nel proprio cuore affinché possa propagarsi nelle famiglie, nelle varie forme di organizzazioni sociali e possa infine raggiungere tutta la comunità delle nazioni. La riconciliazione tra i nostri popoli è un dono che possiamo portare nella storia dell’Europa unita. Nonostante a volte tensioni e incomprensioni, interessi particolari che mai mancano in una famiglia di popoli, vale la pena ricordare il fondamentale passo storico costituito dall’integrazione europea. Non possiamo lasciarci sfuggire l’opportunità di costruire la pace, offerta dall’unificazione dei popoli dell’Europa.Sir