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GENOCIDIO IN RWANDA: ANNAN AMMETTE RESPONSABILITÀ SUE E DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

“All’epoca pensai che stavo facendo del mio meglio. Ma dopo il genocidio ho capito che c’era molto altro che avrei potuto e dovuto fare per suonare l’allarme e raccogliere appoggio”: lo ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel discorso che ha aperto ieri a Palazzo di Vetro a New York la ‘Conferenza commemorativa sul genocidio in Rwanda’. Il numero uno dell’Onu ha ammesso la propria responsabilità personale: all’epoca dei massacri di massa – che provocarono la morte di 500-800mila ruandesi per mano egli estremisti hutu – era responsabile delle operazioni di pace delle Nazioni Unite e chiese ai Paesi di fornire truppe: la missione Onu, però, non riuscì a prevenire né fermare lo sterminio di un numero enorme, ma ancora imprecisato, di civili. “La comunità internazionale è colpevole di peccati di omissione” ha aggiunto Annan.

Nel 1994 il ‘Paese delle Mille Colline” venne devastato da un genocidio accuratamente pianificato dalle frange estremiste hutu; prese il via all’indomani dell’attentato contro l’aereo del presidente ruandese Juvenal Habyarimana, abbattuto da missili poco prima dell’atterraggio a Kigali la sera del 6 aprile di dieci anni fa. Dal giorno dopo iniziarono i massacri su larga scala, attizzati da messaggi di radiofonici che invitavano gli hutu a liberarsi degli ‘scarafaggi’ tutsi. In meno di tre mesi vennero massacrate – secondo le stime più diffuse – fino a diecimila persone al giorno, soprattutto con il machete e altre armi da taglio.

Inutilmente il generale canadese Romeo Dallaire, alla guida di un piccolo contingente di poche centinaia di caschi blu dell’Onu, chiese rinforzi. “Il genocidio ruandese – ha detto ancora Annan – solleva questioni relative all’efficacia delle operazioni di pace delle Nazioni Unite”. Già nel 1999 un rapporto commissionato dal Palazzo di vetro accusava il sistema-Onu di essere troppo esitante, disorganizzato e mal coordinato di fronte ai massacri, nonché incapace di fermare la carneficina una volta che questa è iniziata. “Il termine genocidio non è stato utilizzato subito, perché avrebbero obbligato la comunità internazionale ad agire, in base alla convenzione contro il genocidio – ha ricordato nel suo intervento Chalres Murigande, ministro degli esteri di Kigali – ma si parlò di violenze tribali, massacri di massa, atti di genocidio”.

Annan, su indicazione dell’Assemblea generale dell’Onu, ha designato il 7 aprile – data di inizio degli eccidi – come “giornata internazionale della riflessione sul genocidio in Rwanda”: a mezzogiorno in tutto il mondo verrà osservato un minuto di silenzio. “Nessuno di noi deve mai dimenticare, o avere la possibilità di dimenticare, che in Rwanda è avvenuto un genocidio, che è stato pianificato e che è stato condotto alla luce del sole” ha concluso Annan.Misna