Mondo
Gaza: mons. Shomali, “Inconcepibile spostare un popolo contro la sua volontà”
Il vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per la Palestina, mons. William Shomali commenta le proposte di Trump
(da Gerusalemme) “Gli Stati Uniti prenderanno il controllo della Striscia di Gaza e ce ne occuperemo noi. Smantelleremo tutte le bombe inesplose e altre armi pericolose, spianeremo il sito ed elimineremo gli edifici distrutti, creando uno sviluppo economico che fornirà un numero illimitato di posti di lavoro”. Parole e musica del presidente Donald Trump, ieri in conferenza stampa congiunta a Washington, con il premier israeliano Benjamin Netanyahu che gongolava: “Sei il migliore amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca”. Insomma, da “simbolo di morte e distruzione” la Striscia di Gaza, per il presidente Usa, è destinata a diventare la “riviera”, Riviera del Medio Oriente. Allontanando, così, la possibilità che la sua ricostruzione e occupazione sia affidata “alle stesse persone che hanno vissuto un’esistenza miserabile lì”. E i palestinesi? “Devono lasciare Gaza e vivere in altri Paesi in pace” come Egitto e Giordania. Forte l’opposizione di questi due Paesi al piano Usa, così come quella di diversi Paesi arabi, Arabia Saudita in testa. A bocciare il Piano Trump è anche il vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per la Palestina, mons. William Shomali.
Eccellenza, cosa pensa delle intenzioni di Trump di fare di Gaza la Riviera del Medio Oriente, senza i suoi abitanti?
Inconcepibile pensare allo spostamento, contro la sua volontà, di un popolo così come non è pensabile forzare un altro Stato ad accoglierlo. Una parte degli abitanti di Gaza vuole uscire liberamente e volontariamente e se l’Egitto, la Giordania e altri Paesi vogliono accoglierli nessun problema. Si tratta di una scelta libera e consapevole operata dalle due parti.
Se per ricostruire Gaza occorre bonificare il territorio da mine, bombe inesplose e dalle macerie – un lavoro che può durare anni – trasferire la popolazione è possibile, ma solo garantendole il diritto al ritorno e non costringendola poi a restare fuori una volta che sarà ricostruita.
Non vanno messi assolutamente in discussione il diritto e la libertà di un popolo a vivere sulla propria terra e non obbligarlo a lasciarla.
Trump ha affermato che questo piano dovrebbe dare stabilità a tutta la regione…
Io penso che a Gaza Trump e Netanyahu vogliano edificare insediamenti lasciando solo a una piccola parte di palestinesi la possibilità di ritornare. Le dichiarazioni di Trump ci hanno scioccato perché ci fanno capire le loro intenzioni sul futuro di Gaza. Egitto e Giordania hanno già detto di non accettare questo piano che prevedrebbe un esodo massiccio di palestinesi. Diverso è accettare famiglie vulnerabili, anziani, malati ma non una popolazione di oltre due milioni di persone.
Qui è in gioco il rispetto dei diritti umani. C’è poi un altro aspetto da segnalare…
Quale?
Trump e Netanyahu non parlano mai delle risoluzioni Onu e della soluzione Due Popoli Due Stati. Trump non può prendere il posto delle Nazioni Unite. L’Arabia Saudita ha subito affermato, in risposta al piano del presidente Usa, che non ci sarà nessuna normalizzazione di rapporti con Israele senza la nascita di uno Stato palestinese. Cina e Russia, e altri grandi Paesi, non accetteranno una soluzione unilaterale su Gaza. Io credo che questo sia il punto focale della questione: ci sarà uno Stato palestinese, sì o no? Il conflitto discende da questa domanda che resta inevasa. Tutti ne parlano, anche Trump, ma senza poi andare nel concreto di una soluzione giusta e sostenibile. Lo Stato palestinese, per i due leader di Usa e Israele, resta un principio vago.
Nel frattempo, a Gaza la tregua sembra tenere e prosegue lo scambio di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi. Al di là delle intenzioni di Trump, quali sono i suoi auspici per Gaza, si va verso la soluzione di questo conflitto?
Spero che la tregua continui e che si arrivi ad una soluzione della guerra. Lo scambio di ostaggi e prigionieri, infatti, non risolve il problema di fondo, quello della guerra. Si stanno curando i sintomi ma non la causa della guerra.
Bisogna andare alla radice del conflitto: il possesso di questa terra. La soluzione è quella dei Due Stati.
Se si cammina in questa direzione si arriverà alla fine del conflitto, diversamente, se la si continua a evitare, la pace in Terra Santa resterà un sogno.