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Gaza, la doppia paura dei cristiani
Al rischio delle bombe, comune a tutti i palestinesi, si aggiunge il timore di rimanere schiacciati sotto il peso delle ritorsioni dei militanti integralisti, come sta già accadendo in Siria e Iraq. La drammatica testimonianza di padre Jorge Hernandez, parroco della comunità latina di Gaza: «Hamas molto più armata e preparata rispetto al passato». Subito chiuso lo spiraglio per un cessate il fuoco.
«Israele ha ripreso le operazioni nella Striscia di Gaza dopo sei ore di attacchi unilaterali di Hamas che ha sparato 47 razzi»: con queste parole il portavoce dell’esercito israeliano ha comunicato, nel pomeriggio di ieri, la ripresa dell’operazione «Protection Edge» (confine protettivo).
Si è subito richiuso, così, lo spiraglio per una cessazione delle ostilità tra Israele e Hamas. Il governo di Benjamin Netanyahu aveva accettato l’iniziativa egiziana per un cessate il fuoco a partire da martedì mattina alle 9 (le 8 in Italia), interrompendo i raid sull’enclave palestinese. A bocciare ogni ipotesi di tregua è stato il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, che ha definito la proposta egiziana «una resa».
Tra i punti contenuti nella proposta oltre alla cessazione delle ostilità aeree, marittime o terrestri anche la disponibilità ad accogliere, entro 48 ore, delegazioni di alto livello israeliane e palestinesi per aprire i negoziati. Dalle parole ai fatti, con il lancio di razzi verso il sud, il centro e il nord di Israele dove sono risuonate le sirene di allarme. Intanto il bilancio delle vittime palestinesi era continuato a salire nella notte, prima della sospensione dei raid israeliani, arrivando ad almeno 194 morti e 1.400 feriti.
Una speranza disattesa. «Speravamo in una tregua per tornare alla calma ma di fatto non c’è stata. Dopo più di un’ora dal suo inizio qui dalla Striscia sono partiti di nuovo dei missili». È quanto ha dichiarato al Sir padre Jorge Hernandez, parroco della parrocchia latina di Gaza, commentando la notizia del fallimento della tregua tra Esercito israeliano e Hamas. «Subito dopo la notizia la gente si è riversata in strada per cercare di comprare del cibo, per fare visita a parenti e sincerarsi delle loro condizioni e anche per recuperare dalle abitazioni precedentemente abbandonate oggetti ed effetti personali».
«Io stesso – aggiunge il parroco – ho approfittato di questo breve tempo in cui non si sono sentiti scoppi e spari per fare visita ad alcune famiglie nei pressi della parrocchia, ad anziani e a salutare i bambini».Sono proprio questi ultimi, spiega padre Hernandez, “quelli che soffrono di più. Molti non mangiano più, non dormono, sono spaventati, traumatizzati, e piangono in continuazione”. “Intorno a noi non vediamo altro che macerie e case demolite se non distrutte, anche le scuole non sono state risparmiate. Tutta la città è in queste condizioni”.
In tutta questa situazione Hamas continua a lanciare razzi in una guerra che vede, per il religioso, la fazione islamista “molto più armata e preparata rispetto al passato come testimonia la maggiore gittata dei missili che hanno raggiunto Haifa, Tel Aviv e Gerusalemme”. “La popolazione – sottolinea il parroco – oltre a soffrire la mancanza di beni primari, di acqua, di medicine vive anche il disagio che viene dal vedere l’incapacità di Istituzioni che non riescono a guidare il loro Paese”. “C’è poi la paura dei cristiani che non è solo quella di qualsiasi altro palestinese di Gaza che si trova sotto le bombe, ma è anche quella di una reazione interna contro di loro, dato il modus operandi osservato altrove, in Iraq, in Siria, da parte di movimenti integralisti. Vedere qualcosa del genere anche qui nella Striscia non sarebbe sorprendente. Si tratta di un pericolo reale”.
Emergenza umanitaria e diplomazia. Si aggrava nel frattempo l’emergenza sanitaria nella Striscia. Secondo il portavoce del ministero della Salute di Hamas, Ashraf Qedra, “i bisogni si stanno facendo critici. Stiamo cercando di fare fronte alla carenza del 35-40% di medicinali per l’aumento dei feriti”. Servirebbero 60 milioni di dollari per coprire il fabbisogno medico di Gaza, fanno sapere l’Organizzazione mondiale della sanità e il ministero della Salute. “Paragonando i numeri delle vittime del conflitto del 2012 – dichiara Christian Cardon, capo della delegazione di Gaza del Comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc) – possiamo affermare che abbiamo già raggiunto un alto livello nel numero dei morti, inclusi donne e bambini”. “Chiediamo alle due parti – dice il rappresentante dell’Icrc – di rispettare gli staff medici, di permettere agli ospedali di stare aperti notte e giorno, alle ambulanze di muoversi nella Striscia. Tutto ciò oggi è molto difficile a causa dell’intensità del conflitto”.
È cominciata, infine, la missione in Medio Oriente del ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini. Subito dopo essere giunta a Tel Aviv, il capo della diplomazia italiana si è recato ad Ashod, citta nel sud di Israele fra le più bersagliate da Hamas e ha visitato una casa colpita dai razzi. Stasera sarà a Ramallah per incontrare il presidente palestinese Abu Mazen.