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G8, promesse senza fatti. E l’Africa aspetta invano
Sul piano formale la novità di questo vertice è stato l’invito del presidente Chirac rivolto ad undici paesi del Terzo Mondo perché partecipassero ad una parte dei lavori con l’evidente tentativo di allargare la rappresentatività tanto contestata di questi summit. Poiché fra gli invitati c’erano i capi di governo di paesi come la Cina e l’India il risultato è che questa volta fra membri di diritto e ospiti occasionali si può dire che ad Evian c’era la voce politica di oltre tre miliardi di uomini. E tuttavia non sembra che i «parenti poveri» abbiamo alla fine ottenuto molto di più di un invito a colazione. L’altra novità di questo vertice è stata la decisione del presidente Bush di destinare alla lotta anti-Aids la somma di quindici miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, cioè tre miliardi di dollari all’anno. Questo aiuto dovrebbe aggiungersi al miliardo e mezzo di dollari annuale che è già a disposizione dell’apposito Fondo creato dall’Onu due anni fa e al miliardo di dollari promesso dai paesi europei. Nonostante questi progressi siamo ancora a poco più della metà di quei dieci miliardi di dollari che l’Onu ritiene indispensabili per una lotta efficace contro la terribile malattia. Attualmente in Africa i malati di Aids sono 30 milioni e ogni giorno muoiono di questo flagello 8000 persone.
Anche per quanto riguarda il tema degli aiuti economici ai paesi poveri non si è andati al di là delle generiche promesse dei vari governi di aumentare progressivamente le loro quote. Oggi il totale degli aiuti ai paesi del Terzo Mondo è di circa 50 miliardi di dollari all’anno. Ma il segretario dell’Onu Kofi Annan ha ricordato che per raggiungere i cosiddetti obiettivi del Millennio (dimezzamento della fame entro il 2015, prevenzione elementare della salute, dotazione dell’acqua potabile, estensione della scolarizzazione) è necessaria una cifra almeno doppia da cui siamo ancora lontani. Non è nemmeno passata la proposta di sospendere le sovvenzioni dei paesi ricchi alle esportazioni dei prodotti agricoli che fanno concorrenza sleale e spesso devastante alle economie dei paesi poveri (Mark Malloch Brown, l’amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, ha ricordato che ogni vacca dell’Europa riceve in media una sovvenzione annuale di 900 dollari che equivale ad oltre tre volte il reddito di un uomo in gran parte dell’Africa).
Stesso silenzio per il tema delle guerre sul continente nero. Attualmente in Africa sono aperti ben tredici conflitti estremamente devastanti perché si tratta di guerre civili e almeno un quarto degli ottocento milioni di africani vive in zone di guerra, spesso in condizione di profughi. Al vertice dell’anno scorso a Calgary, in Canada, era stato promesso di preparare per il successivo vertice un piano per una vera forza di pace in Africa contro le guerre. È evidente infatti che le attuali presenze delle forze dell’Onu in Africa, male equipaggiate e composte di elementi raccogliticci e immotivati, non sono in grado di svolgere una efficace opera di pacificazione come dimostra il fatto che la guerra continua anche in quei paesi come la Sierra Leone, la Liberia, il Congo, il Burundi dove da anni sono presenti missioni del Palazzo di Vetro. Forse si dovrà rimandare tutto di nuovo ad un altro vertice che farà ancora promesse per il futuro mentre tutti i dati sono lì a dimostrare che la fame più nera è proprio laddove una magra terra non può essere coltivata per la fuga della popolazione, per le razzie delle bande, magari per la semina di mine al posto della manioca o del mais.