Vita Chiesa

G20 Interfaith: dichiarazione finale a Buenos Aires, «violenza tradisce l’essenza delle religioni»

«Crediamo che le confessioni religiose in quanto tali, e gli uomini e le donne di fede, individualmente o associati con altri, diano un apporto straordinariamente importante per una migliore qualità di vita per le persone e le popolazioni. Le religioni sono chiamate a costruire la pace tra i popoli e in ciascuna delle società umane. Quando si invocano motivi religiosi per propiziare la violenza o lo scontro si tradisce l’autentica essenza delle religioni». È uno dei passaggi più forti della Dichiarazione finale del «G20 Interfaith», il forum ecumenico e interreligioso, intitolato «Costruendo consenso per uno sviluppo equo e sostenibile», che si è tenuto a Buenos Aires da mercoledì a ieri. Nel documento si menziona l’accoglienza della città di Buenos Aires, nella quale «abbiamo potuto conoscere e sperimentare il clima di straordinaria convivenza e amicizia tra le confessioni religiose», le quali «non solo dialogano, ma lavorano insieme, soprattutto nell’attenzione ai più deboli». Si legge ancora nella Dichiarazione: «Come leader delle nostre rispettive confessioni religiose e persone credenti, con diverse prospettive, assumiamo l’impegno di animare e affrettare il dialogo interreligioso e il lavoro congiunto tra le diverse religioni e confessioni», particolarmente urgente «in un mondo globalizzato, nel quale le sfide si moltiplicano e arrivano a una dimensione planetaria».

Non manca un appello alla libertà religiosa: «Per poter dare un apporto costruttivo alla vita sociale e allo sviluppo equo e sostenibile del mondo intero, le religioni hanno bisogno di libertà. Deploriamo che in molti luoghi del mondo la libertà religiosa sia oggi ristretta o direttamente negata». Da qui l’esortazione ai leader mondiali «a impegnarsi nella difesa della libertà religiosa, per consentire alle persone di vivere la propria spiritualità a partire dalle loro credenze».

Nella Dichiarazione si sottolinea anche l’«Urgente preoccupazione per la custodia del pianeta, nostra casa comune, che molti riconosciamo come dono della creazione di Dio».  «Ci angustiano – prosegue il documento – gli effetti del cambiamento climatico e del riscaldamento globale, che si traducono in disastri naturali che danneggiano l’economia e, soprattutto, colpiscono i più poveri e vulnerabili. A partire dalla fede e dall’insegnamento delle religioni, ci riconosciamo responsabili della cura della casa comune di fronte alle future generazioni». «Una responsabilità, questa, di tutti noi, delle comunità religiose, chiamate a promuovere buone pratiche e stili di vita, dei governanti e di diversi attori sociali, economici e culturali».

La Dichiarazione affronta, ancora, i temi dell’economia e della finanza, chiedendo che siano «sradicate voracità e avarizia», per promuovere invece un’economia basata sull’etica e sui valori, in vista di uno «sviluppo sostenibile, giusto ed equo». Nel ricordare il 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, vengono riconosciuti in essa «l’eco e l’ispirazione degli insegnamenti morali delle religioni», e viene riaffermato «l’impegno comune delle nostre comunità nella difesa di questi diritti umani», a volte messi a rischio da alcuni processi di globalizzazione, come le forme di tratta che sono «contrarie alla dignità umana». La Dichiarazione si conclude con un appello ai governi del G20, che «hanno la possibilità di assumere un ruolo attivo attraverso azioni che riducano la molteplicità di diseguaglianze che mettono anche in pericolo il futuro dell’umanità. Come leader religiosi e persone credenti noi ci impegniamo a promuovere congiuntamente buone pratiche per ridurre le scandalose diseguaglianze e per collaborare nel la generazione di maggiori opportunità, affinché tutta l’umanità abbia l’accesso a una vita piena e abbondante».