Toscana
Fuori dell’Italia più di un’Italia
Ad aprile 2010 i cittadini italiani iscritti all’anagrafe dei residenti all’estero erano 4.028.370 il 6,7% degli oltre 60 milioni dei residenti in Italia un numero pari quello degli stranieri residenti in Italia. La lettura dei flussi migratori ci parla di una realtà sensibilmente in crescita, chiaramente niente di paragonabile a quanto avvenuto nelle epoche passate ma comunque un flusso costante e significativo che ha registrato un aumento di 113.000 unità rispetto all’anno prima e di un milione rispetto al 2006, incremento sostanzioso dovuto alla carenza di raccolta di dati certi, che si è concentrato per il 55,3% in Europa e il 39,3% in America.
L’analisi dei dati ci dice che più della metà non è sposato, quasi la metà è costituita da donne e più di un terzo è nato all’estero, i minorenni sono un sesto del totale , ma sono superati dagli ultra sessantacinquenni. Se gli italiani all’estero sono pari al numero di stranieri in Italia si registrano 80 milioni di oriundi , cioè di persone discendenti da cittadini italiani e che potrebbero su richiesta riacquisire la cittadinanza italiana, arrivando a superare la popolazione residente in Italia.
L’analisi dei dati dei flussi ci riporta la realtà di una società italiana che non ha perso la tendenza alla mobilità determinando nella bilancia tra reingressi e nuove uscite un saldo di 50 mila persone all’anno in uscita cioè coloro che alla fine vengono cancellati dal comune di residenza, se a ciò si aggiungono coloro che si spostano per motivi lavorativi, lavoratori transfrontalieri e pendolari arriviamo a 400 mila spostamenti all’anno.
Il rapporto riporta le vicende dell’emigrazione italiana nel passato riportando le difficili condizioni di intere generazioni: discriminazioni, l’alterità ed estraneità dei luoghi di approdo, l’insalubrità dei luoghi di lavoro, i lavori di scarso profilo professionale per lo più in miniera, condizioni ben rappresentate nella sofferenza e amarezza dipinta nei volti ritratti nelle migliaia di fotografie che contrappongono all’arcaicità dei nuovi venuti la modernità della popolazione locale, e che sono state superate da processi di integrazioni difficili e a volte drammatici.
La storia dell’emigrazione italiana si è tradotta in una insensibilità da parte dell’Italia rispetto ai suoi connazionali all’estero, determinando in loro una profonda amarezza e disaffezione verso una patria considerata tale solo per il suo passato come un museo e non un soggetto attivo nel panorama internazionale dal punto di vista economico, culturale e artistico. Se si potesse recuperare questo sentimento di solidarietà, sostiene la Fondazione Migrantes, gli italiani all’estero potrebbero rappresentare una potenzialità per un paese che sembra affrontare un lento declino: ristagno degli investimenti, impossibilità a realizzare le riforme strutturali nel settore della ricerca, dei sevizi, investire sui giovani e in generale un generale sentimento di incapacità a proiettarsi verso il futuro.
A questo proposito abbiamo ritenuto estremamente importante il quadro fornito dal rapporto per quanto riguarda i ricercatori italiani all’estero, che tendono a spostarsi verso le istituzione straniere soprattutto a causa delle opportunità di svolgere un proficuo lavoro nel settore di competenza piuttosto che dall’attrazione di fruttuosi guadagni come avviene per altre categorie di migranti.
«La fuga dei cervelli» avviene attraverso reti scientifiche, cioè il contatto diretto tra ricercatori e enti di ricerca, grazie alle quali la vita del ricercatore all’estero è caratterizzata da stabilità del posto di lavoro grazie all’uso di fondi interni e quindi contratti per lo più a tempo indeterminato a differenza di quanto avviene in Italia dove scarseggiano anche i fondi a progetto e dove un ricercatore deve attendere in media 7 anni per aspirare dopo la laurea a un posto fisso.
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