Opinioni & Commenti

Funziona a pieno regime l’ignobile filiera di Vallettopoli

di Umberto Folena

Pronti? Tirate un bel respiro lungo che si comincia. Bellone di scarso talento ma ampia disponibilità a interagire e relazionarsi, belloni palestrati, paparazzi cinici, procuratori ingordi, spacciatori di aspiranti divi, spacciatori di droga, fiumi di cocaina, discoteche con i bagni più affollati delle piste da ballo, magistrati dal cognome anglosassone e l’accento partenopeo, politici sullo yacht in compagnia di (vedi sopra), portavoce lungo i viali con inconfessate curiosità, spioni e spiati, intercettazioni telefoniche, direttori di rotocalchi che di tutto questo pantano vivono ma tutto questo pantano stigmatizzano moraleggiando nei talk-show, naturalmente i talk-show che in nome dell’audience sguazzano nel pantano pure loro, gentili offerte o forse cortesi ricatti, e poi… E poi, una volta tirato il fiato, sua divinità la televisione, che irrora di denaro i suoi devoti. Sono gli ingredienti di quella ignobile filiera che sta producendo Vallettopoli.

E noi? Nauseati da tanto nauseabondo porcilaio. Schifati e inorriditi di fronte alla valanga di soldi a disposizione di individui di nessunissimo talento, dal sorriso sprezzante e l’ego straripato, ex signori-nessuno che girano avvolti in caffettani candidi a metà tra il guru e il sultano. Figuri palesemente fuori della realtà, appartenente a un universo parallelo, un mondo virtuale che esiste soltanto perché… Già, perché loro e tutta la balordissima filiera esistono? Alla filiera in realtà manca un anello, l’ultimo, quello decisivo. Manca il popolo dei guardoni che aspirano ad essere guardati e contemplati e comprati e venduti e nel frattempo si assiepano davanti ai teleschermi e rimpinzano di denaro i rotocalchi che di quella paccottiglia fan mercato. Manchiamo noi. Manca la «domanda», senza la quale l’«offerta», per quanto pressante e straripante, svanirebbe. Ma sì, tornerebbero a fare mestieri normali e ben più nobili, altro che vallette e procuratori: commesse e camerieri, segretarie e tornitori. Se non ci fosse una pingue porzione di nostri concittadini in contemplazione ebete di tutto ciò, l’intera finzione svanirebbe. E tutti staremmo assai meglio. È solo un sogno, lo sappiamo. Ma se non sogniamo un poco almeno a Pasqua, quando?