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FUNERALI PAVAROTTI, MONS. COCCHI: UNA FEDE MAI RINNEGATA O NASCOSTA

“Oggi siamo raccolti nella cattedrale, la Chiesa Madre, che ci ha ricevuti non come estranei o singoli, ma come una comunità, cementata dalla stessa fede, ma anche da sentimenti che sono di dolore, di rimpianto per un evento, la morte di Luciano Pavarotti, che ci ha fatto sentire più poveri. Pavarotti non è un forestiero in questa cattedrale a motivo della sua fede, mai rinnegata o nascosta, e che esprimeva coerentemente alle sue doti, il canto”. Lo ha ricordato mons. Benito Cocchi, arcivescovo di Modena, celebrando le esequie del tenore scomparso giovedì scorso, all’età di 71 anni. All’inizio del rito l’Arcivescovo ha dato lettura del telegramma di cordoglio inviato ieri dal Papa, tramite il segretario di Stato card. Tarcisio Bertone. Questo il testo integrale del messaggio: “Appresa la triste notizia della scomparsa del tenore Luciano Pavarotti, il Sommo Pontefice esprime sentimenti di cordoglio per la dipartita del grande artista che con il suo straordinario talento interpretativo ha onorato il dono divino della musica. Nell’affidare la sua anima alla misericordia di Dio, il Santo Padre invoca per i familiari e quanti l’hanno avuto caro il sostegno della speranza cristiana che sola può lenire il dolore per la grave perdita ed invia a lei e ai partecipanti al rito esequiale la confortatrice benedizione apostolica”.

“Sono molte le parole che la stampa e la radio, le televisioni, ormai da vari giorni, dedicano al ricordo di questo personaggio, riprendendo i momenti trionfali, i numerosi successi ottenuti”, ha ricordato l’arcivescovo nellìomelia, puntando tuttavia l’attenzione a una parola, quella del Vangelo, che è “un invito al silenzio esteriore, al silenzio dei nostri discorsi, per ascoltare, davanti al mistero della morte, quelle parole della nostra fede nella certezza della vita che continua in Dio dopo la morte”. “Soltanto nella fede in un Dio che è amore, nella fede in Gesù Cristo che ha dato la vita per noi – ha precisato – trova una risposta il nostro bisogno di vita ed il rifiuto di una vita affidata al caso e alla prepotenza”. Pavarotti, ha aggiunto mons. Cocchi, “era e resterà per sempre una bandiera per la nostra città”. L’arcivescovo ha poi passato in rassegna “i vari capitoli della storia di questo grande cittadino”: “Il capitolo della storia di un ragazzo che aveva il dono di natura di una voce eccezionale, che egli coltivò con tenacia, diventando così un protagonista fra tutti i tenori del suo tempo”, e quello “di un grande artista che nei momenti trionfali che più volte ha creato e sperimentato, non si è chiuso in se stesso”. Ma, a fianco dei successi, vi è anche “il capitolo della solidarietà verso chi soffriva. Egli – ha ricordato mons. Cocchi – ha concretamente e generosamente contribuito, senza suonare la grancassa per essere ringraziato, a favore di situazioni o iniziative rivolte ad aiutare chi era in condizioni di bisogno”. Ancora, “il capitolo della sua attenzione verso i giovani che manifestavano potenzialità da sviluppare, nel campo della musica e del canto.”. Infine, il presule ha messo in evidenza il “profondo senso dell’amicizia” di Pavarotti. “Penso che siano pochi coloro che possono imitarlo come tenore. Nessuno invece – ha concluso – può dire di non essere in grado di mettersi sulla scia della solidarietà, della carità, dell’amicizia, che egli ha così esemplarmente percorso”.

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