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FUNERALI A MOLFETTA PER I CINQUE OPERAI MORTI; IL VESCOVO: COMMOZIONE E AMMIRAZIONE

“Nessuno di loro ha tenuto per sé la vita, ognuno l’ha completamente donata. La catena della loro solidarietà si è trasformata in una catena di vita e di amore. La discriminante della qualità della vita è proprio lì: se vissuta o meno nell’amore e con amore, fino alla fine”. È quanto ha affermato mons. Luigi Martella, vescovo di Molfetta – Ruvo – Giovinazzo – Terlizzi, celebrando oggi a Molfetta, nella chiesa della Madonna della pace, i funerali dei cinque operai del Truck Center morti, lo scorso 3 marzo, in un incidente di lavoro. “Tutti noi – ha detto mons. Martella – eravamo già abbastanza sconvolti, a motivo di altri eventi terribili di morte, nei giorni scorsi: la drammatica vicenda dei due fratellini, Ciccio e Tore, nella vicina Gravina, ma non avevamo dimenticato la terribile fine degli operai della Tyssen-Grup di Torino. E non ci sfuggono le notizie di altri operai vittime di incidenti mortali sul lavoro, alcuni dei quali nella nostra Regione. Ancora il mondo del lavoro ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane. E questa volta in casa nostra. Nella nostra città”. Ora, ha aggiunto, “siamo qui a stringerci, insieme ai familiari, intorno a questi nostri fratelli: Vincenzo Altomare, Guglielmo Mangano, Luigi Farinola, Biagio Sciancalepore e Michele Tasca. Siamo in tanti a rendere omaggio a queste vittime del lavoro e della generosità”. “Sulla grave vicenda – ha affermato il vescovo – continuiamo a fare considerazioni, ma ogni spiegazione si arresta su un groviglio di ipotesi che attendono approfondimenti e verifiche. Ma se le domande sulla dinamica della tragedia restano aperte, esse non possono oscurare, però, un aspetto che suscita ulteriore commozione e ammirazione: la fine eroica di chi non ha esitato a calarsi in quell’autocisterna, così come poteva, senza aspettare soccorsi, per salvare un compagno di lavoro. Una catena di solidarietà sino alla fine. A costo della fine”. Per il vescovo, “è un gesto che, se possibile, accresce ancora di più la nostra responsabilità a compiere ogni sforzo perché tragedie simili non avvengano più. Quando si tratta della vita umana, ognuno dovrebbe avere la consapevolezza che si è di fronte a un bene assoluto: non ci possono essere ritardi nel garantire sicurezza e protezione”. Tutto ciò, però, “non basta. Insieme alle protezioni esterne e legislative, occorre prudenza e consapevolezza che la vita è un bene non di nostra proprietà, è un bene sociale. La vita di ciascuno di noi non è solo nostra, è di tutti gli altri ed è soprattutto di Dio”. Per questo, ha concluso, “occorre una rinnovata coscienza circa la dignità della persona. Il che evidenzia, ancora di più, l’impegno da parte di tutti di concorrere all’umanizzazione del sistema odierno del lavoro e della sua organizzazione”.Sir