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Funerale Giulia Cecchettin, l’omelia di mons. Cipolla (Padova)

Attesa, speranza, amore: intorno a questo trittico ruota l’omelia di mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, che presiede la celebrazione in corso del funerale di Giulia Cecchettin nella basilica di Santa Giustina.

“Abbiamo bisogno di parole e gesti di sapienza che ci aiutino a non restare intrappolati dall’immane tragedia che si è consumata, per ritrovare anche solo un piccolo spiraglio di luce”, esordisce il presule. “Domenica è iniziato il tempo dell’Avvento, tempo che educa all’attesa, ad alzare lo sguardo oltre il buio: dal tronco ferito e spezzato della nostra umanità spunti un germoglio, come evocava il profeta nella prima lettura” letta dalla migliore amica di Giulia. “Non sappiamo quando, non sappiamo come – prosegue mons. Cipolla -, ma è forza che apre vie di riscatto, di affrancamento da ogni forma di negazione della vita”. “La conclusione di questa storia lascia in noi amarezza, tristezza, a tratti anche rabbia – osserva il vescovo -. Ma quanto abbiamo vissuto ha reso evidente anche il desiderio di trasformare il dolore in impegno per l’edificazione di una società e un mondo migliori, che abbiano al centro il rispetto della persona (donna o uomo che sia) e la salvaguardia dei diritti fondamentali di ciascuno, specie quello alla libera e responsabile definizione del proprio progetto di vita”. Un impegno, sottolinea il presule, indispensabile “non solo per garantire qualità di vita al singolo individuo ma anche per realizzare quei contesti sociali e quelle reti in cui le persone siano valorizzate in quanto soggetti in grado di dare un contributo originale e creativo”.

“Di fronte alla morte di Giulia ma anche a quella di tante donne, bambini e uomini sopraffatti dalla violenza e dalle guerre, emergono tutti i nostri dubbi. Non solo ci chiediamo: davvero ci sarà la vita dopo la morte? Ma anche: ha senso impegnarsi se poi tutto si riduce a poca cenere?”, gli interrogativi posti dal vescovo di Padova Claudio Cipolla, nell’omelia pronunciata al funerale di Giulia Cecchettin in una gremitissima basilica di Santa Giustina. “La speranza, che oggi rinnoviamo, per noi cristiani ha un nome e un volto: quello di Gesù, il Signore Risorto. È lui la vita che la morte non è riuscita a ingabbiare, il Giusto che l’ingiustizia non è riuscita a spezzare, il mite e umile di cuore che ha scardinato la violenza del potere. La speranza, che è Cristo, è più di un antidoto nei momenti difficili della vita”, assicura il presule. Nel rievocare la profezia di Isaia, nella prima lettura, di un mondo armonioso e pacificato, mons. Cipolla afferma: “Le piazze, le aule universitarie, i palazzi, le nostre case possono certo diventare quei luoghi dove poter difendere i diritti dei più deboli e creare le condizioni per una vita sociale e individuale all’insegna della giustizia e della libertà. Ma i cammini intrapresi in questi spazi saranno efficaci e giungeranno a dei risultati duraturi nella misura in cui dentro ciascuno di noi si comporrà l’armonia annunciata dal profeta”. Di qui il passaggio all’amore che, il monito del vescovo, “non è un generico sentimento buonista”; “non si sottrae alla verità, non sfugge la fatica di conoscere ed educare se stessi. È empatia che genera solidarietà, accordo di anime e corpi nutrito di idealità comuni, compassione che nell’ascolto dell’altro trova la via per spezzare l’autoreferenzialità e il narcisismo”.

“Preghiera altro non è che metterci di fronte a Dio e al mistero della vita e della morte senza nascondere le nostre fatiche ma anche senza rinunciare ai nostri sogni”. È un altro passaggio dell’omelia di mons. Claudio Cipolla al funerale di Giulia Cecchettin, di qui alcune invocazioni di pace: “Ti preghiamo, Signore, di farci il dono della Pace. È nella pace che i popoli progrediscono in cultura e civiltà, in solidarietà e umanità; è nella pace che le risorse vengono indirizzate per acquisire strumenti che nobilitano la vita delle persone, soprattutto delle più deboli e fragili e scompaiono le disuguaglianze sociali”. “Insegnaci, Signore, la pace tra generi, tra maschio e femmina, tra uomo e donna. Vogliamo imparare l’amore e vivere nel rispetto reciproco, cercando anzi il bene dell’altro nel dono di noi stessi – afferma il presule -. Non possiamo più consentire atti di sopraffazione e di abuso; per questo abbiamo bisogno di concorrere per riuscire a trasformare quella cultura che li rende possibili”.
E ancora: “Ti domandiamo, o Signore, la pace nel rapporto tra generazioni, tra giovani, adulti e anziani così che il coraggio e le aspirazioni possano coniugarsi con la sapienza e la profondità di chi conosce la storia e ne interpreta le direttrici”. Infine la richiesta al Signore della “pace del cuore, del mio cuore e del cuore di tutti i presenti”, ma anche “la pace del cuore per Filippo e la sua famiglia”.