«Molti di noi – penso anche a me – hanno nel cuore fatti e momenti in cui hanno potuto godere dell’intensa umanità del cardinal Dionigi: ad essi torneremo come a preziose reliquie; di essi parleremo a figli e nipoti per aiutarli a crescere». Così il card. Angelo Scola, amministratore apostolico di Milano, nell’omelia dei funerali del cardinale Dionigi Tettamanzi. Il sorriso contagioso del porporato, prosegue Scola, era «riverbero di Gesù e Maria santissima verso tutti quelli che incontrava”. Scola ricorda le qualità di Tettamanzi; «profondamente esperto nel campo delle scienze morali e bioetiche come rivelano le sue pubblicazioni e la collaborazione diretta con Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco». «Il rapporto con la società civile di Milano – aggiunge – ebbe un peso notevole, si manifestò non solo con una grande apertura al mondo sociale, ecumenico e interreligioso ma si espresse anche attraverso l’attenzione ai problemi della famiglia, del matrimonio, delle famiglie ferite, del lavoro e della disoccupazione, dell’emarginazione nelle sue diverse forme».E ancora: «Era guidato da un profondo senso di giustizia e seppe denunciare senza timidezze ma sempre in modo costruttivo i mali delle nostre terre». Di qui il monito: «Affidarlo al Padre non può ridursi a un gesto di umana gratitudine, deve scavare in noi in profondità”. «Fu la sua fede – chiosa Scola – il motore di tutte le espressioni di vita del cardinale, ci ha insegnato fino alla fine, soprattutto negli ultimi mesi della sua malattia portata in atteggiamento di piena e umile offerta: l’eucaristia che stiamo celebrando è un anticipo di quello cui siamo destinati».