Toscana

Frane e alluvioni, la Toscana conta i danni

Da Natale a Capodanno si è temuto il peggio nell’area della Valle del Serchio dopo il cedimento in due punti degli argini del fiume. Isolati diversi centri in Garfagnana. Danni per oltre 300 milioni di euro. Ma l’emergenza maltempo, con frane e allagamenti, riguarda anche altre aree della Toscana (Piogge intense sul grossetano).Sospendere gli obblighi fiscali e contributivi per tutto il 2010 alle imprese danneggiate dall’alluvione di Natale. Sono le misure che la Regione Toscana chiederà al Governo di inserire nell’ordinanza che accompagnerà la dichiarazione di stato di emergenza. Dell’alluvione dovrebbe occuparsi anche il Consiglio regionale. Una richiesta in tal senso è stata avanzata dall’Udc. Nei giorni scorsi anche il Pdl aveva chiesto a Martini di riferire con urgenza sulle misure «per far fronte ai primi ed urgenti interventi di soccorso alle popolazioni e di messa in sicurezza dei territori». Valle del Serchio, allagamenti e frane come settant’anni fadi Mario Pellegrini

La grande paura è passata, ma resta negli occhi dei frontalieri del Serchio e del Lago di Massaciuccoli quanto sarebbe potuto accadere e che, per fortuna, non è accaduto. Da Natale a Capodanno, infatti, si è temuto il peggio, anche se a causa del cedimento degli argini a Santa Maria a Colle, in provincia di Lucca, ed a Nodica, in Provincia di Pisa, si sono registrati danni incalcolabili per l’allagamento di migliaia e migliaia di metri quadrati di terreno. Qui, infatti, da anni si sono andati moltiplicando tanto gli insediamenti abitativi quanto e soprattutto quelli industriali, perché circa 300 aziende – anche agricole – sono andate completamente distrutte e circa 150 più o meno danneggiate fortemente.

Una stima ancora approssimativa dei danni arrecati alle attività industriali, artigianali e agricole, al momento si fa aggirare intorno ai 300 milioni di euro. Quindi del tutto ovvia la richiesta della stato di calamità naturale per le provincie di Lucca e Pisa. Perché non bisogna dimenticare che se la maggior parte dell’attenzione è stata dedicata alla situazione verificatasi alle conseguenze della piena sul basso corso del Serchio, in Garfagnana, nella Media Val di Serchio e in Alta Versilia non si contano le frane, gli smottamenti, i paesi isolati a causa, appunto, del cedimento della montagna che ha interrotto la viabilità di accesso. Fabbriche di Vallico, Camporgiano, Barga, Pieve Fosciana e Stazzema sono stati infatti i comuni più colpiti dalle abbondanti piogge che ininterrottamente sono cadute per almeno tre giorni.

Un evento alluvionale di simile portata si era verificato nella prima metà del dicembre 1940, quando a causa – soprattutto – della piena del torrente Lima, il Serchio si era pericolosamente ingrossato all’altezza del comune di Bagni di Lucca, causando successivamente il cedimento degli argini, sempre all’altezza di Nodica, con conseguente allagamento delle campagne circostanti e notevole innalzamento delle acque del Massaciuccoli. Solo che allora, rispetto ad oggi, i danni furono del tutto relativi perché gli insediamenti industriali erano di là da venire, mentre le abitazioni si riducevano ai vecchi insediamenti urbani di Vecchiano, Filettole e ovviamente Nodica. Allora, comunque, fu tutto più complicato sotto il profilo degli interventi riparatori, sia per mancanza di mezzi, quanto per quello più determinante dell’organizzazione della Protezione Civile. Senza poi dimenticare che nel 1940 si era in pieno stato di guerra.

A quasi settanta anni di distanza il tragico evento si è comunque ripetuto, a dimostrazione del fatto che in tutto questo tempo le opere di difesa del fiume Serchio non sono state certamente rinforzate perché è stata sufficiente una piena superiore al normale perché cedessero nei punti più deboli. Ed a questo proposito non è senza significato che sia la Procura di Lucca che quella di Pisa abbiano aperta un’inchiesta per disastro colposo.

È tuttavia necessario tener presente che dal dicembre 2000 al dicembre 2008 solo una volta il Serchio ha fatto registrare una piena che superava di poco i 450 metri cubi d’acqua al secondo. Mentre dal dicembre 2008 al dicembre 2009 si sono verificate ben cinque piene di cui addirittura tre negli ultimi dieci giorni. Tralasciando la prima, irrilevante rispetto alle altre due, il 22 dicembre ha raggiunto i 1.200 metri cubi al secondo, e la vigilia di Natale addirittura i 1.800-1.900 metri cubi al secondo. Il che sta anche a dimostrare come l’intero bacino del Serchio sia interessato ad un notevole cambiamento climatico che impone un giudizio molto più ampio rispetto alla contingenza del momento.

Ma al di fuori e al di sopra di ciò che verrà accertato, non solo sotto il profilo penale, sta di fatto che la tempestiva e perfetta organizzazione dei soccorsi alla popolazione, quanto e soprattutto nell’aver coordinato al meglio – da parte del vice direttore generale della Protezione Civile Bernardo De Bernardinis – i difficili lavori di ricostruzione degli argini, hanno certamente evitato il peggio, se si può parlare di un peggio ulteriore. Perché se riparare il danno all’altezza di Santa Maria a Colle è stato relativamente facile, data la limitatezza della breccia, a Nodica è stata necessaria la perfetta funzionalità della macchina per arrivare a tamponare una falla di circa centosettanta metri. Ed a questo proposito è necessario sottolineare anche l’ininterrotta spola dai camion che dalle cave di Carrara hanno trasportato tonnellate e tonnellate di macigni marmiferi per poi scaricarli lungo la falla, e quindi costituire con circa 9 mila metri cubi di materiale inerte una solida base su cui innalzare il nuovo argine.

Ora però c’un’altra partita da giocare immediatamente per quanto riguarda soprattutto la provincia di Lucca, visto che qui – come si è detto – non si è verificata soltanto la rottura dell’argine del Serchio in località Santa Maria a Colle. A questo proposito il presidente della Provincia Stefano Baccelli ha ricordato infatti al dirigente nazionale della Protezione civile che nelle zone collinari e montane della Lucchesia e della Versilia si sono registrate ben 140 frane di grosse proporzioni con 23 frazioni di montagna rimaste isolate.

Per affrontare questa ennesima emergenza, ha ancora ricordato Baccelli, occorrono ingenti e urgentissimi finanziamenti per riportare non solo alla normalità vaste zone del territorio, ma anche per assicurare la popolazione che si sta facendo di tutto per preservarle da ulteriori eventualità calamità naturali. Al che Bertolaso ha assicurato che senza esitazioni si potrà procedere agli interventi di estrema urgenza, dando per scontato che il Governo dichiarerà lo stato di calamità naturale e quindi il conseguente stanziamento dei fondi necessari.

Dal canto suo Bernardo De Bernardinis, vice capo del Dipartimento nazionale di Protezione civile che mai ha abbandonato il territorio colpito dal disastro, ha annunciato che entro il 16 gennaio convocherà in Palazzo Ducale a Lucca un tavolo di concertazione con Regione Toscana, Autorità di Bacino, Protezione Civile, Provincia e Anas – per la competenza in molte strade disastrate dal maltempo – per escogitare un piano organico per migliorare la viabilità, oltre che per programmare degli interventi strutturali affinchè quanto si è verificato a cavallo fra il 2009 e il 2010 non abbia più a ripetersi.

Ore di paura per il lago amato da PucciniOre di tensione e di allarme si sono vissute pure nelle zone rivierasche del lago di Massaciuccoli, come nell’abitato omonimo, a Quiesa, Massarosa e Torre del Lago, dove il notevole aumento del livello delle acque ha fatto addirittura temere per la Villa-Mausoleo di Giacomo Puccini, che custodisce le sue spoglie mortali e che – appunto – si affaccia proprio sul lago. Come in tutte le zone a rischio – si calcola che ne siano stati utilizzati oltre 150 mila – anche alla base della cancellata del giardino che la circonda è stata collocata preventivamente una paratia di sacchetti di sabbia, alta circa 40 centimetri, nell’eventualità che il lago tracimasse oltre l’altra paratia disposta lungo la ringhiera del belvedere. Il pericolo, qui, derivava dal fatto che continuando a tracimare l’acqua dalla falla di Nodica, potesse aumentare il livello del secondo lago di oltre 30 milioni di metri cubi d’acqua, che si era andato rapidamente formando nei terreni della bonifica di Vecchiano, e che aveva già prodotto l’interruzione sia dell’ autostrada «A 11» fra Viareggio e Pisa nord e dell’«Aurelia» nello stesso tratto.

Ma l’incessante ed ininterrotto pompaggio delle idrovore del Consorzio di Bonifica, che hanno smaltito circa 14 mila litri all’ora nei canali Burlamacca e Bufalina, prima ha mantenuto costante il livello delle acque per poi farlo gradatamente abbassare fino a scongiurare l’ emergenza dell’evacuazione della popolazione dei centri sopra citati. Evacuazione ovviamente già stabilita in ogni dettaglio e resa pubblica in una conferenza stampa tenuta nel municipio di Viareggio dal vice direttore nazionale della Protezione Civile Bernardo De Bernardinis che, dopo le visite iniziali del direttore del Dipartimento Guido Bertolaso, aveva assunto il comando di tutte le operazioni. Alle sue direttive hanno infatti operato giorno e notte gli operatori della Protezione civile di Lucca e di Pisa, i volontari sia della Croce Rossa che di tutte le organizzazioni di Protezione civile esistenti nelle due province, i Vigili del fuoco dei due Comandi provinciali, nonché tutte le varie Forze dell’Ordine, i militari del Genio ed i paracadutisti della «Folgore».

Uno spiegamento di uomini e mezzi che se ha contribuito con la sua presenza a confortare non poco le popolazioni minacciate, sostanzialmente ha permesso di ridurre notevolmente i tempi del ritorno alla normalità, sia pure fra le mille difficoltà dovute all’eccezionalità dell’evento.

La mobilitazione delle Diocesi

Lucca, arcivescovo in visita alle famiglie colpiteUna vicinanza umana dell’Arcivescovo tra gli alluvionati, e un fondo di solidarietà gestito dalla Caritas con le offerte raccolte durante le messe di domenica scorsa. È così che la Chiesa di Lucca cerca di affrontare la calamità naturale abbattutasi la notte di Natale, in particolare nelle frazioni di S. Maria a Colle, Ponte S. Pietro e S. Macario in Piano. Nel pomeriggio del 25 dicembre scorso c’è stata la prima missione di vicinanza e conforto da parte delle autorità civili e religiose agli abitanti danneggiati dall’esondazione del Serchio. Le frazioni colpite si trovano a soli cinque km ad est dal centro storico di Lucca. Con un mezzo anfibio dei vigili del fuoco, l’arcivescovo di Lucca, mons. Italo Castellani, il presidente della Provincia, Stefano Baccelli, e l’assessore regionale Massimo Toschi hanno visitato le famiglie colpite dall’alluvione e rimaste rinchiuse ai piani superiori delle abitazioni.

È partito anche così per la Chiesa di Lucca il primo contatto con gli alluvionati. Poi la scelta di aprire un fondo di solidarietà gestito dalla Caritas diocesana in collaborazione con le parrocchie delle zone colpite, che comunque fin da subito si sono messe a disposizione delle autorità e della Protezione Civile. «Non potevamo fare altrimenti, di fronte alle gravissime ferite che la recente alluvione ha provocato al territorio e soprattutto alla popolazione» ha dichiarato mons. Castellani «dobbiamo essere consapevoli che la vita della Comunità dei discepoli del Signore si esprime in una solidarietà e una attenzione che si concretano nel farsi carico delle necessità e dei bisogni dell’altro».

E poi ha sottolineato l’arcivescovo di Lucca «questo spirito di vicinanza e compartecipazione trovano anche nella invocazione al Signore la prima risorsa e nella preghiera condivisa la forma per sentirsi vicini ai fratelli e alle sorelle in difficoltà». E infatti durante le festività mons. Castellani è tornato tra gli alluvionati: in particolare la sera del 31 dicembre per presiedere la messa a S. Maria a Colle. Poi il 1° gennaio per incontrare nuovamente gli sfollati, portare loro una parola di conforto e vicinanza. Infine solo per la criticità della viabilità, l’arcivescovo si è limitato a telefonare ai parroci della Mediavalle e della Garfagnana le cui frazioni sono state colpite da frane e smottamenti. La diocesi di Lucca rende noto che il fondo di solidarietà rimane aperto ai contributi di tutti, per informazioni contattare la Caritas diocesana di Lucca: caritas@diocesilucca.it, 0583 430961, 0583 430962.

Lorenzo Maffei Pisa, colletta diocesana per gli alluvionatiUna colletta diocesana per le famiglie alluvionate. La indice per domenica 10 gennaio l’arcivescovo di Pisa, monsignor Giovanni Paolo Benotto. Le offerte raccolte potranno essere portate direttamente alla sede della Caritas (a Pisa in piazza Arcivescovado 18) o versate sul conto corrente bancario Iban IT 86 L 01030 14010 000000390954 specificando nella causale «Alluvione Nodica». Intanto, in questi giorni, è sorto un centro di ascolto della Caritas nell’oratorio parrocchiale di Nodica. Vi ruoteranno intorno una quarantina di volontari. Dice il parroco don Baldo Batini: «Andremo due a due nelle case per chiedere a chi vi abita quali possano essere le esigenze immediate cui dare risposta. E laddove potremo, interverremo. Intanto sono stati ordinati cinquanta deumidificatori per le case delle famiglie alluvionate. I giorni della pauradi Andrea Bernardini

Questa domenica avrebbero dovuto riunire in azienda fornitori e clienti e festeggiare con loro la nascita del nuovo centro produttivo, a Migliarino in via  Traversagna. I fratelli Conforti avevano raschiato il barile per avviare il nuovo pastificio: in poche ore il sogno della loro vita è naufragato in un metro e mezzo di fango.

«Nessuno di noi si è accorto del pericolo che stavamo per correre. Nessuno ci ha avvertito» racconta Riccardo Conforti. E, d’altronde, l’esondazione del Serchio a Nodica e Migliarino nel giorno di Natale ha colto un po’ tutti di sorpresa.

Rodolfo Pardini, primo cittadino del comune di Vecchiano, ci riceve nel suo ufficio. Appare molto provato. «Ormai dalla vigilia di Natale non dormo più di due o tre ore a notte». Ricostruisce: «Quando, alle 22 della vigilia di Natale, il Serchio era passato da Borgo a Mozzano, la sua portata d’acqua era intorno ai 1200 metri cubi al secondo. E secondo gli esperti – primo tra tutti il professor Raffaello Nardi, segretario generale dell’autorità del bacino sperimentale del Serchio – qualche ora più tardi il fiume avrebbe dovuto scaricare sul nostro territorio non più di 1500 metri cubi di acqua al secondo». La portata di acqua nel momento di piena calcolata intorno alle 7 del mattino, sarà invece assai superiore, intorno ai 2100 metri cubi al secondo. Com’è possibile che il fiume si sia ingrossato in questo modo? E soprattutto: com’è possibile che, un’ora dopo l’ondata di piena, il Serchio abbia rotto gli argini in un tratto rettilineo, scavando una falla di 168 metri?

Riprende Pardini: «Alle 8.30 del giorno di Natale i tecnici ci hanno comunicato che il Serchio stava forzando in due punti: a Laiano, nella frazione di Filettole e all’argine tra Nodica e Migliarino. Da subito abbiamo capito che era quest’ultimo il punto più critico: l’argine si era fratturato e stava passando acqua lungo una ferita di due metri. Mi sono recato sul posto con il comandante dei vigili del fuoco di Pisa. Mentre ancora stavamo cercando di capire cosa potesse essere successo e come poter intervenire, la falla si è ampliata a dismisura. A quel punto anche coloro che stavano prestando soccorso – volontari, uomini della Protezione civile e Vigili del Fuoco – hanno dovuto mettersi in salvo dalla forza del fiume».

Dal «letto» del Serchio – fino al tardo pomeriggio di domenica 27 dicembre – usciranno trenta milioni di metri cubi di acqua. Massimiliano Angori, assessore comunale alla protezione civile, ci mostra in una cartina, gli effetti dell’esondazione. Le prime vittime dell’alluvione: gli abitanti di Malaventre, tra Nodica e Migliarino. Come la famiglia Banti. La loro è una abitazione a due piani. Aveva anche un muro di cinta alto due metri. Ora non c’è più. «Nel giorno di Natale eravamo stati invitati a pranzo a casa di mia cognata, che abita a Ripafratta. Ci eravamo dunque svegliati presto per contribuire anche noi al pranzo con qualche piatto. Appena abbiamo visto l’acqua in arrivo, siamo corsi ad avvertire i nostri vicini. Poi abbiamo tentato la fuga. Mia figlia è rimasta bloccata per un certo tempo in giardino. Poi ci siamo ricongiunti da amici di Filettole che, molto gentilmente, ci hanno ospitato per diversi giorni nel loro bed & breakfast «Spazzavento». Ma il nostro cane, pur salito al primo piano, è rimasto per due giorni da solo in casa: non ho trovato un gommone che mi riportasse  indietro per portarlo via con noi». La famiglia Banti gestisce una azienda agricola: il frutteto di cui disponevano, però, è adesso in condizioni disastrose. «Praticamente inutilizzabile. E pensare che devo ancora saldare una cambiale che avevo firmato per acquistare alcuni mezzi agricoli».

Fulvia Malfatti abita con il compagno, il fratello e la mamma in una casa dal color giallo, a duecento metri da viale Amedeo. «È stato mio fratello Otello a svegliarci la mattina di Natale. Il tempo di vestirci e di uscire in ciabatte e l’onda del Serchio ha allagato la nostra casa. Ci ha portati via un elicottero dei Vigili del Fuoco proveniente da Genova».

Poi l’acqua è arrivata alla campagna. Quindi ha raggiunto l’autostrada A/12, che ha fatto da effetto-diga: superatala, è precipitata verso la zona industriale di Migliarino. «Quando ci siamo accorti che le acque erano arrivate all’autostrada –  riprende il racconto il sindaco – abbiamo cercato di dare l’allarme, telefonando alle attività produttive di via Traversagna. Ma era il giorno di Natale: e non abbiamo trovato nessuno». I dipendenti delle 152 imprese di quell’area sono dunque scampati dall’alluvione. Ma adesso rischiano il loro posto di lavoro.

Racconta Riccardo Conforti: «Solo il giorno dopo l’alluvione, insieme a mio fratello, sono riuscito ad arrivare con un mezzo anfibio dei Vigili del Fuoco al nostro pastificio. Quando siamo entrati in azienda, abbiamo pianto come due bambini». I Conforti forniscono pasta corta e spaghetti a  grandi catene di distribuzione alimentare e a un po’ tutti gli aereoporti d’Italia. «Se anche avessimo il denaro necessario ad acquistare tutte le attrezzature, non potremo avere i permessi necessari a riprendere a lavorare prima di tre o quattro mesi. Non credo che i nostri clienti avranno la pazienza di aspettarci».

Lamma: «Il sistema di allerta ha funzionato»

Gli eventi del 24-25 e 31 dicembre hanno messo a dura prova l’intera catena informativa e decisionale collegata all’attività di previsione e prevenzione fornita dalla Regione Toscana. In particolare l’insieme delle informazioni raccolte dal Centro funzionale regionale, a cui collaborano sinergicamente le strutture tecniche del Consorzio Lamma (previsione meteo) e del Servizio idrologico regionale ha permesso di emettere alle 12 del 24 dicembre un avviso di elevata criticità idrogeologica che è stato il primo emesso in quattro anni di attività del Centro funzionale regionale, a dimostrazione della gravità dell’evento previsto. Il modello di previsione idrologica, insieme al monitoraggio in tempo reale della pioggia e dei livelli idrometrici, ha permesso di garantire una informazione continua a tutti i soggetti interessati (in primis il Sistema regionale di Protezione civile) con un aggiornamento della previsione ogni 6 ore ed è continuata durante tutto l’arco dell’evento.

Va chiarito da subito che in base alle informazioni raccolte dal sistema regionale di monitoraggio meteo-idropluviometrico la piena del Serchio, seppure rilevante per quantità e persistenza, da sola non avrebbe comportato l’esondazione se non fosse intervenuto un collassamento dell’argine del fiume che è avvenuto per cause ancora da accertare, anche se una delle principali è naturalmente la grande pressione che gli argini hanno dovuto sostenere per la grande quantità di acqua che è passata nelle prime ore della mattinata del 25 dicembre. C’è da sottolineare peraltro una delle componenti, che incide talvolta in maniera considerevole nel valutare il rischio idraulico dei nostri fiumi, determina la difficoltà del mare a ricevere le acque in caso di forti burrasche come nel caso dell’evento del 24-25 dicembre, che è stato invece tenuto in conto dal Centro funzionale regionale nella previsione della criticità.

La costante rimane quella di una grande fragilità del sistema idraulico dell’Appennino Toscano caretterizzato da forti declivi e da fenomeni meteo improvvisi e intensi. Anche se i quantitativi di pioggia caduti non rientrano tra quelli più intensi registrati nella zona, il concatenarsi con lo scioglimento delle nevi, causato dall’improvviso innalzarsi delle temperature (siamo passati da -16° a +16° nell’arco di 48 ore), ha causato la situazione che abbiamo vissuto in questo scorcio di fine anno in Toscana. Se la situazione generale deve quindi tenere sempre alto il livello di vigilanza e controllo possiamo dire una volta tanto che se non tutto, molto di quello che doveva funzionare su scala regionale, lo ha fatto egregiamente.

Maurizio BaudoneAmministratore Consorzio Lamma