Toscana

FRANCIA: VESCOVI FRANCESI SU CPE, «NON POSSIAMO NON ASCOLTARE LA SOFFERENZA DEI GIOVANI»

Al di là del “giudizio tecnico” che ciascuno è libero di dare sul Cpe, il contratto di primo impiego che da circa un mese sta scatenando in Francia l’ira degli studenti e dei sindacati, i vescovi hanno deciso di concentrare la loro attenzione sulla “portata simbolica” delle manifestazioni e cioè “la percezione” di essere vittime “a torto o a ragione di una discriminazione negativa”. I giovani, cioè, “sanno che, oltre alla difficoltà di trovare un lavoro stabile, non potranno beneficiare di un livello di vita pari a quello dei loro genitori”. E’ la lettura – molto attesa in Francia – che i vescovi francesi danno alle contestazioni dei giovani contro il Cpe. È contenuta nelle conclusioni tratteggiate questa mattina dal card. Jean-Pierre Ricard, presidente della Conferenza dei vescovi francesi al termine della Assemblea plenaria che ha riunito fino ad oggi a Lourdes l’episcopato francese.

Parte dei lavori è stata inevitabilmente riservata alla lettura di “una crisi profonda” che attraversa non solo oggi, la società francese. Il card. Ricard fa infatti notare che già lo scorso ottobre, le “violenze urbane” nelle periferie delle città manifestavano una “sofferenza” e cioè il rifiuto dei giovani, in gran parte immigrati, “della discriminazione e della marginalizzazione”.

“Oggi – ha detto Ricard – la contestazione contro il Cpe è di nuovo espressione della sofferenza dei giovani, ma questa volta si manifesta nel campo degli studi e dell’entrata nel mondo del lavoro. Non possiamo non ascoltare questa sofferenza, questa angoscia dei giovani di fronte al futuro”.

Le contestazioni e gli scioperi sono però- a parere dell’episcopato francese – anche manifestazione di una “forte crisi della politica e della rappresentanza. Le divisioni della classe politica e gli atteggiamenti, troppo spesso da primi attori in vista del palcoscenico elettorale, accentuano questo discredito”.

I vescovi invitano quindi la classe politica del paese ad agire per “il bene generale. Solo una tale presa di coscienza potrà permettere al nostro paese di fare le riforme necessarie per affrontare gli anni che verranno”. All’azione politica, però, occorre anche affiancare un’opera educativa perché il malessere dei giovani “tocca più profondamente le ragioni del vivere”. Si tratta pertanto di ridare alle nuove generazioni “la speranza che dono il gusto di esistere” e che non può essere ridotto alla “sola ricerca di sicurezza”. Sir