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Francia: Corte di Strasburgo, via libera all’eutanasia per Vincent Lambert

Non c’è violazione della Convezione sui diritti umani, e spetta agli Stati decidere in materia. Con questa duplice indicazione la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha oggi autorizzato l’«eutanasia passiva» per Vincent Lambert, francese, tetraplegico in stato vegetativo dal 2008. Il commento di Scienza & vita.

Il caso, noto in tutta Europa, aveva diviso la famiglia. In seguito a un incidente in moto Lambert è in coma: la moglie e il medico curante hanno chiesto di poter interrompere i trattamenti sanitari che gli consentono di vivere, facendo riferimento alla legge «Leonetti» del 2005 contro l’accanimento terapeutico; al contrario i genitori di Lambert, cattolici, hanno chiesto di non porre termine alla sua esistenza. La madre e il padre di Lambert si erano rivolti alla Corte di Strasburgo per evitare che i medici dell’ospedale di Reims interrompessero le cure e l’alimentazione del figlio ammalato. Ma oggi, con una lunga e articolata sentenza, la Corte dei diritti dell’uomo – che dipende dal Consiglio d’Europa – ha confermato la posizione assunta dal Consiglio di Stato francese, organismo che in Francia ha l’ultima parola in materia.

Nella sentenza odierna di Grande Chambre (cioè definitiva), si legge in un comunicato della Corte, nel constatare che «non esiste consenso tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa sull’interruzione di un trattamento che mantenga artificialmente la vita», la Corte ritiene opportuno, «in questo ambito che  tocca il fine vita, concedere un certo margine di discrezionalità» agli Stati stessi.

Per i giudici di Strasburgo, «le disposizioni della legge del 22 aprile 2005 (legge Leonetti contro l’accanimento terapeutico, ndr) come interpretate dal Consiglio di Stato, costituiscono un quadro normativo sufficientemente chiaro per inquadrare con precisione la decisione del medico» nel caso di specie. Consapevole dell’importanza dei temi sollevati da questo caso, «che tocca questioni mediche, legali ed etiche di grande complessità», la Corte ricorda che «spetta in primo luogo alle autorità nazionali verificare la conformità della decisione di sospendere il trattamento con la legge nazionale e la Convenzione, nonché stabilire i desideri del paziente in conformità con la normativa nazionale». Il ruolo della Corte, precisa il comunicato, è stato «l’esame del rispetto da parte dello Stato degli obblighi positivi» derivanti dall’art. 2 della Convenzione. I giudici hanno ritenuto «conformi ai requisiti di cui all’art. 2» sia «il quadro legislativo interno, secondo l’interpretazione del Consiglio di Stato», sia «il processo decisionale condotto in modo meticoloso». Secondo la Corte, il caso è stato oggetto di un esame approfondito in cui «tutti i punti di vista hanno avuto modo di esprimersi e tutti gli aspetti sono stati attentamente».

«La sentenza con cui la Corte di Strasburgo ha deciso che Vincent Lambert deve morire è motivo di riflessione personale e sociale, dal momento che si suppone che un’istituzione democratica, come la nostra, dovrebbe sempre privilegiare la tutela dei più fragili e dei più deboli». È il commento di Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’associazione Scienza & Vita. «Come è possibile – osserva Ricci Sindoni – ritenere razionalmente che interrompere alimentazione e idratazione a un essere umano, facendolo morire di stenti, non violi il diritto alla vita? Il piano inclinato provocato da questa decisione sarà un terribile precedente, rendendo l’eutanasia dei disabili gravissimi una scelta ammissibile». Sei anni dopo «la dolorosa vicenda di Eluana Englaro», conclude Scienza & Vita, «ci domandiamo ancora come sia accettabile interrompere la vita di chi ha solo bisogno di essere assistito. Papa Francesco continua a ricordarci incessantemente quali sono le inumane conseguenze prodotte dalla cultura dello scarto, dove il non più efficiente, l’indifeso, il povero è destinato a essere eliminato. Il grado di civiltà di un Paese dovrebbe misurarsi in termini di sostegno per chi è in difficoltà, non di cancellazione di esistenze ritenute inutili».