Vita Chiesa

Francesco, Udienza: l’unzione degli infermi non è un tabù. Appello per il Venezuela

Certo «non per un’influenza, che dura tre o quattro giorni, ma per una malattia seria». «Ogni persona che ha più di 65 anni – ha spiegato il Papa – può ricevere questo sacramento di Gesù che si avvicina» al malato e all’anziano. Si chiede l’unzione degli infermi, ha puntualizzato il Papa, non per la «ricerca ossessiva del miracolo» o della guarigione, ma per avere «la sicurezza della vicinanza di Gesù» nel momento della sofferenza. «Chiamiamo il prete, il sacerdote?», ci si chiede nei momenti di grave malattia e sofferenza: «No, porta mala fortuna, o poi si spaventa il malato», ha risposto Papa Francesco citando le obiezioni più frequenti a questa pratica. «C’è l’idea – ha denunciato – che quando c’è il malato e arriva il sacerdote, dopo di lui arriva la pompa funebre». «Non è vero!», ha esclamato il Santo Padre: «Il Signore viene per aiutare il malato, per aiutare l’anziano. È tanto importante la visita del sacerdote, per dare forza, speranza, per aiutare, per perdonare i peccati».

«Non pensare» che l’unzione degli infermi sia «un tabù». È l’invito del Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi ha spiegato come questo sacramento è «una prassi che era in atto già al tempo degli apostoli», che «ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l’uomo», e «ci aiuta ad allargare lo sguardo all’esperienza della malattia e della sofferenza, nell’orizzonte della misericordia di Dio». «È bello sapere che nel momento del dolore e della malattia non siamo soli», ha detto il Papa riferendosi alla presenza del sacerdote e di «coloro che sono presenti» durante l’amministrazione di questo sacramento, tramite il quale «la persona sofferente viene affidata a un albergatore, affinché possa continuare a prendersi cura di lei, senza badare a spese». «Chi è questo albergatore?», si è chiesto il Papa: «È la Chiesa, la comunità cristiana, siamo noi – la risposta – ai quali ogni giorno il Signore Gesù affida coloro che sono afflitti, nel corpo e nello spirito, perché possiamo continuare a riversare su di loro, senza misura, tutta la sua misericordia e la sua salvezza». Come fa Gesù, che attraverso l’unzione degli infermi «ci prende per mano e ci carezza», dandoci «sollievo e pace».

Un appello per «pace e concordia» in Venezuela. A rivolgerlo è stato oggi il Papa, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli. «Seguo con particolare apprensione quanto sta accadendo in questi giorni in Venezuela», ha esordito il Papa: «Auspico vivamente che cessino quanto prima le violenze e le ostilità e che tutto il popolo venezuelano, a partire dai responsabili politici e istituzionali, si adoperi per favorire la riconciliazione nazionale, attraverso il perdono reciproco e un dialogo sincero, rispettoso della verità e della giustizia, capace di affrontare temi concreti per il bene comune». «Mentre assicuro la mia costante e fervida preghiera, in particolare per quanti hanno perso la vita negli scontri e per le loro famiglie – ha concluso il Santo Padre – invito tutti i credenti ad elevare suppliche a Dio, per la materna intercessione di Nostra Signora di Coromoto, affinché il Paese ritrovi prontamente pace e concordia».

Salutando i fedeli di lingua italiana, il Papa ha anche rivolto uno speciale saluto ai convegnisti, alle autorità accademiche e ai malati presenti in piazza San Pietro per la Giornata delle malattie rare, che si celebra dopodomani.  «Auspico che i pazienti e le loro famiglie siano adeguatamente sostenuti nel loro non facile percorso, sia a livello medico che legislativo», l’appello di Papa Francesco, che ha salutato anche le «numerose scuole» presenti. Rivolgendosi ai pellegrini di lingua araba, il Papa ha salutato in particolare quelli provenienti dall’Iraq e dal Libano.

Anche oggi Papa Francesco aveva fatto il suo ingresso in piazza San Pietro, affollata da almeno 30 mila fedeli, per l’appuntamento del mercoledì, una decina di minuti prima delle 10. Nel consueto giro con la jeep bianca, il Papa ha dato come sempre la precedenza ai bambini. Tra di loro, gli uomini della sicurezza vaticana gli hanno consegnato anche un bambino di pochi mesi, vestito «da Papa», con un abito bianco ampio e come copricapo un vero e proprio zucchetto – il copricapo dei Pontefici – in miniatura. Forse una scelta «in maschera» per il Carnevale. Il Papa lo ha baciato e accarezzato, come fa abitualmente con tutti i bambini che riesce a salutare durante l’udienza generale.