Vita Chiesa
Francesco, udienza: «Le piaghe di Gesù sono il prezzo della salvezza»
«Il protagonista del perdono dei peccati è lo Spirito Santo, che dona «la pace, la gioia, la remissione dei peccati, la missione», ma «prima di fare il gesto di soffiare e donare lo Spirito», quando gli apostoli sono riuniti nel cenacolo, nella sua prima apparizione da Risorto «Gesù mostra le sue piaghe, nelle mani e nel costato: queste ferite rappresentano il prezzo della nostra salvezza». Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi si è soffermato sul tema della remissione dei peccati, in riferimento al cosiddetto «potere delle chiavi», simbolo biblico della missione che Gesù ha dato agli apostoli. «Lo Spirito Santo ci porta il perdono di Dio passando attraverso le piaghe di Gesù», ha spiegato il Papa. «Anche in questo momento, nel cielo – ha aggiunto Papa Francesco a braccio – Lui fa’ vedere al Padre le sue piaghe, che sono le chiavi con le quali ci ha riscattato». «Così Gesù ci ha dato la sua vita, per la nostra pace, la nostra gioia, per il perdono dei nostri peccati»; ha commentato il Papa sempre fuori testo.
Meglio diventare una volta rosso che mille giallo. «Le nostre nonne, le nostre mamme dicevano: è meglio diventare una volta rosso e non mille volte giallo». Ha usato la saggezza popolare, Papa Francesco, per rispondere all’obiezione di chi dice: «A me dà vergogna dire i miei peccati». «Dio non si stanca di perdonarci, e noi non dobbiamo stancarci di chiedere perdono», ha ripetuto il Papa spiegando che «Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione ecclesiale, comunitaria». «La Chiesa, che è santa e insieme bisognosa di penitenza, accompagna il nostro cammino di conversione per tutta la vita», ha ricordato: «La Chiesa non è padrona del potere delle chiavi, ma è serva del ministero della misericordia e si rallegra tutte le volte che può offrire questo dono». «Tante persone oggi – la denuncia del Papa – non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono, perché domina l’individualismo, il soggettivismo». «Dio perdona ogni peccatore pentito, personalmente, ma il cristiano è legato a Cristo, e Cristo è unito alla Chiesa», ha spiegato il Papa: «Per noi cristiani c’è un dono in più, e c’è anche un impegno in più: passare umilmente attraverso il ministero ecclesiale». Andare dal sacerdote per confessare i propri peccati, quindi, «è una cura, è una protezione, è anche la sicurezza che Dio mi ha perdonato», ha commentato il Papa: «Vado dal fratello sacerdote, e sono sicuro in quel momento che Dio mi ha perdonato».
Anche il Papa si confessa. «Anche il Papa si confessa ogni quindici giorni, perché il Papa anche è un peccatore». A rivelarlo è stato il Papa, che soffermandosi sulla necessità della mediazione del sacerdote per il perdono dei peccati ha aggiunto: «Il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona». «A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio», ha detto il Pontefice: «Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, a nome della Chiesa». «Il servizio che il sacerdote presta come ministro, da parte di Dio, per perdonare i peccati è molto delicato», ha ammonito Papa Francesco, ed «esige che il suo cuore sia in pace, che non maltratti i fedeli, ma che sia mite, benevolo e misericordioso, che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto, sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al sacramento della riconciliazione cerca il perdono e lo fa come si accostavano tante persone a Gesù perché le guarisse». «Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non si corregga, non amministri questo sacramento», l’ammonimento del Papa, secondo il quale «i fedeli penitenti hanno il diritto di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio». «Anche questa è la nostra vita: continuamente rialzarci per riprendere il cammino», ha concluso a braccio.
Appello per la giornata Pro Orantibus. «Un’occasione opportuna per ringraziare il Signore del dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano a Dio nella preghiera e nel silenzio operoso». Così il Papa ha definito la Giornata «Pro Orantibus», dedicata al ricordo delle comunità religiose di clausura, che si celebra domani, nella memoria liturgica della presentazione di Maria Santissima al Tempio. E proprio domani pomeriggio Papa Francesco si recherà a far visita al monastero delle suore di clausura all’Aventino, luogo delle tracce più antiche delle prime comunità religiose femminili a Roma. «Rendiamo grazie al Signore per le testimonianze di vita claustrale e non facciamo mancare a questi nostri fratelli e sorelle il nostro sostegno spirituale e materiale, affinché possano compiere la loro importante missione», l’appello rivolto dal Papa ai circa 35mila fedeli riuniti in piazza S. Pietro, prima dei saluti in lingua italiana che come di consueto concludono l’udienza del mercoledì.
Anno Onu della famiglia rurale. «Il 22 novembre prossimo sarà inaugurato dalle Nazioni Unite l’«Anno internazionale della famiglia rurale, volto anche a sottolineare che l’economia agricola e lo sviluppo rurale trovano nella famiglia un operatore rispettoso della creazione e attento alle necessità concrete». A ricordarlo è stato oggi il Papa, nel secondo appello lanciato prima di salutare i fedeli di lingua italiana presenti all’udienza. «Anche nel lavoro – ha detto il Papa – la famiglia è un modello di fraternità per vivere un’esperienza di unità e di solidarietà fra tutti i suoi membri, con una maggiore sensibilità verso chi è più bisognoso di cure o di aiuto, bloccando sul nascere eventuali conflitti sociali». «Per questi motivi, mentre esprimo compiacimento per tale opportuna iniziativa – ha concluso Papa Francesco – auspico che essa contribuisca a valorizzare gli innumerevoli benefici che la famiglia apporta alla crescita economica, sociale, culturale e morale dell’intera comunità umana».
Preghiera silenziosa per le vittime della Sardegna. Una preghiera silenziosa per le vittime dell’alluvione in Sardegna, seguita dalla recita dell’«Ave Maria». Si è conclusa così l’udienza generale di oggi. Dopo il telegramma inviato al presidente dei vescovi sardi, Papa Francesco è tornato dunque a ricordare la tragedia di questi giorni nell’isola. «In questo momento non possiamo non ricordare le vittime della recente alluvione in Sardegna», ha detto il Papa al termine dei saluti in lingua italiana: «Preghiamo per loro e per i familiari e siamo solidali con quanti hanno subito dei danni». «Adesso facciamo una preghierina in silenzio – ha proposto il Papa ai fedeli – e poi pregheremo la Madonna».