Vita Chiesa

Francesco, udienza: «La Chiesa è madre, nessuno uomo è un’isola»

«Per me è l’immagine più bella», ha confessato il Papa ai fedeli: «Quello che si può dire della Chiesa, si può dire anche della Madonna, e quello che si può dire della Madonna si può dire anche della Chiesa». «Un cristiano non è un’isola», ha ammonito il Papa: «Noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un dono di Dio che ci viene dato nella Chiesa e attraverso la Chiesa». Per rispondere alla domanda «in che senso e in che modo la Chiesa è madre» è partito dalla «realtà umana della maternità». «Che cosa fa una mamma?», si è chiesto il Papa: «Anzitutto – la risposta – una mamma genera alla vita, porta nel suo grembo per nove mesi il proprio figlio e poi lo apre alla vita, generandolo. Così è la Chiesa: ci genera nella fede, per opera dello Spirito Santo che la rende feconda, come la Vergine Maria».

«E la Chiesa – ha proseguito il Papa – ci dona la vita di fede nel battesimo: quello è il momento in cui ci fa nascere come figli di Dio, il momento in cui ci dona la vita di Dio, ci genera come madre». Poi un riferimento alla sua esperienza di vescovo di Roma: «Se andate al Battistero di San Giovanni in Laterano – l’itinerario consigliato dal Papa – all’interno c’è un’iscrizione latina che dice più o meno così: ‘Qui nasce un popolo di stirpe divina, generato dallo Spirito Santo che feconda queste acque; la Madre Chiesa partorisce i suoi figli in queste onde’». «Questo ci fa capire una cosa importante», il commento del Papa: «Il nostro far parte della Chiesa non è un fatto esteriore e formale, ma interiore e vitale». «Non si appartiene alla Chiesa come si appartiene a una società, a un partito o a una qualsiasi altra organizzazione», ha ammonito il Papa: «Il legame è vitale, come quello che si ha con la propria mamma, perché, come afferma sant’Agostino, «la Chiesa è realmente madre dei cristiani». «Chiediamoci – l’invito del Papa – come vedo io la Chiesa? Sono riconoscente anche ai miei genitori perché mi hanno dato la vita, sono riconoscente alla Chiesa perché mi ha generato nella fede attraverso il battesimo? Amiamo la Chiesa come si ama la propria mamma, sapendo anche comprendere i suoi difetti, la aiutiamo a essere più bella, più autentica, più secondo il Signore?».

«Quanti cristiani ricordano la data del loro battesimo? Quanti di voi ricordano la data del loro battesimo?». È la doppia domanda, provocatoria, rivolta dal Papa durante l’udienza generale. Sta diventando ormai una consuetudine il «botta e risposta» tra il Santo Padre e i fedeli. Oggi, addirittura, nel suo «fuori programma» Papa Francesco ha dato ai fedeli i «compiti a casa». «La data del battesimo è la data della nostra nascita nella Chiesa, la data in cui la nostra mamma Chiesa ci ha partorito», ha esordito il Papa, che subito dopo ha commentato: «È bello, no?». Poi quelli che lui stesso ha definito i «compiti a casa» per i fedeli: «Quando tornate a casa – ha detto loro – cercate qual è la data del vostro battesimo, e poi una volta che l’avete trovata, lo festeggiate! Lo farete? È un compito». Subito dopo, il Papa è tornato al tema della Chiesa come madre, e ha detto: «Tutte le mamme hanno i loro difetti, e la Chiesa ha i suoi difetti, ma la amiamo!». «Non dimenticate i compiti, cercate la data del vostro battesimo», ha ripetuto.

«La Chiesa ci accompagna in tutta la nostra vita di fede, in tutta la nostra vita cristiana. Chiediamoci allora: che rapporto ho io con la Chiesa? La sento come madre che mi aiuta a crescere da cristiano? Partecipo alla vita della Chiesa, mi sento parte di essa? Il mio rapporto è formale o è vitale?». È la serie di domande poste dal Papa nella catechesi odierna, dedicata alla «maternità» della Chiesa. «Una mamma – ha detto Papa Francesco proseguendo nella sua analogia – non si limita a dare la vita, ma con grande cura aiuta i suoi figli a crescere, dà loro il latte, li nutre, insegna il cammino della vita, li accompagna sempre con le sue attenzioni, con il suo affetto, con il suo amore, anche quando sono grandi. E in questo sa anche correggere, perdonare, comprendere, sa essere vicina nella malattia, nella sofferenza». In una parola, «una buona mamma aiuta i figli a uscire da se stessi, a non rimanere comodamente sotto le ali materne, come una covata di pulcini sta sotto le ali della chioccia». «La Chiesa come buona madre fa la stessa cosa», ha assicurato il Papa: «Accompagna la nostra crescita trasmettendo la Parola di Dio, che è una luce che ci indica il cammino della vita cristiana; amministrando i Sacramenti. Ci nutre con l’Eucaristia, ci porta il perdono di Dio attraverso il Sacramento della Penitenza, ci sostiene nel momento della malattia con l’Unzione degli infermi».

«Quanti cristiani ricordano la data del loro battesimo? Quanti di voi ricordano la data del loro battesimo?». È la doppia domanda, provocatoria, rivolta dal Papa durante l’udienza generale. Sta diventando ormai una consuetudine il «botta e risposta» tra il Santo Padre e i fedeli. Oggi, addirittura, nel suo «fuori programma» Papa Francesco ha dato ai fedeli i «compiti a casa». «La data del battesimo è la data della nostra nascita nella Chiesa, la data in cui la nostra mamma Chiesa ci ha partorito», ha esordito il Papa, che subito dopo ha commentato: «È bello, no?». Poi quelli che lui stesso ha definito i «compiti a casa» per i fedeli: «Quando tornate a casa – ha detto loro – cercate qual è la data del vostro battesimo, e poi una volta che l’avete trovata, lo festeggiate! Lo farete? È un compito». Subito dopo, il Papa è tornato al tema della Chiesa come madre, e ha detto: «Tutte le mamme hanno i loro difetti, e la Chiesa ha i suoi difetti, ma la amiamo!». «Non dimenticate i compiti, cercate la data del vostro battesimo», ha ripetuto.

«La Chiesa siamo tutti». A ripeterlo, a più riprese, è stato il Papa, che salutando i fedeli, tra gli applausi, ha esclamato: «Viva la santa madre Chiesa», esortando la folla presente in piazza a ripeterlo «tutti». «La Chiesa non è qualcosa di diverso da noi stessi, tutti noi siamo parte della Chiesa», ha detto il Papa a braccio. «A volte sento dire – ha aggiunto – ‘io credo in Dio, ma non nella Chiesa’, ma la Chiesa non è solo i preti, siamo tutti». «Se tu dici che credi in Dio e non credi nella Chiesa, stai dicendo che non credi in te stesso», il commento del Papa: «La Chiesa siamo tutti, dai bambini battezzati ai vescovi e al Papa, e tutti siamo uguali agli occhi di Dio, tutti!», ha esclamato il Papa tra gli applausi: «Tutti siamo chiamati a collaborare alla nascita alla fede di nuovi cristiani, tutti siamo chiamati a essere educatori nella fede, ad annunciare il Vangelo». «Ciascuno si chieda», l’invito finale: «Che cosa faccio io perché altri possano condividere la fede cristiana? Sono fecondo nella mia fede o chiuso?». «Quando ripeto che amo una Chiesa non chiusa nel suo recinto, ma capace di uscire, di muoversi, anche con qualche rischio, per portare Cristo a tutti – ha spiegato il Papa – penso a tutti, a me, a te, a ogni cristiano! Tutti partecipiamo della maternità della Chiesa, affinché la luce di Cristo raggiunga gli estremi confini della terra».

Nei saluti in lingua araba, che precedono quelli in lingua italiana con cui si conclude abitualmente l’udienza generale in piazza San Pietro, Papa Francesco si è rivolto anche ai fedeli siriani, ai quali ha riassunto i contenuti della catechesi. «Cari fedeli di lingua araba, specialmente voi provenienti dalla Siria, dal Libano e dall’Iraq», le sue parole: «La Chiesa è madre che condivide con i suoi figli le gioie e i dolori, i fallimenti e i successi, le cadute e le vittorie; è la Madre che ci ha generati nella fede, ci nutre con il pane della vita, con la parola di Dio e con i Sacramenti; è la Madre che accompagna la nostra crescita e ci invita a uscire da noi stessi per portare la Buona Novella a ogni persona: perché il bene cresce con la condivisione, la luce si incrementa con l’espansione e l’amore si moltiplica con la diffusione. A tutti voi imparto la Benedizione Apostolica!”. Nei saluti in lingua italiana, il Papa ha rivolto un «affettuoso pensiero» alle religiose e ha ricordato che «soprattutto con le persone più deboli e bisognose dobbiamo condividere questo amore che cambia la vita. Non dimenticate che ognuno di noi, diffondendo la carità divina, contribuisce a costruire un mondo più giusto e solidale», ha concluso.