Toscana

Francesco, l’«antimoderno» che parla all’uomo di oggi

di Claudio Turrini

«Che fosse proprio il 1209, appare poco probabile: l’apostolato di Francesco era cominciato proprio allora. Ma non abbiamo né prove, né indizi, né strumenti, né motivi per negarlo con sicurezza». Franco Cardini, medievista e studioso di San Francesco (sua una delle migliori biografie del Santo, uscita nel 1989 da Mondadori) ha qualche dubbio sulla storicità dell’anniversario. Perché «dal punto di vista propriamente storico, le fonti documentarie su cui appoggiare una ricerca ch’è stata fatta con cura e da molto tempo da parte di numerosi specialisti (cito, per restar in campo degli studiosi francescani, Luigi Pellegrini; e, per Firenze, Anna Benvenuti) sono scarse e tarde». Ma per Cardini «ciò non significa che non si debba dar credito alla tradizione: al contrario, essa è preziosa soprattutto, appunto, perché le fonti storiche sicure fanno difetto. Solo che, purtroppo, non è possibile confermarla con puntuali prove scientifiche».

«Quanto a Firenze, – prosegue – sono i Tres socii a dirci che due frati pervennero presto in città. Comunque, il fenomeno “minoritico” nell’Italia del primo Duecento era diffuso: cioè non solo volontà di gruppi di uomini e di donne di vivere una vita evangelica in povertà (magari sulla suggestione di gruppi ereticali; o per combatterli). ma anche di viverla nel servizio al prossimo, ai poveri, agli ammalati».

Comunque la diffusione del francescanesimo in Toscana fu molto rapida…

«Abbiamo notizie d’insediamenti precoci a Firenze, Prato, Pisa, Siena, Lucca, Colle Valdelsa, Figline, Poggibonsi, Arezzo, Castel Fiorentino, Grosseto, Pistoia, Massa marittima. Alcune di queste sedi rivendicando una diretta fondazione da parte di Francesco. Si possono comunque tutte considerare nate nel primo ventennio del secolo. È significativo che si tratti di centri siti sulla linea d’importanti vie di comunicazione».

Nel 1211 Francesco sarebbe arrivato a Firenze.

«Anche per la presenza di Francesco vale quanto detto sopra. Il primo documento certo d’insediamento minoritico e di rapporto con la città è la pergamena del 19 marzo 1217 del Fondo Dainelli dell’Archivio di Stato di Firenze. Ma pare che a Firenze terziari e clarisse abbiano preceduto i “minori” del “primo Ordine”. L’insediamento di San Gallo venne dopo, e non fu mai istituzionalmente un luogo francescano».

Quale fu l’impatto del francescanesimo sulla città? La basilica di Santa Croce nacque quasi subito…

«Santa Croce appartiene alla storia della “seconda fase” del movimento francescano, in rapporto con altri Ordini (soprattutto quello dei Predicatori, cioè il domenicano) e con il lavoro di “presidio” delle città da parte degli Ordini  mendicanti e della Chiesa romana, in lotta verso la metà del secolo con l’imperatore Federico II, nonché del conflitto interno tra i “moderati” che poi saranno i conventuali e i “radicali” che non intendono deflettere dalla linea rigorosa di Francesco e alcuni dei quali finiranno poi con gli “spirituali” o addirittura, più tardi, tra i “fraticelli”, in attesa che si crei il movimento vero e proprio dell’Osservanza. La Chiesa, naturalmente, non rinunziò al controllo stretto dell’Ordine: non a caso, le grandi basiliche sono tutte e sempre affidate ai francescani “conventuali” (i “minori” eredi del movimento dell’Osservanza s’insediano invece altrove, in Ognissanti e a San Salvatore al Monte). Santa Croce, come il Sacro Convento di Assisi, sorge in una zona degradata e malfamata ai margini dell’abitato e contribuisce a risanarla».

Cosa hanno significato per Firenze questi otto secoli di presenza francescana? E più in generale, per la Toscana?

«Molto, ovviamente. Francescani e del resto anche domenicani, agostiniani, camaldolesi, sono il lievito della rinascita cristiana nel mondo cittadino dei secoli XIII-XV e anche più tardi. A Firenze, in Santa Croce c’era lo Studium Generale minoritico (l’Università francescana), come in Santa Maria Novella quello domenicano; i francescani di Santa Croce erano anche titolari dell’ufficio inquisitoriale. Forse non giovò loro, a partire dal 1478, l’avere ospitato la cappella dei Pazzi, i congiurati antimedicei: ma i rapporti con i Medici, prima signori e poi granduchi, furono comunque stretti; così come a Firenze hanno avuto grande importanza i francescani riformati, cioè i “cappuccini”.  Molto importante anche, presso Firenze, l’esperimento della Nova Hierusalem di san Vivaldo, prototipo dei “Sacri Monti” francescani. I rapporti tra la provincia francescana toscana e la Custodia di Terrasanta erano molto stretti».

E quanto c’è di «toscano» nel francescanesimo?

«Una risposta a questa domanda dovrebbe ripercorrere non solo la vita religiosa di Firenze e della Toscana, ma anche quella culturale, artistica, scientifica. I francescani sono stati sempre molto presenti nella realtà fiorentina e toscana. Forse, una storia dei francescani in toscana (e del francescanesimo toscano) sarebbe un libro utile. Lo si potrebbe scrivere, magari in équipe. E magari Toscana Oggi potrebbe coordinare l’iniziativa, d’accordo con il Ministro provinciale. Io garantirei fin d’ora l’appoggio del mio Istituto universitario».

La storia dell’ordine francescano è complessa. Quanto hanno pesato le divisioni al suo interno? Basti pensare alla contrapposizione tra spirituali e conventuali…

«Le crisi e le contraddizioni nell’ordine francescano, attraverso la Riforma protestante (un grande francescano, Bernardino Ochino, ne fu un protagonista) sono senza dubbio state una ricchezza per la Chiesa: ma  è in genere difficile gestir bene e comodamente una ricchezza, e quella francescana non ha fatto eccezione. Francesco è stato indispensabile alla Chiesa: all’inizio del XIII secolo, l’ha salvata (io, almeno, ne sono convinto). Ma la Chiesa non poteva accettarne e rispettarne la consegna, diciamo così, “allo stato puro”».

E lo ha «tradito»?

«Non credo che il francescanesimo abbia tradito Francesco: ma, certo, non ha potuto seguirlo fino in fondo e alla lettera. Un cristianesimo integralmente francescano sarebbe il Regno dei Cieli sulla terra. Oppure il mondo moderno lo avrebbe stroncato irrimediabilmente. Vale la pena di ricordare che Francesco rinunzia rigorosamente a ogni forma di potere (compresi la volontà personale, il danaro e la scienza) e che la Modernità si fonda appunto sull’individualismo, il meccanismo produzione-profitto-consumo e il progresso tecnologico-scientifico? Non riesco a concepire nulla di più antifrancescano della Modernità occidentale. Ma colui che ha battezzato il profitto e cristianizzato l’usura è san Bernardino da Siena, francescano osservante».

Un paradosso?

«Senza dubbio: il paradosso è il costante epifenomeno della complessità della storia. Solo gli imbecilli se ne scandalizzano; solo i disonesti lo negano nel nome della semplicizzazione che fa volta per volta il loro sporco gioco. Francesco rifiuta potere, ricchezza e cultura: i suoi figli sono da secoli consiglieri di principi e di banchieri, intellettuali e scienziati, professori universitari, predicatori di crociata, missionari. Non giudico il fenomeno: lo constato».

Nei giorni scorsi i francescani hanno celebrato tutti insieme gli 800 anni della «Regola». Qual è la sua attualità?

«La regola di Francesco è una rivolta contro l’egoismo, la violenza, l’ingiustizia. È il contrario dei valori/disvalori sui quali si è costruita la Modernità occidentale. Perché Francesco resti così simpatico a tutti, mi è incomprensibile. La vita odierna, almeno quella dei ceti dirigenti e di “quelli che contano”, è l’antifrancescanesimo eretto a metodo e a sistema. Tornare a Francesco vorrebbe dire fare l’unica rivoluzione possibile, visto che quelle fascista e comunista sono fallite e che il liberal-liberismo, che oggi va tanto di moda anche tra i “cattolici”, è la negazione di Dio».

Cosa dice Francesco all’uomo di oggi?

«Gli dice: “Convertiti una buona volta, imbecille! Non vedi a che cosa ti hanno condotto quasi tre secoli di apostasia?”».

Cinque giorni di festa a Firenze per ricordare l’arrivo dei primi fratiLe Fonti francescane raccontano che ottocento anni fa, nel maggio del 1209, arrivarono a Firenze i primi frati inviati da San Francesco a portare il Vangelo. Una ricorrenza che si unisce a quella, appena celebrata, degli ottocento anni dalla prima approvazione della Regola. Due circostanze che sono diventate, per i francescani della Toscana, occasione di grande festa. Le celebrazioni si svolgeranno a Firenze ma coinvolgeranno tutta la Provincia toscana e vedranno riunirsi le diverse famiglie francescane: frati Minori, Conventuali, Cappuccini, insieme al «secondo ordine» (le suore Clarisse) e ai tanti istituti religiosi femminili che si rifanno alla Regola francescana, fino ad arrivare ai laici dell’Ordine francescano secolare.

«Per contrassegnare i vari momenti di queste celebrazioni – spiega padre Valentino Ghiglia – abbiamo scelto cinque parole. La prima parola è annuncio: ricorderemo infatti l’annuncio del Vangelo fatto dai primi frati giunti a Firenze, traendo da quell’episodio un annuncio agli uomini di oggi». L’evento si svolgerà domenica 3 maggio alle 15 in piazza della Libertà, a Firenze: proprio qui infatti secondo le Fonti francescane arrivarono i due frati provenienti da Assisi che, stremati dal lungo cammino, trovarono accoglienza e ristoro davanti alla porta San Gallo. Dopo una lettura drammatizzata che ricostruirà questo episodio, ci sarà una presentazione del carisma francescano. Le celebrazioni riprenderanno giovedì 14 maggio, con la giornata dedicata alla memoria: nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio lo storico Franco Cardini e mons. Rino Fisichella parleranno del valore storico del francescanesimo e della sua diffusione in Toscana.

Le tre giornate successive si svolgeranno intorno alla basilica di Santa Croce, primo insediamento francescano in Toscana. Venerdì 15 maggio sarà la giornata dell’impegno: alle 17 si svolgerà una celebrazione durante la quale i francescani dei vari ordini rinnoveranno la loro Professione religiosa nelle mani dell’Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori. Sarà presente anche padre Raniero Cantalamessa, che terrà una meditazione. Sabato 16 maggio, giornata della letizia: dalle 16 un pomeriggio di festa in piazza con giochi e magie per grandi e bambini, testimonianze, musica. Alle 19 il concerto degli «Ianua coeli», gruppo rock fondato da un frate francescano, e alle 21,15 un musical su San Francesco. Domenica 17 maggio, infine, la giornata del ringraziamento: alle 11, nella basilica di Santa Croce, la Messa presieduta da mons. Agostino Gardin, segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata, e concelebrata da alcuni vescovi francescani legati alla Toscana: mons. Rodolfo Cetoloni, mons. Bernardo Gremoli, mons. Marco Dino Brogi, mons. Flavio Roberto Carraro.

Nella foto: Padre Antonio Dimarcantonio con la Reliquia dels aio di San Francesco conservata a Cortona