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Francesco ai sindaci: la coscienza ecologica si costruisce in periferia

Sindaci di oltre 70 Paesi del mondo, riuniti ieri e oggi in Vaticano per incontrare Papa Francesco e riflettere su clima e moderne schiavitù. Ai primi cittadini il Pontefice ha ricordato che «il lavoro più serio e più profondo» per la costruzione di una coscienza ecologica si fa «dalla periferia verso il centro, cioè da voi fino alla coscienza dell’umanità»; se «il lavoro non parte dalle periferie» non ha effetto. Firmata una dichiarazione comune.

Per essere davvero efficace, l’impegno comune per la costruzione di una «coscienza ecologica» e per il contrasto alle «schiavitù moderne» – traffico di esseri umani e di organi, prostituzione, lavoro nero – deve partire dalle periferie. A dirsene convinto è stato Papa Francesco, incontrando ieri sera, 21 luglio, in Vaticano (Aula nuova del Sinodo) oltre 70 sindaci, venuti da tutto il mondo per partecipare al workshop «Modern slavery and climate change: the commitment of the cities», promosso dalle Pontificie Accademie delle scienze e delle scienze sociali. Obiettivo del meeting, ha spiegato in apertura il cancelliere dei due organismi, monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, «far fruttificare» l’enciclica «Laudato si’» per «renderla operativa». E l’enciclica, rievocata in tutti gli interventi, è stata il «leit motiv» dell’incontro, già proiettato verso la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici (Cop21) in programma in dicembre a Parigi. Oggi (22 luglio) i sindaci partecipano a un secondo simposio, «Prosperity, people and planet: achieving sustainable development», promosso dalle due Accademie in continuità con quello di ieri, presso la Casina Pio IV.

Il lavoro parte dalle periferie. La «Laudato si’», ha esordito Francesco nel suo discorso in spagnolo, tutto a braccio, «non è un’enciclica verde, ma un’enciclica sociale» perché «nella società, nella vita sociale dell’uomo non possiamo separare la cura dell’ambiente». Analizzando la situazione delle città, il Papa ha ricordato che la mancata cura per l’ambiente le fa crescere «a dismisura» con «cordoni di povertà e di miseria sempre più grandi», e ha ribadito la denuncia della «idolatria della tecnocrazia» che «deruba il lavoro» e «crea disoccupazione» con il rischio, per tanti giovani europei, che «non sanno cosa fare della propria vita», di dipendenze, noia, «progetti di guerriglia», suicidio. Contro deforestazione, desertificazione, lavoro nero, «schiavitù mineraria» e conseguenti malattie, traffico di esseri umani, prostituzione, Francesco chiede forte impegno coinvolgendo anche l’Onu. «Ho molta speranza – confida – che nel vertice di Parigi» venga raggiunto «un accordo fondamentale e di base», ma le Nazioni Unite «devono interessarsi con molta forza a questo fenomeno, soprattutto al traffico delle persone». Tuttavia, il monito conclusivo di Francesco ai primi cittadini, «il lavoro più serio e più profondo» per la costruzione di una coscienza ecologica si fa «dalla periferia verso il centro, cioè da voi fino alla coscienza dell’umanità»; se «il lavoro non parte dalle periferie» non ha effetto. «E qui è la responsabilità dei sindaci».

La dichiarazione comune. Il Papa è stato il primo firmatario della dichiarazione comune sottoscritta ieri sera dai sindaci, nella quale si afferma che «il cambiamento climatico indotto dall’uomo è una realtà scientifica e il suo controllo efficace è un imperativo morale per l’umanità». Il documento sottolinea, fra l’altro, l’importanza di incentivi per la transizione verso sistemi energetici a basse emissioni di carbonio ed energie rinnovabili, e auspica lo spostamento di finanziamenti pubblici dalle spese militari «a investimenti urgenti per lo sviluppo sostenibile». Due, secondo i sindaci, le «emergenze interconnesse» da affrontare: «Il cambiamento climatico indotto dall’uomo e l’esclusione sociale». Dai primi cittadini l’impegno ad aumentare «la resilienza dei poveri e di tutti coloro che si trovano in condizioni di vulnerabilità» riducendone «l’esposizione agli eventi estremi legati al clima e agli altri disastri economici, sociali e ambientali», a «porre fine» ad abuso, sfruttamento, tratta e ogni forma di moderna schiavitù», a sviluppare «programmi di reinsediamento interno e reintegrazione che impediscano il rimpatrio non voluto delle vittime di tratta».

Voce ai sindaci. Occorre «fare del traffico di organi e della mercificazione di parti del corpo umano un tabù inviolabile», ha detto Ignazio Marino, sindaco di Roma e già chirurgo dei trapianti, primo a prendere ieri la parola. Per Giusy Nicolini, sindaco di Lampedusa, «combattere razzismo e xenofobia» non è un atto di coraggio, ma «un dovere». «Abbiamo bisogno di una nuova rivoluzione», il monito del sindaco di New York, Bill de Blasio, che ha annunciato l’impegno di ridurre le emissioni di carbonio del 40% entro il 2030 e dell’80% entro il 2050. Forte la chiamata all’impegno contro il traffico di esseri umani di Manuela Carmena (Madrid), che ha evidenziato la piaga della prostituzione tra i giovani. Contro i cambiamenti climatici ha invitato i responsabili politici a «dare l’esempio togliendosi la cravatta, camminando, usando bicicletta e mezzi pubblici». Di accoglienza immigrati e mobilità sostenibile ha parlato Enzo Bianco, sindaco di Catania e presidente dell’associazione nazionale Comuni italiani. Per «guarire» le nostre comunità occorre affrontare «anche le sfide della povertà e del razzismo», ha chiosato Mitchell J. Landrieu (New Orleans). Sulla «conversione ecologica» in corso a Parigi si è soffermata Anne Hidalgo.