Vita Chiesa
Francesco ai Gesuiti: «Anche la barca di Pietro può essere sballottata dalle onde»
“Soprattutto nei tempi difficili e di crisi vengono tante tentazioni”, ha detto ai suoi confratelli: “Fermarsi a discutere di idee, lasciarsi trasportare dalla desolazione, concentrarsi sul fatto di essere perseguitati e non vedere altro”. A questo proposito, Francesco ha citato come esempio l’atteggiamento adottato da padre Lorenzo Ricci, quando la Compagnia di Gesù venne soppressa per volere di Clemente XVI: “Una cosa – ha rivelato – mi ha molto colpito: la sua capacità di non farsi imbrigliare da queste tentazioni e di proporre ai gesuiti, in tempo di tribolazione, una visione delle cose che li radicava ancora di più nella spiritualità della Compagnia”. “Vedendo le nubi addensarsi all’orizzonte, li fortificava nella loro appartenenza”, ha sintetizzato il Papa: “In un tempo di confusione e di turbamento ha fatto discernimento. Non ha perso tempo a discutere di idee e a lamentarsi, ma si è fatto carico della vocazione della Compagnia”. Così i gesuiti, “davanti alla perdita di tutto, perfino della loro identità pubblica, non hanno fatto resistenza alla volontà di Dio, non hanno resistito al conflitto cercando di salvare sé stessi”.
«Non ci si salva mai dal conflitto con la furbizia e con gli stratagemmi per resistere». Ne è convinto il Papa, che ripercorrendo questo pomeriggio nella Chiesa del Gesù la storia dei gesuiti ha fatto notare che la Compagnia “ha vissuto il conflitto fino in fondo, senza ridurlo: ha vissuto l’umiliazione con Cristo umiliato, ha ubbidito”. “Nella confusione e davanti all’umiliazione – ha proseguito – la Compagnia ha preferito vivere il discernimento della volontà di Dio, senza cercare un modo per uscire dal conflitto in modo apparentemente tranquillo”. “Non è mai l’apparente tranquillità ad appagare il nostro cuore, ma la vera pace che è dono di Dio”, ha ammonito il Papa, secondo il quale “non si deve mai cercare il compromesso facile né si devono praticare facili irenismi. Solo il discernimento ci salva dal vero sradicamento, dalla vera soppressione del cuore, che è l’egoismo, la mondanità, la perdita del nostro orizzonte, della nostra speranza, che è Gesù, che è solo Gesù. E così il padre Ricci e la Compagnia in fase di soppressione ha privilegiato la storia rispetto a una possibile ‘storiella’ grigia, sapendo che è l’amore a giudicare la storia, e che la speranza – anche nel buio – è più grande delle nostre attese”.
Il discernimento, ha spiegato il Papa, “deve essere fatto con intenzione retta, con occhio semplice”. Per questo padre Ricci “giunge, proprio in questa occasione di confusione e di smarrimento, a parlare dei peccati dei gesuiti”. “Non si difende sentendosi vittima della storia, ma si riconosce peccatore”, ha sottolineato Francesco, che ha spiegato: “Guardare a se stessi riconoscendosi peccatori evita di porsi nella condizione di considerarsi vittime davanti a un carnefice. Riconoscersi peccatori, riconoscersi davvero peccatori, significa mettersi nell’atteggiamento giusto per ricevere la consolazione”. “La fiducia deve crescere proprio quando le circostanze ci buttano a terra”, l’esortazione del Papa: “L’importante per il padre Ricci è che la Compagnia fino all’ultimo sia fedele allo spirito della sua vocazione, che è la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime”. “La Compagnia, anche davanti alla sua stessa fine, è rimasta fedele al fine per il quale è stata fondata”, alla consegna di “mantenere vivo lo spirito di carità, di unione, di obbedienza, di pazienza di semplicità evangelica, di vera amicizia con Dio”. “Tutto il resto è mondanità”, ha commentato Francesco, auspicando che “la fiamma della maggior gloria di Dio anche oggi ci attraversi, bruciando ogni compiacimento”.
«Anche la barca di Pietro può essere sballottata dalle onde». “La nave della Compagnia è stata sballottata dalle onde e non c’è da meravigliarsi di questo. Anche la barca di Pietro lo può essere oggi. La notte e il potere delle tenebre sono sempre vicini”. Così il Papa ha attualizzato l’invito rivolto ai gesuiti: “Ricordiamoci la nostra storia”. Alla Compagnia “è stata data la grazia non solo di credere nel Signore, ma anche di soffrire per lui”, ha aggiunto il Papa a proposito della citazione della lettera ai Filippesi: “Ci fa bene ricordare questo”. “Dio è misericordioso, Dio corona di misericordia. Dio ci vuol bene e ci salva”, ha assicurato il Papa: “A volte il cammino che conduce alla vita è stretto e angusto, ma la tribolazione, se vissuta alla luce della misericordia, ci purifica come il fuoco, ci dà tanta consolazione e infiamma il nostro cuore affezionandolo alla preghiera”. “I nostri fratelli gesuiti nella soppressione furono ferventi nello spirito e nel servizio del Signore, lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera”, ha ricordato Francesco: “E questo ha dato onore alla Compagnia, non certamente gli encomi dei suoi meriti. Così sarà sempre”.
«Remiamo insieme». “Costa fatica remare”, ha ammesso il Papa durante la liturgia di questo pomeriggio alla Chiesa del Gesù: “I gesuiti devono essere rematori esperti e valorosi”, ha aggiunto citando Pio VII. “Remate, siate forti, anche col vento contrario!”, il suo invito: “Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme”. “Ma mentre remiamo – tutti remiamo, anche il Papa rema nella barca di Pietro – dobbiamo pregare tanto: ‘Signore, salvaci!’, ‘Signore salva il tuo popolo!’. Il Signore, anche se siamo uomini di poca fede ci salverà. Speriamo nel Signore! Speriamo sempre nel Signore!”.
Il tragico problema dei rifugiati e dei profughi. Dalla soppressione, alla ricostituzione, all’oggi. Sono i tre binari del discorso rivolto dal Papa ai gesuiti. Dopo la ricostituzione ad opera di Pio VII, la Compagnia “riprese la sua attività apostolica con la predicazione e l’insegnamento, i ministeri spirituali, la ricerca scientifica e l’azione sociale, le missioni e la cura dei poveri, dei sofferenti e degli emarginati”. “Oggi – ha fatto notare Francesco attualizzandone il messaggio – la Compagnia affronta con intelligenza e operosità anche il tragico problema dei rifugiati e dei profughi e si sforza con discernimento di integrare il servizio della fede e la promozione della giustizia, in conformità al Vangelo”. Poi il Papa ha confermato “quanto ci disse Paolo VI alla nostra trentaduesima Congregazione generale e che io stesso ho ascoltato con le mie orecchie: ‘Ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i gesuiti’”.
«Dobbiamo sentirci in uscita». “Il gesuita vuole essere un compagno di Gesù, uno che ha gli stessi sentimenti di Gesù”. A tratteggiarne l’identikit è stato il Papa, che ha ricordato come nel 1814, al momento della ricostituzione, i gesuiti “erano un piccolo gregge, una ‘minima Compagnia’, che però si sapeva investito, dopo la prova della croce, della grande missione di portare la luce del Vangelo fino ai confini della terra”. “Così dobbiamo sentirci noi oggi”, ha raccomandato Francesco: “In uscita, in missione”. “L’identità del gesuita – ha spiegato infatti il Papa – è quella di un uomo che adora Dio solo e ama e serve i suoi fratelli, mostrando attraverso l’esempio non solo in che cosa crede, ma anche in che cosa spera e chi è Colui nel quale ha posto la sua fiducia”.