Una corda, un pettine gigante, un mazzo di carte, due cuori di gommapiuma, un cappello, calamite, una busta impermeabile da inserire nel giornale, bobine di bocca multicolore… a volte basta poco (si fa per dire) per calamitare l’attenzione di grandi e piccini e parlar loro di perdono, di dinamiche familiari, di «coincidenze» dal sapore della Provvidenza, del disegno che Dio ha riservato per ciascuno di noi. In questo fra’ Adriano Appollonio – frate minore, 51 anni, originario di Novara, ma in Toscana da quando aveva un anno e mezzo – è davvero un maestro. Capace di trasformare i suoi spettacoli in una straordinaria occasione per annunciare il Vangelo. Lui, esperto dell’arte di sedurre con i giochi di prestigiazione, ha sperimentato per primo la seduzione su di sé. Parafrasando le parole di Geremia: «Tu mi hai sedotto, o Dio, e io mi sono lasciato sedurre». La «chiamata» a seguire Gesù arrivò quando era a Grosseto e frequentava un gruppo scout. Entrato in convento nel 1992, dopo l’anno di noviziato vissuto al santuario de La Verna, farà la professione solenne dei voti religiosi nel 1998 nella chiesa di San Francesco a Grosseto. Nel 2001 sarà ordinato prima diacono e poi sacerdote.Con la conclusione del lockdown, fra’ Adriano – che ora vive e presta servizio nella comunità di Santa Croce in Fossabanda a Pisa – è tornato a dare spettacolo. Nei giorni scorsi era in Albania, dove ha incantato i bambini accolti in alcune missioni dei francescani. Ma lo stesso, in anni passati, ha fatto a Gerusalemme, in Brasile, in Canada, in India, in Marocco, in diversi paesi europei. Un episodio su tutti: «Mi trovavo in Bolivia, in un corso di formazione con i catechisti, durante il quale insegnai qualche gioco di magia e come si può annunciare la fede con i giochi. A VillaMontes, nel sud del Paese, c’era una chiesa in costruzione, all’interno di una grande piazza, dove ancora si potevano vedere un po’ di mattoni e di assi che erano serviti per la costruzione. Il vescovo locale chiese a due operai di allestire due file di mattoni, su cui sistemarono due tavole. Poi mi chiese: “Va bene fare lo spettacolo qua sopra?” Cosa avrei potuto rispondere? Nel giro di mezzora la piazza era gremita. Si fece buio e scoprii che c’era un unico faro grosso che puntava su di me. Una grande emozione. Meravigliato di quanto stava accadendo mi dissi: “Ma guarda dove sono” (finito)»«Guarda dove sono» (Innocenti editore, pagg 129, euro 15) è il titolo di una autobiografia in distribuzione proprio in questi giorni. Racconta l’ambiente familiare, i lutti (in particolare la perdita del fratello), le esperienze pastorali, in particolare la sua «missione» di parroco tra gli abitanti di Piombino («Ogni giorno dovevo reinventarmi per far capire alla gente l’amore sconfinato di Gesù per loro»). Soprattutto il libro racconta la storia di una vocazione, di un’attrazione «fatale» e delle mille occasioni in cui lui, frate dal temperamento timido, ha usato qualche gioco di prestigio per entrare in relazione con chi gli si presentava davanti. Anche papa Francesco. «In tempi di pandemia noi frati ci siamo inventati un Sinodo sull’evangelizzazione. Chiedendoci come tornare o meglio come continuare ad evangelizzare in una situazione così fluttuante. Abbiamo chiesto consigli e conforto al Papa, che volentieri ci ha ricevuto. Verso la fine dell’incontro uno dei frati presenti ha detto ad alta voce al Papa: “Santità, sa che tra noi abbiamo anche un mago?”. E rivolgendosi a me: “Fra’ Adriano, hai mica un gioco dietro?”. In cuor mio era proprio l’invito che aspettavo e desideravo. Ho messo le mani nelle tasche dell’abito e ho tirato fuori due cuori di gommapiuma. Mi sono avvicinato al Papa, l’ho coinvolto nel gioco così come avrei fatto a chiunque. Ho consegnato uno dei due cuori nella sua mano e gliel’ho chiusa, poi ho posto il secondo cuore nella mia mano e l’ho chiusa a pugno e con mia mano ho toccato tre volte la sua. Alla fine il cuore dalla mia mano è sparito per apparire insieme all’altro nella sua mano. Ho fatto sorridere il Papa. Che gioia. Lui ha concluso dicendo: “Non fatelo avvicinare a una banca”».Nei suoi spettacoli fra’ Adriano Appollonio si spoglia del saio e indossa una pezza fatta a strisce colorate con i colori di un arcobaleno. Scelta non casuale: «L’arcobaleno, l’arco di Baal ricorda, nella Bibbia, il patto che Dio stipula con il suo popolo. Lui promette di renderci felici sempre e sempre Lui rimane fedele al Suo patto. Si presenta con il nome d’arte di «Mago Magone». Un nome «affibbiatogli» una volta a Pietrasanta da una bambina affascinata da un suo gioco di prestigio: «Ma tu sei un magone!» l’esclamazione della bimba: «Non so ancora se si riferisse al mio aspetto fisico un po’ ingombrante o alla riuscita del gioco. Non ho mai approfondito. Ma quel nome mi piacque molto e l’ho adottato come nome d’arte».E così, con quel nome, si presentò ad una edizione dello Zecchino d’oro dove fu invitato o negli studi di Tv2000. Con i suoi spettacoli Mago Magone raccoglie fondi a favore di progetti missionari portati avanti dai frati in tutto il mondo. «Ma quando ho prestato servizio in una parrocchia o in una comunità non faccio mai cenno al mio nome d’arte e ai miei spettacoli: mio compito non è attrarre la gente verso di me, ma di attrarre la gente che mi è stata affidata a Gesù. Tramite me».