Toscana
Forteto: la Commissione d’inchiesta, «gli abusi sui minori erano la prassi»
Un setta dove l’abuso era la prassi. Una fabbrica di schiavi. La tana dell’orco. Questa era il Forteto, la comunità con sede a Vicchio del Mugello (Firenze) i cui componenti erano anche affidatari di minori. L’identikit emerge dalla relazione conclusiva della Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale, presentata stamani e approvata all’unanimità dall’assemblea. La Procura di Firenze, tra l’altro, ha chiesto il rinvio a giudizio per i 22 indagati, tra cui il fondatore e presidente della comunità, Roberto Fiesoli per violenza sessuale e maltrattamenti sui minori.
Il presidente della Commissione Stefano Mugnai ha confermato che domani i verbali delle audizioni e la stessa relazione finale saranno trasmessi alla Procura della Repubblica di Firenze e ha rinnovato l’auspicio che la Regione nel processo sulla vicenda del Forteto si costituisca parte civile.
In tutto 7 sedute sono state dedicate all’ascolto di persone che si sono presentate come vittime rispetto a quanto accaduto in quella comunità, a cominciare dall’Associazione Vittime del Forteto, che ne aveva fatto richiesta. Sono stati ascoltati 20 testimoni, ricavando dati per lo più univoci e concordanti. «Ascoltare le testimonianze di chi ha subito violenze – ha sottolineato – è stata dura, il carico emotivo è stato pesante, il percorso è stato difficile. Da un primo impatto sembrava inverosimile che per 30 anni e nonostante le voci sul Forteto e due sentenze passate in giudicato per reati su minori si fossero compiute tali violenze nella nostra Toscana». Infatti, sono circa sessanta gli affidi di minori a persone all’interno del Forteto dopo il 1985, quando Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, anch’egli fondatore, sono stati oggetto di una sentenza di condanna per vari capi d’imputazione tra cui «corruzione di minorenne», «sottrazione consensuale di minorenne», «usurpazione di titolo», quest’ultimo poi amnistiato.
«Al Forteto – si legge nella relazione – uomini e donne vivono divisi: dormono, mangiano, lavorano separati anche se sposati. Questa è la regola fondamentale della vita in comunità. I rapporti eterosessuali sono chiaramente osteggiati. Ciò implica, fra le altre cose, un effetto inevitabile: al Forteto nascono pochissimi bambini. Nuove energie arrivano attraverso i minori in affido».
I ragazzi accolti al Forteto sono «nominalmente affidati dal Tribunale dei Minori a una coppia che è tale solo sulla carta, poiché spesso i genitori affidatari non hanno alcun rapporto fra di loro». «Ancora oggi – racconta Diletta Giommi nell’audizione del 19 giugno 2012 – non so chi sono realmente sulla carta le persone che mi facevano da genitori affidatari».
Cosi i ragazzi vengono «rigenerati emotivamente, spiritualmente, psicologicamente» in un contesto «scandito da lavoro, scuola, abusi, paura». Giorno dopo giorno «vengono sostanzialmente plagiati» e diventano i «soldati del Profeta, come Rodolfo Fiesoli è uso farsi chiamare».
E, secondo quanto ricostruito, «il sesso è presente in ogni aspetto della vita e del pensiero» e i minori «spesso divenivano o continuavano ad essere prede. Purtroppo, ciò avveniva col consenso non solo collettivo, ma anche dei genitori affidatari». Ma non solo: «Le numerose testimonianze ascoltate – si legge nella relazione – riferiscono per la stragrande maggioranza che botte e punizioni, al Forteto, sono prassi quotidiana e vanno di pari passo con ritmi di lavoro che sfuggono qualunque modello di contrattazione da paese occidentale».
Per Mugnai, però, «una componente importante in tutta questa vicenda ha la rete di relazioni che il leader del Forteto Rodolfo Fiesoli aveva saputo assicurare a sé e alla comunità, e che garantivano un credito anche morale o comunque di reputazione che concorreva ad alleggerire controlli e sospetti. Tribunale dei minori, enti locali, Regione stessa… tutti concorrevano a fare di quella struttura una corazzata, e chi si accorgeva e provava a parlare sbatteva contro la corazzata».
Nella relazione si fa un lungo elenco dei personaggi che, a vario titolo e con differenti modalità, passano al Forteto: Edoardo Bruno, Piero Fassino, Vittoria Franco, Francesca Chiavacci, Susanna Camusso, Rosi Bindi, Livia Turco, Antonio Di Pietro, Tina Anselmi, Claudio Martini, Riccardo Nencini, Paolo Cocchi, Michele Gesualdi (Presidente Provincia di Firenze),Stefano Tagliaferri(Presidente Comunità Montana del Mugello), Alessandro Bolognesi (Sindaco di Vicchio), Livio Zoli (Sindaco di San Godenzo e Londa), Rolando Mensi (Sindaco di Barberino di Mugello). E poi i magistrati del Tribunale per i Minorenni di Firenze, a cominciare dai presidenti che si sono succeduti (Francesco Scarcella, Piero Tony, Gianfranco Casciano), dal sostituto procuratore Andrea Sodi, i giudici Francesca Ceroni e Antonio Di Matteo e il giudice onorario Mario Santini. Frequenta Il Forteto Liliana Cecchi, allora presidente dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, ma anche molti medici tra cui Roberto Leonetti (responsabile dell’Unità funzionale Salute Mentale Infanzia-Adolescenza perla zona Mugello). «Si va da chi compie un rapido passaggio in vista di prossime elezioni, a chi scrive prefazioni per le pubblicazioni editoriali del Forteto, a chi, magari anche solo per territorialità, diviene frequentatore più assiduo».
Ma il Forteto ha goduto anche «di grande credito presso la Regione Toscana che ha accolto con continuità richieste di contributi». Da una prima ricerca riportata nella relazione, alla cooperativa agricola dal 1997 al 2010 sono arrivati 1.203.597,63 euro e alla fondazione 51.386,04 euro.
Mugnai ha ribadito che il sistema degli affidi in Toscana funziona ma che al Forteto non si rispettavano le regole: sono mancati tutti i meccanismi di tutela e sostegno dei bambini, si tagliavano i contatti con le famiglie d’origine, con il mondo esterno. Secondo Mugnai si è trattato di un collasso istituzionale, di segmentazione delle responsabilità che ha causato delle vittime, dei bambini che non sono stati seguiti nel loro percorso di affido, sono stati trattati come vuoti a perdere.
Paolo Bambagioni, vice presidente della Commissione, ha evidenziato il voto unanime alla relazione della commissione d’inchiesta. La politica secondo Bambagioni ha dato voce ai più deboli, non ha fatto il muro di gomma, è stata attenta e disponibile. Bambagioni ha poi sottolineato soprattutto il merito dei ragazzi, vittime di quella realtà ma che hanno trovato il coraggio di denunciarla.
Secondo Monica Sgherri sono saltati tutti i meccanismi d’allarme, il Tribunale per i minorenni ha continuato ad affidare i bambini al Forteto e i servizi sociali a fare poche visite. Affinché ciò non risucceda, secondo Sgherri bisogna effettuare con sistematicità controlli, le realtà devono essere trasparenti e ispezionabili.
Per Dario Locci «c’è stata una parcellizzazione delle responsabilità, si è instaurato un clima omertoso nei confronti dei più deboli. C’è inoltre stata una visione ideologizzata di questa vicenda, della quale tutti sapevano ma non si è voluto vedere». Già nel 1980, ha ricordato, «l’allora consigliere regionale Dc Rinaldo Innaco presentò un’interrogazione da cui si comprende che era già noto quanto accadeva all’interno del
Secondo Maria Luisa Chincarini il Forteto era la «tana dell’orco e la fabbrica di schiavi». Tanti i racconti e le dolorose testimonianze dei giovani che denunciavano le violenze e gli abusi subiti, dalle minacce di morte, alla privazione della privacy e dei legami con la famiglia d’origine, al divieto di avere rapporti eterosessuali. La consigliera ha sottolineato che la «commissione ha lavorato bene nonostante abbia sentito resistenze all’interno del Consiglio».
Ma il presidente dell’Associazione vittime del Forteto, Sergio Pietracito è convinto che anche oggi «c’è un collegamento molto attivo» tra la comunità del Forteto, «che è una vera e propria setta», e il suo «capo carismatico» Rodolfo Fiesoli, e «rimane ancora un condizionamento mentale».
I consiglieri regionali del gruppo «Fratelli d’Italia» Giovanni Donzelli e Paolo Marcheschi hanno presentato stamani una mozione urgente per chiedere il commissariamento da parte del Ministero delle Attività Produttive della cooperativa accusata di «schiavismo» e abusi non solo sui minori, ma anche sui lavoratori. «Il Forteto – dichiarano Marcheschi e Donzelli – non è solo il luogo degli atroci abusi su minori e disabili. Il Forteto è anche una ricca cooperativa agricola. Dai lavori della commissione regionale d’inchiesta è emerso che il prestigio economico è conseguenza di sfruttamento lavorativo e di violazione di elementari diritti umani. Dai verbali della commissione, infatti, emerge che nella cooperativa vengono sistematicamente calpestate le più elementari norme a tutela del lavoro, dei diritti umani e di norme fiscali: lavoratori chiusi per punizione nelle celle frigorifere; donne in gravidanza costrette a lavorare fino al 9° mese; uomini sani e portatori di handicap a lavoro 365 giorni l’anno senza ferie compreso Natale o ferragosto; stipendi mai pagati; finti periodi di sospensione dal lavoro per incassare contributi statali, nessun orario e nessuno straordinario riconosciuto economicamente». La mozione sarà discussa in una prossima seduta della Commissione d’inchiesta.