Seguendo l’invito di Benedetto XVI, la nostra diocesi ha aperto l’Avvento con una giornata di riflessione sul tema della vita, che il nostro arcivescovo ha voluto fare qui a Casa Betlemme. Davanti ad un centinaio di persone gli ho illustrato la storia, i frutti e il significato dell’esperienza laicale che portiamo avanti dal 1964, incardinata nella regola di vita «Ora, stude et labora». Ripercorse le attività dell’ultimo quinquennio (il periodo di approvazione ecclesiastica ad experimentum), ho illustrato le linee del progetto con cui vorrei ricostruire questo «santuario della vita».Il nostro apostolato vuol essere anzitutto una risposta di pace tra le macerie della guerra contro la vita, i cui numeri hanno spostato il Golgota a Betlemme: la cronaca ci dimostra che oggi ad essere crocifisse sono la vita nascente e l’innocenza dei più piccoli. In questi primi 50 anni abbiamo salvato dall’aborto qualche centinaio di piccoli innocenti, restituendo ad altrettante mamme la libertà di non abortire. Le abbiamo aiutate affiancando un capillare lavoro di ascolto della loro sofferenza con l’accoglienza qui nella struttura o con forme di assistenza a domicilio: contributi economici, pagamento bollette, alimenti, vestiario, integrazione del progetto «Gemma». È un’accoglienza senza distinzioni di razza, cultura o religione, e non è assistenzialismo poiché si limita al periodo del bisogno mirando sempre al recupero dell’autonomia. È fatta nella fatica evangelica della totale gratuità, non avendo mai attivato convenzioni economiche, con ingenti risparmi sui bilanci pubblici.Delle prime comunità di cristiani si diceva che «sono poveri ma arricchiscono molti» (Lettera a Diogneto): nonostante la ristrettezza di mezzi, la comunità di Casa Betlemme è riuscita ad erogare, soltanto negli ultimi cinque anni, 45mila euro di contributi a sostegno di gestanti e mamme in difficoltà, anche immigrate o Rom. Questa promozione umana è una risposta preziosa che va a servizio di istituzioni e collettività: non soltanto perché «chi salva una vita salva il mondo intero», ma perché il capitale umano è l’investimento economico più sicuro.L’attività più impegnativa è formare formatori su questo capitolo scottante, che non può mancare nell’agenda ecclesiastica della carità (Novo Millennio ineunte 51): negli ultimi cinque anni abbiamo preparato una quarantina di persone tra cui coppie, operatori sociali, medici, ex obiettori Caritas, professionisti vari. Tra loro c’è anche Lorenzo Schoepflin, che oggi scrive sulle colonne bioetiche di Avvenire. Altri fronti cui tengo particolarmente sono la formazione di novizi e consacrati, e la pastorale della vicinanza nei confronti di coppie che non riescono ad avere figli.A servizio delle parrocchie organizziamo corsi per adolescenti sull’educazione all’affettività, mentre un’altra équipe cura la preparazione di fidanzati e sposi con incontri anche in giro per l’Italia. Lo stile è quello della «formazione integrale» alla vita buona del Vangelo, in linea con gli orientamenti della Chiesa, ribaditi dall’arcivescovo Fontana nella sua lettera pastorale. Il tema è quello della procreazione e dell’alfabetizzazione bioetica, su cui sta crescendo la rete di collaborazioni: uffici pastorali, Movimento per la vita, Caritas, Comunione e liberazione, Scienza&vita, Azione cattolica, Medici cattolici, Università cattolica.L’ultima è quella nata con l’università «Sophia» di Loppiano, presieduta da monsignor Piero Coda: il docente di bioetica (la ginecologa Giacchi) ha invitato le studenti ad un cammino di approfondimento su certi temi qui a Casa Betlemme. Così parliamo di teologia del corpo e gestione della fertilità a ragazze che vengono da Brasile, Argentina, Croazia, Cuba, Messico, Ungheria, Birmania. Il carisma di Casa Betlemme è testimoniare la sana dottrina incarnata nella prassi, con un messaggio culturale che fa armonia e riconcilia: la madre con il suo bambino, la persona con il suo corpo, la creatura con il Creatore, la scienza con la fede, la fede con la morale (Veritatis splendor 4 e 88).Tanti giovani e meno giovani vengono a questa scuola, popolare e al contempo internazionale, dove l’azione si coniuga con la contemplazione del mistero dell’Incarnazione e l’esaltazione della maternità di Maria. Anche se compare nei libri e nelle tesi di laurea, la nostra esperienza rimane ancorata allo stile della grotta, fatto di piccolezza e genuflessione. È questa spiritualità che regge l’opera e la fraternità: cenacoli itineranti nelle famiglie per la diocesi e un cenacolo permanente di preghiera qui a Casa Betlemme, con tre sere settimanali di adorazione e una notte intera ogni mese.di Flora Gualdani