Cultura & Società

Fonti e sorgenti in Toscana. Viaggio all’origine dell’acqua

Spesso bastava lo sgorgare di una fonte dal terreno o da una roccia perché gli uomini primitivi si stanziassero in un luogo. L’acqua, da che mondo è mondo, dona la vita e perciò è sacra: per questo intorno alle sorgenti gli archeologi sono soliti trovare tracce di riti antichissimi. Le fonti sono state oggetto di culto in tutte le civiltà.

La devozione per le acque zampillanti caratterizza il mondo greco e latino. Nella mitologia classica, le Naiadi abitavano i luoghi in cui uscivano dal terreno o dalla roccia le acque dolci e alle mitiche, divine fanciulle si offrivano frutta, latte e fiori. Esse donavano la salute o la bellezza: bastava bere o immergersi nel fresco liquido su cui vegliavano. Una particolare attenzione si dava a quelle sorgenti che goccia a goccia, con un impercettibile mormorio, creavano un piccolo, limpido rivo che evocava purezza e misura: il grande Callimaco e poi gli elegiaci latini si servirono di quell’immagine per indicare la loro poesia, pura e misurata, in contrapposizione a componimenti magniloquenti, paragonati al fiume impetuoso e lutulento, che porta a valle impurità. Ai ricordi di liceo appartengono anche Orazio e la sua fonte di Bandusia, più splendente del vetro, degna di dolce vino e di fiori.

Nell’Antico Testamento, secondo Esodo 17 e Numeri 20, Mosè col suo bastone fece scaturire, per volere di Dio, acqua dalla roccia e il popolo nel deserto bevve, salvandosi; in Geremia 2,13 è il Signore stesso a definirsi «sorgente di acqua viva». Nel Salmo 35 Egli è indicato come «fonte di vita» e in Cantico dei Cantici la sposa è «fontana che irrora i giardini». Sono tutte metafore e immagini che avranno lunga vita e che ritroviamo nel Nuovo Testamento. In Apocalisse 7,17 sarà l’Agnello a guidare gli eletti alle fonti dell’acqua della vita sulla base di una citazione da Isaia; in 21,7 Colui che siede sul trono, sempre alludendo al profeta, dice: «Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita». Sulla base dell’episodio della Samaritana al pozzo, l’acqua, simbolo di vita, caratteristica dei tempi messianici, può indicare come qui lo Spirito Santo.

Lo stesso testo di Giovanni 4 e soprattutto la affermazione di Gesù «…chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete, ma l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente che zampillerà per la vita eterna» è alla base di tutto un filone esegetico che vede in Cristo la fonte di vita, sede di acqua viva ed acqua egli stesso. Lo afferma Giustino, in polemica con Trifone e gli ebrei a proposito della differenza tra circoncisione della carne e del cuore: «Beati noi che siamo stati circoncisi con coltelli di pietra nella seconda circoncisione. Quella vostra, la prima, infatti fu ed è fatta con il ferro, perché rimanete duri di cuore. La nostra circoncisione, seconda nell’ordine per essere apparsa dopo la vostra, ci circoncide dall’idolatria e da ogni altro vizio con pietre acuminate, ossia con le parole proclamate per mezzo degli apostoli dalla pietra angolare (Sal 118,22; Sal 118,22; Mt 21,42; Mc 12,10; Lc 20,17) tagliata non per mano d’uomo (Dan 2,34). I nostri cuori risultano circoncisi dalla malizia al punto che ci rallegriamo di morire per il nome della bella pietra che fa zampillare acqua viva nel cuore di coloro che per suo mezzo sono giunti all’amore del Padre di tutte le cose e disseta quanti vogliono bere l’acqua della vita».

Spesso al fondamento giovanneo (Gv 7,37-39) si unisce il ricordo della Prima Lettera ai Corinti in cui si afferma che i padri sono stati tutti sotto la nube e hanno tutti attraversato il mare, e tutti sono stati battezzati in Mosè nella nube e nel mare: e tutti loro hanno mangiato lo stesso cibo spirituale e tutti hanno bevuto la stessa bevanda spirituale; hanno bevuto infatti dalla roccia spirituale che li seguiva e la roccia era Cristo (1Cor 10,1-4).

Alle origini del cristianesimo si è discusso se il battesimo richiedesse una fonte zampillante; i teologi hanno poi affermato che qualunque acqua può essere adatta al sacramento, perché è fondamentale l’azione dello Spirito Santo.

Non meraviglia che nella letteratura cristiana antica Maria sia sorgente. Leone Magno, in una riflessione sul Natale, argomenta: «Nella rigenerazione noi acquistiamo l’origine spirituale di Cristo e per ogni essere umano che rinasce l’acqua del battesimo è simile al seno verginale, perché il medesimo Spirito santo che riempì la Vergine, riempie il fonte, affinché quel peccato che lì il concepimento santo svuotò di realtà, qui lo tolga l’abluzione mistica».

Inoltre, ciò che si predica di Cristo viene predicato anche di Maria: nel VI secolo Abramo di Efeso la invoca: «Vieni, sorgente che fa scaturire un’onda eterna» e nel celebre inno Akathistos la si prega: «Ave, tu che fai zampillare il fiume delle acqua abbondanti».

Nella liturgia bizantina si celebrava la «Festa di Nostra Signora della fonte che dà la vita» con un pellegrinaggio alla sorgente miracolosa di Baluokli, alle porte di Costantinopoli. I monaci cantavano: «Tu, o sovrana, sei veramente una fonte di acqua viva. Tu purifichi le malattie delle anime e dei corpi, tu guarisci tutti i mali col solo tuo contatto. Tu effondi il Cristo che è acqua di salvezza». Il pensiero non può che andare a Lourdes e alla sua fonte. Ma l’espressione più alta è certamente quella che Dante pone in bocca a San Bernardo con la preghiera alla Vergine all’inizio dell’ultimo canto del Paradiso, dove Maria è definita di speranza fontana vivace.

DALLE PORTE DELLE CITTÀ AGLI EREMI DI MONTAGNA

Sulla collina di Fiesole esiste una sorgente dal nome evocativo: Fontelucente. Il luogo ha suscitato raffinate memorie letterarie. Vi accenna Agnolo Poliziano in apertura del suo scritto Lamia: «Avete mai sentito il nome Lamia? A me ancora bambino la nonna narrava che in luoghi deserti c’erano alcune Lamie che ingoiavano i bambini piangenti. Allora per me la Lamia era oggetto di grandissima paura, un grandissimo spauracchio. Ancora adesso, vicino ad un mio poderetto in quel di Fiesole, c’è una piccola Fonte Lucente – così si chiama – che si occulta in un’ombra nascosta, e che lì ci sia la sede delle Lamie a tutt’oggi lo narrano le donnette, quelle che usano venire ad attingere acqua».

Ora quella stessa sorgente alimenta un rivolo che affiora all’interno della chiesa del Santissimo Crocifisso, ai piedi della parete sulla destra di chi entra. È una singolarità che contribuisce a rendere ancora più preziosi un edificio sacro e un angolo di campagna legati alla elegante scrittura di Bruno Cicognani. La fonte è testimonianza di un’ininterrotta catena di religiosità che congiunge l’aula di culto cristiano a memorie di riti pagani, romani ed etruschi, e forse già preistorici, propiziati dalla presenza di quell’acqua viva.

Di segno diverso la Fonte del Borbotto presso il Castagno d’Andrea e la sorgente dell’Arno sul Falterona. La prima è luogo di partenza e di arrivo di gite memorabili e trae il suo nome dal rumore che l’acqua produce. La seconda regala sempre un momento di commozione nel vedere sgorgare tra i sassi un rivolo che diventerà il nostro fiume. Su un masso ci sono i versi di Dante: «E per mezza Toscana si spazia/un fiumicel che nasce in Falterona…». Tutto è particolarmente intimo e misurato, lontano dal retorico monumento delle fonti del Tevere.

A Mosceta, sotto la Pania della Croce, vicino al Rifugio Rossi c’è una fonte: freddissima in estate, per testimonianza di antichi versiliesi era stata capace di spezzare un bicchiere di vetro il 15 di agosto di un anno lontano.

In Mugello, sopra Razzuolo, sulla strada per il Passo della Colla di Casaglia, la Fonte dell’Alpe è méta costante di persone armate di bottiglie e bicchieri. Si tratta di una sorgente celeberrima, che gareggia con le più note marche di acqua minerale. Poco distante, ormai in rovina, l’albergo Hotel dell’Alpe, edificio Liberty da salvare, evoca raffinate villeggiature del tempo che fu.

Infine, nel Comune di Marradi sorge l’Eremo di Gamogna, fondato nel 1053 da San Pier Damiani, dedicato a San Barnaba e adesso tenuto in vita dalle monache delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme. È un luogo di preghiera e di meditazione, immerso in una natura splendida ed ha ovviamente una fonte. Si narra che Pier Damiani, in uno dei suoi soggiorni, vi abbia mandato un monaco ad attingere acqua, perché aveva sete. Il monaco gli portò da bere, ma alla prima sorsata il santo si accorse che era vino. Chiese al monaco di tornare di nuovo alla sorgente e di portargli acqua; quegli obbedì ma il risultato non cambiò: era ancora vino. Al santo non rimase altro da fare che prendere atto del prodigio e ringraziare il Signore.