Cultura & Società
Fisc, don Bianchi nuovo presidente: «Dobbiamo confrontarci con la trasformazione dei media»
Don Adriano Bianchi, direttore della Voce del Popolo (Brescia), è stato eletto presidente della Fisc (la Federazione cui fanno capo 191 testate diocesane) per il triennio 2016-2019. L’elezione è avvenuta oggi a Roma durante il Consiglio nazionale riunito per la prima volta dopo la XVIII assemblea nazionale elettiva dello scorso novembre. Durante il Consiglio sono state rinnovate anche le altre cariche dell’esecutivo: Chiara Genisio («Agenzia giornali diocesani», Piemonte) vicepresidente vicario, don Enzo Gabrieli («Parola di Vita», Cosenza-Bisignano) vicepresidente, Mauro Ungaro («Voce Isontina», Gorizia) segretario generale e Carlo Cammoranesi («L’Azione», Fabriano-Matelica) tesoriere. Con don Bianchi tracciamo alcune «linee d’impegno» sulle quali si muoverà la Fisc nei prossimi anni.
Quale sarà l’agenda della Fisc?
«Abbiamo davanti un triennio certamente non facile e l’agenda sarà dettata dalla situazione complicata che il mondo dell’editoria già da qualche anno sta vivendo. Dovremo anzitutto confrontarci con la trasformazione dei nostri media e l’integrazione tra tutta la realtà cartacea e il mondo del web, che avanza sempre di più, minando la sostenibilità delle nostre aziende editoriali».
La crisi dell’editoriale tocca anche i settimanali diocesani?
«Molte diocesi sono in difficoltà a tenere in vita e a sostenere l’esperienza – in alcuni casi ultracentenaria – delle nostre testate, come pure di tante radio. Questa crisi dei nostri media ha conseguenze anche motivazionali su chi oggi si occupa della comunicazione nelle Chiese locali, portando a un minor impegno e a un minor sostegno quando invece, al contrario, servirebbe una presenza sempre più costante e competente nel panorama mediatico, dalla carta al web. L’agenda del prossimo triennio, perciò, non può che essere legata a queste sfide, per capire come i nostri giornali possano essere rilanciati e trovare nuova vitalità, seppur con strumenti e modalità diverse».
In che modo intendete affrontare queste sfide?
«La Federazione intende accompagnare le diocesi e i nostri giornali in questo processo. Un’agenda che, in qualche modo, s’inserisce in un panorama e in un orizzonte più ampio tracciato dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, proprio durante l’assemblea elettiva, quando ha augurato di “assumere con rinnovato impegno” la “missione” di “amare la verità, vivere con professionalità e rispettare la dignità umana”. Le parole di monsignor Galantino, che poi sono quelle rivolte dal Papa all’Ordine dei giornalisti lo scorso settembre, interpellano le nostre testate a ripensare qualcosa della loro identità. La domanda di fondo è: in che modo essere oggi giornali della Chiesa e della gente? Si tratta di capire come ciascuna delle nostre testate – estremamente diversificate tra loro – possa spendersi per il proprio territorio in maniera rinnovata. Allora, ad esempio, l’invito ad amare la verità potrebbe suonare come una maggiore capacità di opinione rispetto al passato. Vivere con professionalità potrebbe interpellarci a un investimento formativo per trasformare le nostre redazioni in una realtà migliore. Infine, rispettare la dignità umana chiede di rendere ancora più visibile ed efficace il nostro impegno verso «le periferie geografiche ed esistenziali».
Possono essere questi i «nuovi sentieri» perché torni a «fiorire una nuova primavera della comunicazione ecclesiale»?
«Certamente: professionalità, formazione, ripensamento dell’identità, cui va aggiunto il tema della sinergia. Una delle sfide, davvero imprescindibili per il futuro, è provare a capire come nelle nostre Chiese i settimanali possano dialogare con gli altri strumenti della comunicazione. È una strada complicata, ma inevitabile. I nostri compagni di viaggio dovranno essere l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali e le altre associazioni di settore (Corallo, Acec, Weca, Ucsi…). Sul piano della sinergia il rapporto con i media nazionali resta strategico (Avvenire, Sir, Tv2000 e Radio inBlu). L’obiettivo non può essere solo salvare a tutti i costi i settimanali in crisi, ma capire che tipo di comunicazione e che strumenti servono oggi per essere efficaci e dobbiamo farlo insieme».
È l’impegno affidato da monsignor Galantino ai settimanali, durante l’assemblea, quando ha parlato di «sostenibilità ed efficacia» come mete da tenere presenti «inscindibilmente».
«Proprio così! Noi siamo chiamati a verificare costantemente l’impatto del nostro lavoro. Sostenibilità non vuol dire meno risorse, ma avere un progetto su cui valga la pena investire perché ciò che poi si realizza diventi efficace. In questo senso, sostenibilità ed efficacia sono assolutamente inscindibili. Tutto dipende dalla nostra capacità di costruire strategie e progetti in cui le nostre Chiese e i nostri territori si riconoscano. È un lavoro costante, che non porta frutti immediati, ma richiede passaggi lenti e mirati a ogni singola situazione».
Il triennio passato è stato contraddistinto da diverse difficoltà economiche, ma nonostante tutto – seppur con qualche defezione – le 191 testate hanno tenuto. Come vede il futuro in tal senso?
«Non mi stupirei se il trend del prossimo triennio fosse ancora più negativo. I segnali che giungono, da Nord a Sud, non sono molto incoraggianti. L’augurio è che il lavoro di ripensamento e di progettualità, insieme all’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, aiuti a rivedere le scelte che qualcuno sta già operando. Magari l’invito potrebbe essere proprio a soprassedere, per cercare di capire quali saranno le strategie del futuro. Tra l’altro siamo in attesa dei decreti attuativi della riforma dell’editoria. Anche la legge dovrebbe aiutarci nel ripensamento delle nostre aziende editoriali aprendoci a un futuro, speriamo, più sereno. Certo è che, quando si chiude una testata, è molto più difficile poi ripartire. Le scelte definitive quasi sempre sono irrevocabili».
Altre attese per il prossimo triennio? E qual è l’augurio per i giornali delle «periferie»?
«L’attesa è che la nostra Federazione possa lavorare bene insieme. Abbiamo fatto tanto nei 50 anni appena trascorsi e tanto resta da fare. Abbiamo bisogno che tutti i settimanali possano lavorare insieme, in unità, in comunione e in continuità con quello che abbiamo vissuto, ma anche innovando e diventando più operativi sotto alcuni aspetti. Serve il contributo di tutti, questo è fondamentale. L’augurio ai giornali è di non smettere di percorrere questo cammino che è entusiasmante, interessante e necessario per l’evangelizzazione».