Arte & Mostre

Firenze, verso il il Grande museo dell’Opera del Duomo

di Timothy VerdonDirettore dell’Ufficio d’arte sacrae dei beni culturali ecclesiastici dell’Arcidiocesi di Firenze e, ora, anche  Direttore del Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore

Anche se per ora invisibili, dietro al Duomo sono iniziati da  5 anni i lavori di ingrandimento del Museo dell’Opera; rimane aperta per il presente la sede storica.

Tra le maggiori raccolte di arte sacra al mondo, con capolavori di Donatello, Lorenzo Ghiberti, Luca della Robbia, Antonio Pollaiuolo e Michelangelo, il Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore raccoglie statue e dipinti eseguiti per il Battistero, Campanile e Duomo di Firenze: opere che – per motivi di conservazione o nel corso di modifiche e ammodernamenti – sono state rimosse dalla collocazione originaria e sottratte dall’uso liturgico.

Finora non è stato possibile realizzare un allestimento adeguato all’importanza di questa collezione, causa la ristrettezza degli ambienti espositivi. Questi, dalle appena due sale inaugurate nel 1891 negli antichi depositi dell’Opera dietro l’abside del Duomo, sono cresciuti fino alle venti sale e salette attuali, ma l’attuale struttura non dispone ancora di spazi sufficienti. Così nel 1997 l’Opera acquistò un grande immobile confinante con il museo – l’ex-Teatro degli Intrepidi, costruito nel 1778 su terreno allora ceduto dalla stessa Fabbriceria – e questo verrà accorpato all’esistente, raddoppiando la superficie museale. Nel 2001 fu accolta l’ipotesi di allestimento preparata da chi ora scrive, e l’Opera indisse un concorso internazionale per la sistemazione architettonica del nuovo complesso, senza però arrivare allora a un incarico definitivo. Il lavoro di progettare l’accorpamento dei due edifici in un unico nuovo museo fu successivamente affidato allo studio fiorentino di Natalini, Guicciardini e Magni, e ora – dopo ritardi dovuti tra l’altro alla crisi economica mondiale – sono partiti i primi lavori all’interno dell’ex-teatro, rimanendo tuttavia aperta l’attigua sede storica.

Logicamente l’articolazione spaziale del nuovo museo è stata pensata in funzione delle opere da esporre. Tra le componenti della collezione di maggiore interesse sono 40 statue del Tre e primo Quattrocento, realizzate per la facciata del Duomo iniziata da Arnolfo di Cambio nel 1296, mai però portata oltre un terzo dell’elevazione e finalmente smantellata nel 1586-87. Ecco, il volume dell’ex-teatro permetterà di configurare un vasto spazio in cui disporre queste sculture esterne in un modo rispettoso del loro carattere di arredi monumentali per una piazza pubblica. Nel vano lungo 36 metri ed alto 20, un colossale modello ligneo evocherà l’incompiuta facciata trecentesca, i cui dettagli sono conosciuti grazie a un disegno cinquecentesco. Le statue di Arnolfo, di maestri trecenteschi, del giovane Donatello e di Nanni di Banco verranno esposte davanti a questa titanica «quinta», e nella stessa logica la restaurata Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti tornerà a occupare una posizione dirimpetto all’antica facciata scultorea, ricostituendo un rapporto visivo ed iconografico perso 424 anni or sono, quando la facciata medievale fu smontata. Nel medesimo simulacro esterno verranno collocati i monumentali gruppi statuari un tempo sopra le porte del Battistero (opere di Andrea Sansovino, Giovan Francesco Rustici e Vincenzo Danti) e i due grandi sarcofagi romani che per tutto il Medioevo stavano davanti al Battistero.

Questo primo spazio museale introdurrà il visitatore anche alla lettura iconologia dell’insieme, aprendo un percorso storico-esegetico che si estenderà agli altri ambienti del museo. È infatti significativo che, nel periodo che vide la diffusione della spiritualità francescana incentrata sull’incarnazione, per l’erigenda Santa Maria del Fiore fu scelta l’arte scultorea (al posto dei mosaici usati a Roma e altrove), così comunicando, anche dall’esterno, il mistero del Dio che prende un corpo dal corpo della madre.

Da tale «piazza rievocata», il visitatore si sposterà in altre gallerie nuove dedicate al campanile, alla cupola brunelleschiana e ai progetti cinque e poi ottocenteschi per la facciata. Rimarrà invariato l’attuale allestimento delle cantorie di Luca della Robbia e Donatello e dell’altare d’argento, mentre una sfilata di scale dando sulla Piazza accoglierà dipinti, sculture, oreficerie sacre e paramenti provenienti dal deposito d’arte sacra dell’Arcidiocesi fiorentina, a Santo Stefano al Ponte. Di particolare fascino saranno poi gli interconnessi ambienti destinati alle opere di maggiore impatto spirituale, la Maddalena penitente donatelliana e la Pietà di Michelangelo, dove l’illuminazione, suggestiva degli interni di una chiesa, inviterà al raccoglimento, e vicino alla Maddalena penitente pale d’altare trecentesche e quattrocentesche, ognuna raffigurante, insieme al santo, anche il committente in preghiera, suggeriranno il clima di devozione in cui le due celebri sculture vanno comprese.

L’obiettivo globale è di permettere ai capolavori di parlare il loro vero linguaggio, che è quello dell’arte ma che è anche e soprattutto il linguaggio della fede. Così insieme agli allestimenti evocanti spazi e scenografie del passato, un sofisticato apparato multimediale collegherà le opere all’odierno contesto liturgico e devozionale del vicino Duomo, insistendo sull’attualità dei riti e dei valori a cui le opere d’arte rimandano. Il nuovo museo infatti vuole offrirsi a cittadini e turisti come cifra ermeneutica della Firenze cristiana; insieme al nuovo Centro di Arte e Cultura della stessa Opera di Santa Maria del Fiore, sede di iniziative didattiche e divulgative, vuole essere il perno di un percorso di scoperta non solo del Duomo e del Battistero, ma dell’intero mirabile sistema di chiese, conventi e ospedali che, alla vigilia dell’era moderna, facevano di Firenze la maggiore città d’arte dell’Europa credente.

La strutturaTra le maggiori collezioni di arte sacra del mondo, con capolavori di Michelangelo, Donatello, Lorenzo Ghiberti, Luca della Robbia e Antonio Pollaiuolo, il Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore raccoglie opere eseguite per il Battistero, Campanile e Duomo di Firenze: opere che – per motivi di conservazione o nel corso di modifiche e ammodernamenti – sono state rimosse dalla collocazione originaria o sottratte all’uso liturgico.

Da due sale aperte per l’inaugurazione nel 1891, il Museo è cresciuto fino all’attuale configurazione di una ventina tra sale e salette. Fondamentale è stato l’intervento di ingrandimento, ammodernamento e adeguamento tecnico svolto nel 1998-2000 che incrementò l’area espositiva di quasi un terzo. Ciononostante, il Museo non dispone oggi di spazi sufficienti, col risultato che opere di notevole interesse sono tuttora in deposito-situazione, questa, destinata a peggiorare in futuro con l’ineludibile musealizzazione di altri arredi monumentali.

In questa situazione di disagio, la possibilità di allargare lo spazio espositivo con l’accorpamento dell’edificio confinante l’attuale Museo – l’antico Teatro degli Intrepidi acquistato dall’Opera nel 1997 – rappresenta un’occasione unica, in quanto il «grande Museo dell’Opera» così configurato permetterà finalmente l’esposizione dell’intera collezione (tenuto conto anche delle opere che dovranno essere affidate al Museo nei prossimi decenni), nonché un allestimento razionale dei vari nuclei espositivi: obiettivi finora irraggiungibili causa l’inorganica evoluzione del vecchio museo e la ristrettezza dei suoi spazi.

Per questi motivi, l’Opera realizzerà un nuovo complesso espositivo comprendente le due strutture – il museo «storico» e il Teatro degli Intrepidi – in un percorso unitario atto ad illustrare l’evoluzione dei monumenti e l’attività secolare della stessa Opera. L’unitarietà del percorso verrà comunicata dalla continuità spaziale dei due edifici, che – pur nel rispetto delle loro differenti caratteristiche architettoniche – dovranno costituire un unico spazio.

Principi organizzativi A differenza di musei con collezioni eterogenee e di varia provenienza, il Museo dell’Opera raccoglie testimonianze strettamente collegate tra di loro, facenti parte di programmi iconografici ancora intelligibili – opere legate a siti fisici e a funzioni liturgiche e devozionali ancora «verificabili» a pochi passi di distanza dal Museo. La visita al Museo infatti presuppone la visita ai monumenti attigui; sono due tappe di un unico percorso storico, artistico e religioso. L’esposizione degli oggetti è stato pensato pertanto così da ricollegarli al loro contesto d’origine, con un allestimento evocando alcune caratteristiche della collocazione originaria per cui l’opera fu concepita, e evidenziando l’interazione di distinte categorie di oggetti: libri corali e cantorie, ad esempio.

La possibilità offerta dal Teatro di configurare un vasto spazio aperto invita specificamente a una disposizione delle sculture esterne rispettosa del loro carattere di arredi monumentali originalmente visibili in piazze pubbliche. In questo spazio verrà evocato l’incompiuta facciata medievale con un colossale «modello» basato sul noto disegno del 1586, organizzando le sculture di Arnolfo e degli altri maestri davanti a essa. Nella stessa logica, la Porta del Paradiso ghibertiana verrà allestita di fronte alla facciata scultorea così evocata, ricostituendo l’originario rapporto visivo perso con lo smantellamento della facciata medievale 425 anni or sono. Nel medesimo spazio «esterno» verranno collocati sia i tre gruppi plastici rimossi da sopra le porte del Battistero, sia i due grandi sarcofagi romani che per tutto il Medioevo stavano davanti al Battistero.

Così la sala ricavata dal vano del Teatro – la prima sala del riconfigurato percorso museale, un’area espositiva unica a Firenze e in Italia – presenterà subito e in modo spettacolare l’aspetto più nuovo di Santa Maria del Fiore e del suo Battistero: la concentrazione di scultura monumentale in marmo e bronzo che a partire dal 1300 ha fatto della piazza del Duomo fiorentina il primo spazio pubblico europeo completamente arredato, alla maniera delle città antiche, con figure plastiche di forte  impatto visivo e narrativo. Trattandosi poi di programmi di scultura concepiti per chiese – per la Cattedrale e per il Battistero –, questo primo spazio museale introdurrà il visitatore – mediante adeguati supporti esplicativi – alla lettura iconografica ed iconologia dell’insieme, aprendo un percorso interpretativo del senso religioso che si estenderà agli altri ambienti del museo.

La nominaMons. Timothy Verdon, statunitense nato a New Jersey nel 1946, è Canonico della Metropolitana fiorentina e Direttore dell’Ufficio dell’arte sacra e dei beni culturali ecclesiastici dell’Arcidiocesi di Firenze. Formatosi come storico dell’arte presso la Yale University, USA (dottorato di ricerca 1975), Verdon è stato Fellow della Harvard University Center for Italian Renaissance Studies (Villa I Tatti, Firenze); Consultore della Pontificia commissione per i beni culturali; esperto invitato dal Vaticano a partecipare ai Sinodi della Chiesa Cattolica del 2005 (sull’Eucaristia) e 2008 (sulla Parola di Dio); membro del Comitato d’indirizzo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, e Consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore (1997-2010). Autore di numerosi libri e articoli sull’arte sacra cristiana, insegna presso la Stanford University (sede fiorentina) e scrive regolarmente per le pagine culturali dell’Osservatore Romano. Da mercoledì 21 settembre è anche il primo direttore, dopo 110 anni, del Museo di Santa Maria del Fiore.

Il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze